Non avevamo ancora messo a fuoco come Chiesa di Rossano Cariati il tema della terza conversione richiesta dal Cammino Sinodale quella delle “strutture”. Ci eravamo soffermati maggiormente sulle prime due: quella personale e quella comunitaria, sulle quali abbiamo impostato il cammino di questi ultimi quattro anni nella nostra Chiesa diocesana nonostante siano sorti in quasi tutte le parrocchie quegli organismi di partecipazione che maggiormente esprimono la collegialità nelle comunità. A farlo è stata la Professoressa Lucia Panzini, durante l’assemblea diocesana, a conclusione dell’anno pastorale in corso. Un intervento che ha proposto all’attenzione di tutti una riflessione sui principi di autorità e di partecipazione che oggi, più che mai sono una dimensione costitutiva della Chiesa.
Un intervento delicato e non facile nella sua strutturazione e comprensione, ma un intervento che ha posto l’accento sulla validità di tali principi e sulla loro declinazione nella vita della Chiesa. La professoressa docente di diritto Canonico presso l’Istituto Teologico Marchigiano ci ha ricordato come la sinodalità non sia un’invenzione della Chiesa di oggi e neppure della Chiesa di Francesco ma un concetto presente in molti canoni del Codice di Diritto Canonico elaborato nel 1983.
Certo la sinodalità non è un parlamento, perché la Chiesa non è una democrazia, ma è mistero di comunione e quindi è abitata da altre dinamiche. Ma ciò non esclude, pur non potendo far valere il criterio della maggioranza nel prendere le decisioni, che il popolo di Dio possa essere consultato su alcune delle principali questioni la cui decisione resta in capo al vescovo o al parroco. Il ruolo dei consigli di partecipazione è certamente consultivo ma è possibile ridurre la distanza tra il consultivo e il deliberativo cosicché chi governa, sia chiamato a non distanziarsi da un consiglio, soprattutto quando è prevalente da parte del popolo di Dio o di una sua parte.
E’ così che si è voluto lavorare in questo anno pastorale, come Chiesa diocesana, ascoltare nelle tre assemblee vicariali realizzate, il popolo di Dio con il quale camminiamo per giungere a un consenso sul cammino da percorrere in futuro.
Nella sintesi presentata da don Onofrio Farinola e da sr. Antonia e consegnata ai presenti riuniti presso la Chiesa Parrocchiale di San Giovanni XXIII a Corigliano Scalo, sono stati proposti in modo sinottico i segni di speranza presenti nelle nostre realtà parrocchiali, gli aspetti più fragili ma anche i desideri che animano le nostre comunità per una chiesa più partecipativa, accogliente e missionaria.
Nel suo intervento iniziale e conclusivo l’Arcivescovo Mons. Maurizio Aloise ha parlato più volte della necessità di lasciarsi condurre dallo Spirito per camminare insieme e ha consegnato ai numerosi presenti tre parole significative. Innanzitutto la parola “cammino” che, riprendendo il tema dato a questa assemblea “Camminando s’apre cammino”, ha riletto il percorso fatto quest’anno nelle vicarie non come un “parlamento” ma un cammino nello Spirito che trasforma le persone e il nostro servizio nella ricerca dell’essenziale al cuore dell’annuncio. La seconda parola è “comunione” fondamentale nella festa di oggi che ci ricorda la vita nella Trinità. Non servono riforme autoreferenziali ma vite trasformate dal Vangelo, capaci di tradurre in gesti concreti verso i fratelli lo Spirito di Dio che ci anima. La terza parola ci ricorda la “tentazione” che ci allontana dalla comunione e dalla sinodalità: insieme è il nome della Chiesa, insieme è il nome della Speranza.
Certo la riflessione nella Chiesa è chiamata ancora a riflettere sul ruolo e sulla diversità delle funzioni di ciascuno nella comunità per dare un fondamento teologico e biblico a tali principi per evitare una loro riduzione in termini meramente organizzativi e funzionali, ma la strada è tracciata e dalla Sinodalità non si torna Indietro. Mentre la comunione «esprime la natura stessa della Chiesa e la missione corrisponde all’impegno apostolico verso il mondo contemporaneo», la partecipazione garantisce che «le prime due, cioè la comunione e la missione, non diventino termini astratti», bensì esprimano «la concretezza della sinodalità.
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