di DON MICHELE ROMANO - Nel Vangelo di questa XXX Domenica del Tempo Ordinario - Anno C (Lc 18, 9-14), ci vengono presentate due modelli di Fede e di Preghiera. Infatti, in questa Parabola sulla Preghiera, che Gesù racconta, ci vengono descritti "due uomini che salirono al tempio a pregare" (v 10a). Il primo era un fariseo, scrupoloso osservante della Legge. Notiamo subito, il suo atteggiamento: "Stava in piedi": Ora, pregare con le mani alzate, era la postura tipica, per dimostrare di essere veramente devoti; Diceva: "Digiuno due volte la settimana", una vera ostentazione, se si pensa che la Legge prescriveva un solo digiuno annuale; Ed infine: "Pago le decime", ampliando l'obbligo rivolto ai contadini, per colmare ogni spazio del suo ego! Invece, l'altro personaggio, ahimè, è un povero "pubblicano" (considerato da tutti: "Peccatore pubblico"), che prende coscienza dei propri peccati, e ne chiede umilmente perdono. Il fariseo, che ostenta una fede tipicamente "legalista", più che davanti a Dio, sembra che stia solo davanti al suo "io"! Difatti, sicuro di sé, condanna agli altri: "O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri ingiusti, adulteri..."(v 11). Il pubblicano, invece, sentendosi lontano da Dio, accusa i propri peccati, ed invoca il suo perdono: "O Dio, abbi pietà di me peccatore" (v 13b). Notiamo come la preghiera del fariseo, più che un dialogo con Dio, è un monologo con sé stesso. Infatti "strumentalizza" Dio per il suo alto compiacimento (e questo, viene considerato "Peccato allo stato puro"!), disprezzando i fratelli, invece di amarli. La sua religiosità, è solo esteriore, carica non solo di tanta presunzione, ma anche di molta grettezza, cattiveria ed arroganza, che lo porta a disprezzare anche il povero fratello peccatore, che nella sua umiltà, non si è ritenuto nemmeno degno di arrivare all'altare, ma ha preso posto lontananza ("Fermatosi a distanza..." v 13a). Gravi e pretestuose, tra l'altro, le "accuse" che il fariseo rivolge agli altri: *Ladri*, mentre lui sta cercando di appropriarsi della gloria di Dio; *Ingiusti*, ossia di non fare la volontà di Dio, mentre lui trasgredisce il più grande dei Comandamenti: l'Amore Verso Dio e verso il Prossimo; *Adulteri*, mentre lui si prostituisce all'idolo del proprio "Io", invece di amare Dio. Matteo scriverà che i Farisei, assomigliano a "sepolcri imbiancati": "All'esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume" (Mt 23, 27). Non c'è umiltà, senza la scoperta del proprio peccato, anche del peggiore, quello, cioè, di considerarsi "Giusti". La preghiera del pubblicano, invece, è quella dell'umile, che "penetra le nubi" (Sir 35, 17); è simile a quella dei lebbrosi e del cieco (Lc 17,13); 18, 38); che purifica e illumina. È una supplica che possiede due poli: "La Misericordia" (di Dio), ed il "Misero" (l'uomo peccatore). Sono l'umiltà è capace di "attirare" lo sguardo di Dio (di contro Lui "resiste ai Superbi"): E fa di noi dei vasi "vuoti", che possono essere "riempiti", dalla sua Misericordia. Oggi il Vangelo, ci insegna che la vera umiltà, è quella di riconoscere la propria umiliante realtà di fariseo! Tommaso da Kempis, autore *dell'Imitazione di Cristo*, sintetizza perfettamente l'insegnamento della Parabola di oggi: "A Dio piace più l'umiltà, dopo che abbiamo peccato, che la superbia dopo che abbiamo fatto le opere buone!" Ma Dio non voglia, che l'atteggiamento del fariseo, sia uguale a quello che abita in molti di noi! Tante volte ci sentiamo "Giusti", sol perché scrupolosi osservanti dei tanti "precetti", che poi presentiamo al Signore come "medaglie", trascurando l'Amore verso di Lui ed i fratelli. Davvero: "Se la "nostra" giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non "entreremo" nel Regno dei Cieli" (Mt 5, 20). Auguro a tutti di cuore, di trascorrere una serena e santa domenica.
di Spazio autogestito dalla parrocchia 'San Giuseppe' Mandatoriccio Mare | 26/10/2025
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