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Mandatoriccio (Cosenza) - Lo storico Franco Carlino pubblica un libro sulla sua famiglia


Storia di una Famiglia, I Carlino di Mandatoriccio originari di Cinquefrondi (RC), Tra arte, artigianato artistico e genealogia è il nuovo libro di Franco Emilio Carlino, socio corrispondente dell’Accademia cosentina, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e componente del Comitato scientifico dell’Università Popolare di Rossano. 

Carlino sempre pronto a esplorare nuovi percorsi storici del territorio, ancora una volta, si è messo alla prova in una ricerca storica-genealogica che abbraccia ben otto generazioni ricostruendo attraverso oltre quaranta quadri sinottici la genealogia della sua famiglia proveniente dalla provincia reggina a Mandatoriccio dove opera da oltre un secolo nel vasto territorio della Sila Greca e oltre i confini provinciali, regionali e nazionali. L’Autore, con un atto d’amore e tanta passione è riuscito a portare all’attenzione dei suoi lettori non solo la storia della propria famiglia, punto di riferimento per l’intera comunità nell’attività produttiva della lavorazione del ciocco, ma anche la testimonianza viva del suo rapporto sentimentale con il territorio, la comunità e la sua Mandatoriccio, città natale, oltre che il grande interesse per la ricerca storica, documentaristica, genealogica e biografica, iniziato alcuni anni fa.  

     Il libro si avvale della bella Prefazione di Gennaro Mercogliano, critico letterario che al riguardo così scrive:  “Alla fine ti assale anche il dubbio se protagonista di questo interessante lavoro di Franco Emilio Carlino sia la pipa, il ciocco dell’erica arborea da cui la pipa si ricava; oppure la propria famiglia che, negli ascendenti, ne fissò l’attività produttiva e il segnacolo calabrese in quel comune della Sila Greca e dell’hinterland rossanese che, sorto come filiazione di Pietrapaola, divenne il comune di Mandatoriccio, infeudato alla nobile famiglia omonima prima che lo fosse dei Sambiase.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             

Tanta è infatti la passione che l’autore infonde nella trattazione di questo suo prediletto tema, che questo vive e si racconta sub specie di nòstos sentimentale e di memoria. Ricordo familiare impresa e nome si confondono, infatti, nella meticolosa indagine dell’autore, aduso a tale prassi di puntiglioso lavoro sulle fonti, testimoniato in diverse altre meritevoli opere volte a più vaste tematiche.

     E tanto l’autore si sente personalmente implicato nel tema che già sotto le vesti di un accattivante profilo di fanciullo dal nome “anglisante”, Emyl, ne cava un piacevole racconto, nel quale egli stesso si rivela coinvolto sotto ogni profilo, di adolescente, di uomo e di artigiano nascente, in una affascinante avventura di famiglia.

     Narra, Carlino, del nonno Francesco, fondatore dell’impresa, approdato nel 1905 da Reggio Calabria alle ridenti contrade del Comune calabrese per compiere il primo passo di un’opera destinata a durare nel tempo e nell’economia non solo del paese.

     Fu, il nonno Francesco, capace di dar vita ad una realtà artigianale fervida di notevoli prospettive di avanzamento se, dal piccolo borgo presilano, essa conobbe, in progressione di tempo, una prorompente espansione verso l’intera Penisola e anche in direzione di aree geografiche e mercati di respiro internazionale.

     Un piccolo distintivo cittadino, insomma, divenuto, anche all’estero, famoso marchio di fabbrica. Infatti, col passare del tempo, l’azienda fiorisce sempre più sostanzialmente e si amplia, sostenuta com’è, ancora dall’opera di chi, come Carlo Carlino, è rimasto in paese, rinnovandosi e aggiornando l’azienda su moderne basi tecnologiche, però sempre nel rispetto della tradizione e del lavoro di chi l’ha preceduto all’interno dello stesso ambito familiare. 

     In primis il padre dell’autore, Vito Carlino, del quale il figlio tesse, in termini di etica del sacrificio e del lavoro, una tenera e umanissima lode apologetica propria d’un figlio riconoscente, avviato, con amore rigore e perizia, all’attività di famiglia pur nella diversa opzione professionale operata successivamente durante la vita.

     Assodata la validità del testo, che dà senso e autorizza uno scritto prefatorio attinente ai reali termini della composizione nei suoi elementi narrativi e storicamente ricostruttivi, una conclusiva opinione personale può nuovamente affrontare il discorso della famiglia e della genealogia riproponendola in termini più generali e coinvolgenti.

     Nel senso che tutti siamo mossi, chi più chi meno, dal desiderio di conoscere i padri, di sapere chi siamo, da dove veniamo e chi siamo veramente stati. E’ un impulso di compensazione, rispetto alla nostra vita precaria, questa ricerca di sacrati lombi che conferiscono alla nostra vita un significato aristocratico e più alto al nostro stesso umbratile periclitare per sentieri accidentati e prosaici, altri rispetto a ideali sublimi coltivati nella mente.

     Scaturisce da ciò, forse, da una pena di lacerazione, vorrei dire, e da un dolore antico volti a cercare di ricongiungersi a una regione dell’animo, più ancora che ad una tradizione, quel cercare nel tempo andato tracce di sangue blu; quell’impulso a sottolineare azioni ed opere leggendarie, addirittura glorificanti, compiute da un proprio trisavolo o da più prossimo avo, mediante le quali colmare il personale disagio esistenziale che tutti ci tocca e ci riguarda. Disagio già in qualche modo soddisfatto da una compiuta attività culturale, scolastica, sociale, mediante la quale ci segnaliamo ogni giorno come operatori del civile progresso”.


di Redazione | 20/04/2025

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