di LETIZIA GUAGLIARDI - "Avrei voluto godermi di più la vita. Avrei dovuto lavorare di meno. Avrei potuto dedicare più tempo ai miei cari". Queste sono le constatazioni più comuni che, di solito, si fanno verso l’ultima parte dell’esistenza sulla terra.
Ce ne sono molte altre e si fanno in qualsiasi momento, per esempio: avrei voluto dire la mia in quell’occasione, avrei dovuto fare quella telefonata, avrei potuto parlare con quella persona…
Oggi, dunque, parliamo di rimpianti, cioè delle rose che non colsi e delle cose che potevano essere e non sono state, come ha scritto Guido Gozzano.
Ecco la definizione di rimpianto:
RICORDO NOSTALGICO E DOLENTE DI PERSONE O COSE PERDUTE O DI OCCASIONI MANCATE
Riflettere sulle opportunità non colte, sulle scelte non fatte, sulle azioni sbagliate va bene ma solo se si impara la lezione e ci si concentra, poi, sul presente. Ma per molti non è così. I rimpianti, giorno dopo giorno, diventano sempre più pesanti e impediscono di andare avanti. Ma fanno anche di peggio: afferrano la persona che ne soffre e la tirano sempre più indietro. Risultato? Quella persona non vive serenamente nel presente e non è proiettata verso il futuro.
Hanno un nome preciso i rimpianti: AMAREZZA NOSTALGIA SENSO DI VUOTO PAURA DI SBAGLIARE
Ma c’è una buona notizia: possiamo liberarcene. Ecco alcune strategie che ho sperimentato:
Cerchiamo di capire perché abbiamo agito in quel modo e impariamo dagli errori in modo da non ripeterli;
perdoniamoci accettando gli errori;
accettiamoci per come siamo, vediamo i nostri lati positivi e modifichiamo quelli negativi;
facciamo pensieri positivi e incoraggianti (il nostro cervello crede a ciò che diciamo);
facciamo le cose che ci fanno stare bene;
frequentiamo le persone che ci fanno stare bene;
teniamo un diario: la scrittura ci aiuta a elaborare in modo oggettivo cosa ci è successo e come ci sentiamo;
viviamo con CONSAPEVOLEZZA: chi siamo? Cosa desideriamo? Se tendiamo a dipendere dal giudizio degli altri, a tenere in considerazione le loro opinioni e ci adattiamo a esse, avremo più rimpianti. Se invece rispettiamo i nostri valori, le nostre convinzioni e le nostre sensazioni saremo meno influenzati da quello che potrebbero pensare gli altri e avremo, di conseguenza, meno rimpianti.
“Tra vent’anni sarai più dispiaciuto per le cose che non hai fatto che per quelle che hai fatto. Quindi sciogli gli ormeggi, naviga lontano dal porto sicuro. Cattura i venti dell’opportunità nelle tue vele. Esplora. Sogna. Scopri.” (Mark Twain)
Nel mio romanzo “Ti scrivo per abbracciarti” (QUI) Beatrice (la protagonista) attraversa un mare burrascoso con terribili onde di dolore e di amara consapevolezza dopo la morte del suo primogenito. Vive straziata dai rimpianti: “perché non l’ho abbracciato di più? Perché non gli ho detto più spesso quanto lo amavo? Perché non gli ho dato più baci?“. Queste domande diventano piovre i cui tentacoli l’afferrano e la bloccano in una palude piena di tristezza, di amarezza e di sensi di colpa in cui lei sguazza per molto tempo, annaspa e a volte vorrebbe annegarci perché crede che sia l’unica soluzione per liberarsene. Per fortuna, dopo un lungo periodo, decide di seguire le mie otto strategie (ma non spoilero niente!)
Gabriele D’Annunzio scrisse nel suo romanzo “Il piacere” (1889):
“Il rimpianto è il vano pascolo di uno spirito disoccupato. Bisogna soprattutto evitare il rimpianto occupando sempre lo spirito con nuove sensazioni e con nuove immaginazioni.”
Cogliamo, quindi, ogni buona opportunità, diciamo più spesso parole gentili, incoraggiamo di più chi ha bisogno, non abbiamo paura di affrontare il “nuovo”, facciamo buon uso del nostro tempo. Viviamo bene e con consapevolezza la nostra quotidianità. Io credo che sia molto meglio fare qualche sbaglio, rimediare e andare avanti piuttosto che stare fermi e poi, un giorno, chiederci come sarebbe andata se ci avessimo provato.
di Rubrica autogestita da Letizia Guagliardi | 13/10/2025
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