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Rossano (Cosenza) - Approccio disabilità, umanizzare gli ospedali. Da Rossano il messaggio del prof. Albertini


Guardare ai ragazzi e ai bambini diversamente abili non come a casi da osservare per compilare una cartella clinica o curare somministrando pillole e pasticche, ma ascoltando ed imparando a conoscere anche quel mondo fatto di persone, storie ed affetti chiamato famiglia. L’obiettivo è guardare alla prospettiva Lifespan, vale a dire a quel percorso che porta a migliorare la qualità della vita del bambino disabile. umanizzare gli ospedali, ecco il più grande insegnamento che ci lascia in eredità il Prof. Giorgio Albertini, Direttore del reparto di riabilitazione pediatrica Irccss, Raffaele Pisana di Roma.  

Marilena PREZZO e Lorenzo NOTARISTEFANO, mamma e papà di Francesco, soci fondatori della cooperativa sociale I FIGLI DELLA LUNA, si uniscono al coro di cordoglio per la perdita del noto neurologo che un male incurabile ha sottratto all’affetto dei cari e di tante famiglie, in tutta Italia, che hanno avuto modo di apprezzarne professionalità ed umanità.

 Il Prof. ALBERTINI era stato più volte a ROSSANO, invitato a relazionare proprio sulla necessità di adottare un approccio diverso rispetto al mondo della disabilità e aveva promosso qui il COOPERATIVE LEARNING, il metodo didattico che favorisce la cooperazione, la socialità, l’integrazione, la comunicazione e la comunione di obiettivi tra bambini disabili e normodotati.  Questo metodo guida ancora oggi le attività de I FIGLI DELLA LUNA e del centro ILSORRISO.  

 GESTI, PAROLE E ATTENZIONI. Ricordiamo ancora – raccontano Marilena e Lorenzo - quando ci siamo incontrati per la prima volta 12 anni fa, quando abbiamo portato Francesco al San Raffaele. Avevo già preparato la documentazione da esibire, ma il Prof. mi ha fermata subito; la priorità era parlare ed interagire con nostro figlio. In 6 anni di lungo peregrinare è stato il primo medico che ha considerato Francesco come una persona. Quel 31 marzo di 12 anni fa ha segnato il nostro percorso: ALBERTINIci ha presi per mano in questo viaggio fatto di delusione, di rabbia, di speranza, ma anche di gioie, di momenti felici condivisi. Francesco con il “cravattino” – così si rivolgeva a nostro figlio – era per lui il bambino che orgoglioso mostrava i suoi miglioramenti. A noi genitori offriva sempre la possibilità di confrontarsi ancora un po’, invitandoci a tornare in clinica la sera.

 

PUNTO A CAPO, UN PÒ DI SPAZIO. Questa frase – concludono – rimarrà nei ricordi di quanti lo hanno conosciuto. È quella con cui chiudeva le relazioni degli incontri dettate ad un registratore, poi trascritte dalla segretaria e trasmesse alle famiglie. Quella punteggiatura, non conclusiva, era uno spazio di continuità che dava speranza alle mamme, ai papà e bambini.

 


di Redazione | 09/03/2017

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