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di LETIZIA GUAGLIARDI - Anche se la Pasqua è passata, per chi crede non è passato e non passerà mai il suo vero significato. Perché c’è stata un’alba che è stata la più importante della storia dell’umanità. Un’alba in cui tante emozioni si sono presentate, una dopo l’altra.

Nei giorni precedenti c’era stato il dolore. Poi lo strazio. Subito dopo una tristezza infinita e un profondo senso di abbandono.

Ma poi ci fu l’alba in cui arrivò lo stupore: il sepolcro era vuoto, il grande e pesante macigno che lo chiudeva era stato rimosso. Dentro, Gesù non c’era più!

E le donne che si trovavano lì provarono paura, poi angoscia e, subito dopo, incredulità: com’era stato possibile?!

E allora arrivò, immediata, la consapevolezza: solo Lui poteva fare una cosa del genere! Solo Lui poteva aver sconfitto la morte.

E quindi esplose la gioia nei cuori: Gesù era vivo! La luce che entrava nel sepolcro, dopo le tenebre, portò la speranza nei cuori.

Il sepolcro aperto permise al sole di entrare: dopo il buio della morte, la luce della vita prese il sopravvento. Dopo il freddo dell’inverno, quella mattina, i presenti avvertirono il rassicurante tepore della primavera. Molti – e fra questi anche Pietro e Giovanni – ebbero la netta sensazione di passare da una situazione che li faceva sentire tristi e smarriti a una che li rendeva gioiosi e incoraggiati.

Pasqua vuol dire passare, andare oltre. Ecco perché tanti testimoni presenti in quel luogo, quella mattina, ebbero la consapevolezza che il loro cuore – per troppo tempo – era rimasto al buio. Dobbiamo avere anche noi questa presa di coscienza: anche noi, se riflettiamo su quel sepolcro vuoto, sentiamo il bisogno di far entrare nel nostro cuore la luce e la speranza e, di conseguenza, la necessità di chiedere aiuto per togliere la pesante pietra che l’ostruisce.

Quel sepolcro vuoto sprigiona, per noi, una potenza sconvolgente. Ci invita a rendere piena la nostra vita, a darle un senso. È uno sprone a non far spegnere la fiammella della speranza, a proteggerla dai soffi della confusione, della disperazione, della solitudine, dello smarrimento e del dolore.

Nella Bibbia l’esortazione “Non temere!” è ripetuta 365 volte. Non è un caso: ogni giorno, per tutto l’anno, dobbiamo ripeterla nella nostra mente. In questo tempo di guerre, di incertezze e di confusione per restare a galla, dobbiamo armarci di coraggio e di determinazione. I discepoli, davanti alla tomba vuota, superato lo smarrimento, si mettono in moto, chiedono e cercano i segni della risurrezione e arrivano a capire, collaborando fra loro, quanto è successo. E ripartono da lì.

Anche per noi, oggi, questa vittoria della vita sulla morte rappresenta un punto di partenza.

Il punto di partenza.

Che ognuno possa desiderare di trovare il proprio punto di partenza.