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Rossano (Cosenza) - La liquirizia Amarelli e il senso del gusto


di LETIZIA GUAGLIARDI - Stavolta prendo spunto da una frase pronunciata da Fortunato Amarelli, Amministratore delegato dell’omonima fabbrica di liquirizia, per riflettere su un tema a me molto caro,  vale a dire il senso del gusto per il bello, per il buono e per il vero:

“Educare e quando necessario anche rieducare al gusto e ai sapori autentici, attraverso percorsi di riscoperta e di valorizzazione di prodotti naturali, della loro storia e delle loro trasformazioni rappresenta uno degli aspetti e dei momenti più importanti nella competizione di territori e regioni in campo agroalimentare.”

La famiglia Amarelli, consapevole della bontà e della bellezza del proprio prodotto, dal 1731 si adopera con passione e amore per valorizzare, difendere e diffondere questo gioiello del nostro territorio (Rossano – Cs). In tutto questo ci vedo – oltre al gusto per il cibo di qualità – il gusto di fare impresa, il gusto di apprezzare e dare risalto all’arte e al territorio, il gusto del lavoro fatto bene, il gusto dell’investimento culturale, il gusto per la vita.

Educare a sviluppare il gusto per il bello non significa insegnare a distinguere fra ciò che è bello e ciò che è brutto. Vuol dire inculcare nei bambini (e poi continuare nel corso della vita) la capacità di avvertire la bellezza, cioè quella sensazione che proviamo davanti ad uno spettacolo della natura, per esempio, all’ascolto di un brano musicale o di una poesia, ad una qualsiasi esperienza che fa illuminare il nostro cervello.

Perchè è importante riconoscere, apprezzare e difendere la bellezza? Perchè, per esempio, se ci accorgiamo della bellezza del creato, ci viene da riflettere sul significato della nostra esistenza nel mondo. Se avvertiamo la bellezza del nostro lavoro, ci viene naturale svolgerlo con serietà. Se siamo orgogliosi della bellezza dei nostri monumenti, delle nostre piazze, delle numerose opere d’arte presenti ovunque, siamo spronati a difendere il nostro patrimonio dagli attacchi dell’ignoranza, della rozzezza, della stupidità, della noia.

“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”. (Peppino Impastato)

Non rassegnamoci. Non abituiamoci alla piattezza. Educhiamoci, invece, alla curiosità e allo stupore. E così si alza, un po’ ogni giorno, l’asticella della qualità della nostra vita. 

“Pensa a tutta la bellezza ancora intorno a te e sii felice”

“Non penso a tutta la miseria, ma alla bellezza che rimane ancora” (Anna Frank)

Quando scrisse queste frasi sul suo diario, questa tredicenne viveva (si fa per dire) nascosta in un alloggio segreto. Fuori imperversava un conflitto di dimensioni mondiali, lei e i suoi coinquilini avevano problemini riguardanti il cibo, le scarpe e i turni in bagno, c’era la paura delle bombe che esplodevano spesso nel suo quartiere e c’era il rischio costante di essere scoperti e deportati nei campi di concentramento (cosa che, come sappiamo, si è verificata). Eppure, ogni sera, lei concludeva così la sua preghiera:

Mio Dio, ti ringrazio di tutte le cose buone, care e belle.

Prendiamo esempio da coloro che hanno la medesima consapevolezza e si adoperano per condividerla. Come la famiglia Amarelli.


di Letizia Guagliardi | 17/10/2018

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