We're sorry but our site requires JavaScript.

 


Spezzano Albanese (Cosenza) - Inizio Visita Pastorale nella vicaria di Terranova. L’omelia del Vescovo nel santuario “S. Maria delle Grazie” di Spezzano Albanese


Al via la visita pastorale del Vescovo della Diocesi di Rossano – Cariati, monsignor Santo Marcianò, nella vicaria di Terranova. Di seguito si riporta l’omelia del Pastore della Chiesa rossanese, in occasione della celebrazione per l’inizio della visita pastorale, avvenuta ieri pomeriggio nel Santuario “Santa Maria delle Grazie”di Spezzano Albanese: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!». <<Carissimi fratelli e sorelle, è con questa Parola del Vangelo che voglio dare solenne inizio alla Visita Pastorale in questa vicaria di Spezzano: è con la Parola del Padre che indica Gesù. Ringrazio con tutto il cuore tutti voi che mi accogliete. In particolare, ringrazio il signor sindaco di Spezzano che ha rivolto il suo saluto anche a nome dei sindaci di Terranova da Sibari, San Lorenzo del Vallo e Tarsia; assieme a loro ringrazio le altre autorità civili e militari. Ringrazio con grande affetto i sacerdoti concelebranti, a cominciare dal vicario zonale don Mimmo Laurenzano che ha rivolto le sue parole come sempre cariche di passione e coinvolgimento; assieme a lui, saluto tutti i parroci della zona, i sacerdoti, i religiosi, le suore e le persone consacrate. Ringrazio infine il segretario del Consiglio Pastorale di Tarsia, Massimiliano Sannuto, che ha parlato a nome dei laici: grazie per le parole che mi ha rivolto ma, soprattutto, grazie per la presenza dei laici in questa zona. Una presenza – come lui stesso ha ricordato – abbastanza attenta, nonostante la lontananza, alla vita diocesana; una presenza volta a valorizzare i giovani; una presenza impegnata nella catechesi e nel servizio della carità. Una presenza, tuttavia, chiamata a rendersi conto di tanti ritardi, di tante incongruenze, di tanti bisogni della realtà locale. Una presenza, quella dei laici, che in questo Anno Pastorale ho voluto valorizzare e responsabilizzare. Gesù, nel Vangelo, ci viene presentato come il Figlio, l’Amato: Colui che siamo invitati ad ascoltare e inviati a testimoniare. È questo è il compito della Chiesa; è questo il vostro compito, cari fedeli laici.   Anche la mia Visita tra voi non vuole essere che una testimonianza di Lui, del Signore, la cui Parola e il cui amore cambiano la vita, proponendosi come risposta autentica ad ogni respiro, ad ogni fatica ad ogni domanda profonda dell’uomo. La mia presenza tra voi vuole essere l’eco della voce del Padre che offre in Cristo la risposta. Ma il Padre, Dio Padre – lo sappiamo bene – è troppo rispettoso della libertà dell’uomo per proporre una risposta preformata: è Lui, il Dio che ha creato l’uomo libero, a desiderare semplicemente di suscitare le nostre domande più vere. Leggevo qualche giorno fa un curioso episodio di cronaca riportato su un libro. Tra le tante scritte che deturpavano un muro di una città qualcuno, certamente un credente, aveva scritto: «Dio è la risposta». Qualche giorno dopo, però, qualcun altro aveva aggiunto: «Sì, ma qual era la domanda?». Ecco: quello che dobbiamo chiederci oggi, prima ancora di cercare o di dare le risposte, è proprio il senso delle domande, della domanda fondamentale che portiamo nel cuore. Molta gente, guardate, passa tutta la vita senza farsi questa domanda: forse per superficialità, forse per paura, forse perché la oscura dietro altri bisogni che si propongono come più urgenti e scalzano i più importanti… Voi stessi lo avete detto: oggi rischiamo tutti l’oscuramento del senso di Dio, rischiamo di impedire al nostro sguardo di volgersi verso l’alto e allora le domande della nostra vita si riducono, si impoveriscono e, allo stesso tempo, ci sembrano irrisolvibili. In questa domenica, però, celebriamo la Festa del Battesimo di Gesù, una festa che prolunga l’Epifania, la manifestazione di Dio in Cristo, luce che vince ogni oscurità. Ma come si manifesta Dio, potremmo chiederci? Come si manifesta oggi, in questo nostro tempo e in questa nostra terra? Oggi, in questi vostri paesi scossi – come hanno ricordato il sindaco e il vicario zonale – dalla grave difficoltà economica, dovuta principalmente alla crisi dell’agricoltura, e da tanti effetti dannosi della cultura attuale che arrivano a toccare in profondità la dignità delle persone e la stessa stabilità della famiglia? Come si manifesta Dio, dunque?   Nella prima Lettura, il profeta Isaia ci ha offerto un’immagine bellissima e profonda, che si configura come un dipinto del Volto di Cristo ma che, allo stesso tempo, addita a noi cristiani, e a tutti gli uomini di buona volontà, un percorso da seguire per incidere nella storia e nel mondo, per trasformare la storia e il mondo. L’immagine, peraltro cara ad Isaia, è quella di un «servo»: «Ecco il mio servo che io sostengo…». È un servo. È il servo «del Signore». È il servo «sostenuto» dal Signore». È il servo «scelto e amato» («eletto» significa proprio questo) dal Signore. Sì, non un potente Dio sceglie per manifestarsi al mondo, ma un servo: un servo del Signore. Che significa? È Isaia stesso a specificarlo, con inequivocabili parole che sollecitano anche noi. È anzitutto a servizio della giustizia: «egli porterà il diritto alle nazioni»… «proclamerà il diritto con verità»... Ma potrà farlo perché inviato da Dio: «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia». Vedete, noi crediamo che sia possibile ottenere la giustizia al di sopra di Dio; fondarla, cioè, al di fuori di un Assoluto che si proponga come criterio di verità e di uguaglianza per tutti gli uomini. Ma solo «Dio non fa preferenze di persone», come afferma Pietro nella Seconda Lettura. Senza il riferimento a Dio, senza un riferimento unico e trascendente, la giustizia diventa autoprodotta, si riduce a convenzione di maggioranze; si misura, in fondo, sulla forza del più potente. È per questo che il nostro tempo, che è il tempo della più solenne proclamazione dei diritti umani, sta diventando sempre più spesso il tempo della lesione di tali diritti. Come non pensare agli episodi inquietanti e diffusi di intolleranza religiosa che, quest’anno, hanno segnato e insanguinato persino il periodo di Natale in tante parti del mondo? Spesso, quando assistiamo ad ingiustizie di questo genere, siamo forse tentati di chiederci dove mai si manifesti Dio, magari dimenticando che proprio il rifiuto di Dio causa un tale offuscamento della giustizia. Addirittura, siamo tentati di chiederci dove sia Dio… «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia». Dio è là dove ciascuno di noi risponde alla chiamata ad impegnarsi per la giustizia, anche per le piccole giustizie quotidiane che nulla sembrano aver a che fare con grandi le sorti dell’umanità. Perché non c’è grande giustizia senza piccola giustizia; e non c’è giustizia senza gli uomini di giustizia. Ecco, dobbiamo diventare uomini di giustizia! Questa verità profonda ci interroga inquietando, in particolare, la coerenza di vita e la presenza socio-politica dei cristiani, specie dei laici, come ho voluto con sottolineare con forza nella Lettera Pastorale.   La profezia di Isaia ci offre un altro importante spunto, ci suggerisce cioè lo stile dell’uomo di giustizia. Questi «non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta». Non è lo stile di coloro che appaiono, dei potenti che si impongono ad alta voce o con la violenza, con le armi o con la fama… Non è lo stile di chi esercita anche nel suo piccolo un potere fuori luogo, un potere ingiusto: come il datore di lavoro che assume “in nero” e con un salario inappropriato, come il cittadino che non paga le tasse, come l’amministratore che non si preoccupa del bene comune... Ma non è neppure lo stile di chi non ha coraggio, di chi si arrende alle ingiustizie ed ai soprusi. Il servo del Signore «non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra»! Sì, cari amici: Dio si manifesta negli uomini che sanno scegliere sempre la giustizia e perseverare nella giustizia, anche quando tutti fanno diversamente, anche quando sembra impossibile e verrebbe la tentazione di abbracciare le armi dell’illegalità, la logica del clientelismo, l’appoggio dei potenti di questa terra. Ma non sarebbe questa la logica di Dio, non sarebbe questa la giustizia di Dio! E se questa ingiustizia continua a crescere, non è perché Dio non si manifesta ma perché noi non manifestiamo Dio!   «Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui». Il Vangelo di Matteo sembra porre l’accento sul manifestarsi dell’identità di Gesù non tanto agli altri quanto a Se stesso. È Lui che vede i cieli aperti e la colomba ed è Lui che si sente chiamare: «Figlio, amato»! Forse ci viene difficile capirlo ma, per Gesù, il Battesimo segna una tappa importante, quasi una “presa di coscienza” che lo prepara ad esercitare la sua missione tra gli uomini. Una missione fatta di annuncio ma che, alla fine, arriverà alla gloria della Croce. È lì che, in maniera definitiva, si mostrerà l’identità di Figlio di Dio del Cristo: un Figlio che si consegna al Padre; un Figlio che, sentendosi profondamente amato, offre la vita per amore del Padre e di ogni uomo, profondamente amato dal Padre. Anche per noi cristiani, soprattutto per i laici, è necessaria questa presa di coscienza e questa testimonianza, a partire dal nostro Battesimo. Lo scrivevo nella Lettera Pastorale, augurandomi che quest’anno del Laicato potesse, in un certo senso, essere anche l’«Anno del Battesimo». Troppo spesso noi dimentichiamo che il Battesimo ci dona un’identità che non è solo di “servi” ma di figli, amati e chiamati, anche noi, ad offrire la vita sulla croce, per amore di Dio e del mondo. Una croce che il Battesimo stesso ci chiede di scegliere ma che, allo stesso tempo, ci aiuta a vedere nella luce della Risurrezione. Una croce che richiede il coraggio della scelta. Troppo spesso, dunque, non riusciamo a fare completamente questa scelta, nonostante la grazia della fede ricevuta nel Battesimo. E troppo spesso – questo è terribile - anche noi riteniamo Dio un ostacolo ai nostri calcoli personali, alla nostra libertà affettiva, alla possibilità di fare sconti sulla coerenza della vita cristiana… È quanto con parole estremamente forti ha detto il Papa nella sua Omelia per la Solennità dell’Epifania, parlando di Erode, «un uomo di potere, che nell’altro riesce a vedere solo un rivale da combattere. In fondo, se riflettiamo bene, anche Dio gli sembra un rivale, anzi, un rivale particolarmente pericoloso, che vorrebbe privare gli uomini del loro spazio vitale, della loro autonomia, del loro potere; un rivale che indica la strada da percorrere nella vita e impedisce, così, di fare tutto ciò che si vuole. […]. Ma dovremmo chiederci – continua Benedetto XVI -: forse c’è qualcosa di Erode anche in noi? Forse anche noi, a volte, vediamo Dio come una sorta di rivale? Forse anche noi siamo ciechi davanti ai suoi segni, sordi alle sue parole, perché pensiamo che ponga limiti alla nostra vita e non ci permetta di disporre dell’esistenza a nostro piacimento?»[1].   Carissimi fratelli e sorelle, tanti sono i problemi di questa terra, lo avete detto e ciascuno lo sa. Cosa deve rispondere il vescovo? Cosa deve rispondere la comunità ecclesiale? In un certo senso, avete dato già voi alcune risposte: penso alla collaborazione e alla sinergia tra Chiesa e realtà istituzionali, da valorizzare in questi giorni e in questo Anno del Laicato. Penso all’attenzione all’«emergenza educativa» che la Chiesa italiana, in questo decennio, ha il compito di tenere desta in tutta la comunità. Penso al servizio della carità, all’attenzione ad ogni povertà, caratteristica irrinunciabile del cristiano e vera manifestazione del Volto di Dio. Penso alla difesa della vita e della dignità di ogni persona sulla quale la comunità ecclesiale, come del resto la comunità civile, è chiamata ad impegnarsi senza sosta e senza paura. «Date al Signore la gloria del suo nome, prostratevi al Signore nel suo atrio santo», ha cantato il Salmista. Voi – come ha detto il vicario zonale - vi siete preparati nella preghiera e nel confronto a questa Visita Pastorale. La cosa da fare è continuare così; continuare questo stile di comunione in Cristo che diventa fecondo per altri, per tutta la realtà nella quale vivete. Perché, ricordatelo sempre, la Chiesa è comunione e la comunione è irresistibile! In questo cammino, non stancatevi di lodare Dio, di guardare in alto. Di guardare alla stella che, come ha ancora affermato il Papa, non guidò i magi al palazzo del re ma «a Betlemme, una piccola città; li guidò tra i poveri, tra gli umili, per trovare il Re del mondo. I criteri di Dio sono differenti da quelli degli uomini; Dio non si manifesta nella potenza di questo mondo, ma nell’umiltà del suo amore, quell’amore che chiede alla nostra libertà di essere accolto per trasformarci e renderci capaci di arrivare a Colui che è l’Amore»[2]. E così sia! X Santo Marcianò>>.             [1] Benedetto XVI, Omelia per la Solennità dell’Epifana del Signore. Roma, 6 gennaio 2011 [2] Ibidem

di Redazione | 10/01/2011

Pubblicità

vendesi tavolo da disegno Spazio pubblicitario disponibile


Testata Giornalistica - Registrazione Tribunale di Rossano N° 01/08 del 10-04-2008 - Nessun contenuto può essere riprodotto senza l'autorizzazione dell'editore.

Copyright © 2008 - 2024 Ionio Notizie. Tutti i diritti riservati - Via Nazionale, Mirto Crosia (CS) - P.IVA: 02768320786 - Realizzato da CV Solutions

Ogni forma di collaborazione con questo quotidiano on line è da considerarsi del tutto gratuita e non retribuita - E-mail: direttore@ionionotizie.it