We're sorry but our site requires JavaScript.

 


Spezzano Albanese (Cosenza) - San Francesco di Sales, Patrono dei giornalisti. L’omelia di Mons. Santo Marcianò, Arcivescovo di Rossano-Cariati


Di seguito si riporta l'omelia pronunciata dall'Arcivescovo di Rossano-Cariati, Mons. Santo Marcianò, ieri sera a Spezzano Albanese, in occasione della Festa di San Francesco di Sales, Patrono dei giornalisti. (la cui memoria ricorre oggi 24 gennaio). La celebrazione, svoltasi nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo, concelebrata dal segretario dell'arcivescovo don Santo Battaglia, dal parroco don Mimmo Lurenzano e dal vice parroco don Fiorenzo De Simone, è stata inserita nell'ambito della Visita Pastorale del presule ed organizzata dal Circolo della Stampa Pollino-Sibaritide in collaborazione con la diocesi. A guidare il gruppo dei giornalisti provenienti da diversi centri del comprensorio, – riferisce una nota di Antonio Capano -  c'erano il presidente dell'Ordine regionale dei giornalisti calabresi Giuseppe Soluri e il presidente del Circolo Pollino-Sibaritide Cosimo Bruno. Dopo la celebrazione l'Arcivescovo si è brevemente intrattenuto con gli operatori dell''informazione nella saletta adiacente la chiesa del Carmine. Ad ognuno ha consegnato la sua Lettera Pastorale per l'Anno del Laicato: Lettera che riserva spazio anche al ruolo dei media (pagg.85 e 86). Ad ogni giornalista è stato altresì consegnato il Decalogo del Comunicatore Cristiano e l'ultimo numero della testata diocesana Camminare Insieme, che da ampio spazio alla Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani che si conclude domani 25 e nell'ambito della quale - come ribadisce lo stesso Arcivescovo nell'omelia - ha avuto luogo la celebrazione di ieri. <<Carissimi fratelli e sorelle, le parole di S. Ambrogio mi pare che introducano bene la Liturgia di oggi, attirando la nostra attenzione sul grande mistero della verità: una parola, questa, che mi piace offrire come tema di meditazione e di verifica anzitutto a voi, carissimi figli di questa Parrocchia di Spezzano, nella quale compiamo in questi giorni la Visita Pastorale iniziata solennemente qualche settimana fa in questa Vicaria. Vi saluto tutti dal profondo del cuore ringraziandovi per l’accoglienza: saluto il parroco e il vice parroco, i carissimi don Mimmo e don Fiorenzo, che si spendono con amore ed energia a servizio di questa Chiesa. Saluto le autorità civili, i religiosi, e saluto voi carissimi laici, particolarmente tutti coloro che si impegnano attivamente nella comunità. La verità: una parola con la quale voglio accogliere anche i giornalisti del Circolo Sibaritide -Pollino, assieme al loro presidente regionale; li ringrazio perché hanno voluto raggiungere per celebrare con noi l’Eucaristia di ringraziamento per la festa del loro patrono, San Francesco di Sales, la cui memoria liturgica ricorrerà domani. “Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale”: è il tema che il Papa ha indicato per questa Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali, tema che, come commenta il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali in un comunicato del 1 ottobre 2010, «si caratterizza per porre al centro di tutti i processi della comunicazione la persona umana. Anche in un tempo così largamente dominato – e, spesso, condizionato – dalle nuove tecnologie, resta fondamentale il valore della testimonianza personale: accostarsi alla verità e assumersi l’impegno dell’annuncio richiede, per chi opera nel mondo dell’informazione e particolarmente per i giornalisti cattolici, la "garanzia" di un’autenticità di vita che non può venir meno neppure nell’era digitale».  La verità, dunque, è il cuore dell’annuncio evangelico. Ma l’annuncio evangelico, così importante per la vocazione di chi si sente chiamato a comunicare, non è forse anche l’impegno principale della Chiesa, della parrocchia?  Dunque tutti siete e siamo chiamati ad essere operai del Vangelo, ad essere operatori di verità!   «Il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce». Le parole del profeta Isaia, che abbiamo ascoltato nella prima Lettura e che da poco abbiamo ascoltato nella Santa Notte di Natale, ci aiutano a renderci conto che la verità è anzitutto luce. Sì, cari amici: come senza la luce l’occhio non può distinguere la notte e il giorno, gli oggetti e gli ambienti, i volti e le persone… allo stesso modo, l’essere umano senza la luce della verità non può distinguere il bene e il male, il falso e il vero, la giustizia e l’ingiustizia… La verità è una luce: e, come tale, essa sta fuori di noi, non è prodotta da noi; noi, infatti, ne siamo illuminati. Allo stesso tempo, però, la verità sta dentro di noi, perché essa, come direbbe S. Agostino, è una luce interiore. Vedete, la verità non coincide con la voce di chi grida di più, con il potere del più forte che finisce per ingannare le persone. La verità ci trascende; è, potremmo dire, una luce più grande di noi. È una luce che ci possiede e noi dobbiamo cercare di “abitare” in essa. «Una cosa ho chiesto al Signore: abitare nella sua casa», abbiamo cantato nel Salmo. E questo verbo mi sembra molto bello: noi dobbiamo cercare di “abitare” nella verità, per conoscerla ed amarla; così come i discepoli cercarono di “abitare” con Gesù per conoscerlo ed amarlo. Solo abitando nella verità è possibile gustare la bellezza del Signore.   Ma, potremmo chiederci, in che modo l’uomo può lasciarsi illuminare dalla verità? Qual è, per così dire, l”organo” che ha il compito di distinguere la verità e renderla accessibile a tutta la persona, così come l’occhio che si lascia colpire dalla luce, addirittura è trasformato dalla luce, e fa sì che noi ci sentiamo illuminati? Questa domanda è molto importante: e non sempre è così scontata la risposta. A volte si pensa, ad esempio, che la verità sia colta solo dalla ragione: ma, quando ci si scontra con qualcosa che non è dimostrabile interamente dalla ragione, come ad esempio la fede o l’amore, questo qualcosa non viene più considerato vero. Oppure si pensa che la verità sia colta dai sentimenti: ma la mutevolezza del nostro sentire ci può indurre a cambiare spesso idea sulla verità, mettendone ancora una volta in dubbio l’esistenza… Per non dilungarmi troppo, penso che possiamo affermare che la verità nell’uomo può essere afferrata in modo appropriato solo dalla sua coscienza. Proprio qui, però, sta il problema. «Nel pensiero moderno – afferma, infatti, Benedetto XVI – la parola “coscienza” significa che, in materia di morale e di religione, la dimensione soggettiva, per l’individuo, costituisce l’ultima istanza della decisione»[1]. Per dirla in parole semplici, spesso capita che anche noi, quando affermiamo di decidere “secondo coscienza”, intendiamo dire che scegliamo secondo quelle che sono le nostre idee soggettive. Tale impostazione, tuttavia, è molto pericolosa perché, in questo modo, le verità potrebbero essere tante quante sono le coscienze… La coscienza, invece, è qualcosa di totalmente opposto. Essa - spiega il Papa richiamando anche il cardinal Newman, da poco beatificato - è proprio «la capacità dell’uomo di riconoscere la verità… e di sottomettersi ad essa laddove la incontra. Coscienza è capacità di verità e obbedienza nei confronti della verità che si mostra all’uomo che cerca col cuore aperto»[2]. Che bello! La nostra coscienza è fatta per la verità, come il nostro occhio è fatto per la luce; se non ci fosse la luce, l’occhio non svolgerebbe il suo compito; se non ci fosse la verità, la nostra coscienza sarebbe al buio.   Un altro aspetto importante che la Parola di Dio ci svela è il legame tra verità e comunione. S. Paolo, nella seconda Lettura, ci ha messo  in guardia contro le divisioni, particolarmente le divisioni tra cristiani. Tante volte, infatti, capita che ci si senta padroni della verità, ritenendo che gli altri siano necessariamente in errore. La verità, al contrario, può essere percepita solo nell’accordo, nel riconoscere ciascuno la positività delle intuizioni dell’altro. Un grande teologo, Hans Hurs von Balthasar, ha dato questo significativo titolo ad una sua opera: «La verità è sinfonica». E penso che sia una bellissima definizione! «Sinfonia – scrive l’autore – vuol dire accordo. Un suono. Diversi strumenti suonano. Diversi strumenti suonano insieme.[…]. L’unità organica della composizione è opera di Dio.[…]. All’inizio tutti siedono, estranei e nemici, l’uno accanto all’altro. Improvvisamente, quando l’opera comincia, comprendono perfettamente come tutti si integrano a vicenda. Non all’unisono ma – cosa molto più bella - in una sinfonia»[3]. È proprio così. Le tante voci della sinfonia non significano relativismo, non sono tante verità ma tante sfumature dell’unica Verità colte dall’unicità di ogni persona, di ogni esperienza, di ogni vocazione, di ogni compito che il Signore ci affida. Ma queste tante voci, questo è importante, hanno senso solo insieme, hanno bisogno l’una dell’altra per eseguire, e per fare ascoltare ad altri, la sinfonia della verità.   Una sinfonia che è fatta per essere ascoltata, perché la verità va annunciata. Una sinfonia che ha come caratteristica importante la bellezza, perché l’annuncio della verità è veramente una «bella notizia», è un Vangelo. Gesù lo ha predicato così; ed è significativo che Egli ci dica che bisogna convertirsi per cogliere il valore di questa bella notizia: «Convertitevi e credete al Vangelo». Che messaggio importante, soprattutto per i giornalisti qui presenti! La verità non è ricerca dell’effetto che colpisce ma è desiderio di trovare la bontà nascosta in ogni notizia; è capacità di cogliere e di trasmettere, se così si può dire, il germe di speranza e di gioia che potrebbe crescere in ogni evento, anche quelli più dolorosi e difficili da comprendere, anche quelli per cui il dovere verso la verità ci impone la denuncia e la lotta contro l’ingiustizia. Perché la verità – è l’ultimo spunto che il Vangelo ci offre – si accompagna sempre alla possibilità di salvezza dell’uomo, alla sua liberazione, alla sua guarigione. Gesù, mentre predica il Vangelo, cura ogni sorta di malattie: per dire che è profondamente vera quella guarigione, quella salvezza che annuncia. Noi non dobbiamo solo annunciare la verità: dobbiamo fare la verità. Dobbiamo, in una parola, essere uomini e donne di verità. E la verità – non lo dimenticate - è forza che guarisce, non pettegolezzo che ferisce, sia esso diffuso pubblicamente o bisbigliato nel dialogo tra poche persone… L’annuncio della verità, che è la più grande carità, si traduce sempre in una carità operosa e fiduciosa: quella carità che è il cuore della verità della vita.   Carissimi fratelli e sorelle, operatori di verità, dunque. Per questo cercatori di verità, innamorati della verità, servi della verità. È il compito che ci attende, in particolare in questo anno che sollecita i laici ad un impegno più serio, ad una svolta decisiva nella vita di fede. Tutti abbiamo una responsabilità verso la verità. Ed è – attenti – una responsabilità particolarmente seria nel tempo dell’«emergenza educativa». Se non esiste la verità, o se la verità è relativa, a che cosa educhiamo o, meglio ancora, che educhiamo a fare? Tutti siamo responsabili dell’educazione e tutti siamo responsabili della verità. Lo siete voi giornalisti: questo, direi, lo cogliamo con drammaticità sempre maggiore, anche ai nostri giorni. Lo siete voi famiglie, che avete il diritto e il dovere di mettere in guardia i vostri figli dalla menzogna e dall’errore, e che non potreste svolgere un compito educativo se non ci fosse la verità a guidarlo, ad ispirarlo, a sostenerlo. Lo siete voi catechisti, chiamati a servire la verità della Chiesa e nella Chiesa, senza cedere alla tentazione di farle ombra attraverso pareri personali. Lo siamo in modo fortissimo noi presbiteri, servi della Verità come Cristo e in Cristo: della Verità che è Cristo. È Lui stesso che lo dice: «Io sono la verità» (Gv 14,6). Sì, cari amici, la Verità è una Persona, Gesù! Una Persona da cercare, una Persona da interrogare, una Persona con la quale dialogare; una Persona da amare e con la quale abitare. Solo abitare con Lui ci consente di illuminare la coscienza, di liberare l’amore che è sinfonia, di trovare la gioia nascosta anche nel dolore, di essere guariti dal peccato che è sempre menzogna. «Il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce». Anche noi, immersi nelle tenebre della sofferenza e dell’errore che spesso ci sembrano fittissime, non dobbiamo che spalancare la coscienza alla verità. E la luce che Cristo ha portato nel mondo la Notte di Betlemme potrà splendere, ancora oggi, in noi e attraverso di noi. E così sia!>>  +  Santo Marcianò   [1] Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana per gli auguri natalizi. Roma, 20 dicembre 2010 [2] Ibidem [3] Hans Hurs von Balthasar, La verità è sinfonica, Jaca Book, Milano 1979, p. 13-15

di Redazione | 24/01/2011

Pubblicità

vendesi tavolo da disegno Spazio pubblicitario disponibile


Testata Giornalistica - Registrazione Tribunale di Rossano N° 01/08 del 10-04-2008 - Nessun contenuto può essere riprodotto senza l'autorizzazione dell'editore.

Copyright © 2008 - 2024 Ionio Notizie. Tutti i diritti riservati - Via Nazionale, Mirto Crosia (CS) - P.IVA: 02768320786 - Realizzato da CV Solutions

Ogni forma di collaborazione con questo quotidiano on line è da considerarsi del tutto gratuita e non retribuita - E-mail: direttore@ionionotizie.it