dí GIUSEPPINA IRENE GROCCIA Ho appena terminato di leggere il nuovo libro di Dante Maffia, Singhiozzi di carta, che mi è stato gentilmente donato dalle sue mani, corredato da una dedica bellissima e da una richiesta che, lo ammetto, pur riempiendomi di orgoglio, non posso negare mi abbia anche un po’ intimorito. Mi ha chiesto, con quella discrezione che lo contraddistingue, di scrivere una recensione sul suo lavoro. Dante Maffia è un amico che stimo profondamente, ma anche una figura di enorme prestigio, la cui carriera è costellata da recensioni eccellenti e da un percorso letterario di rara importanza.
Dover confrontarmi con testi critici tanto autorevoli ha generato in me una naturale titubanza. Tuttavia, ho presto compreso che la cosa migliore fosse affidarmi a ciò che realmente ho sentito e a ciò che il libro mi ha trasmesso, lasciando che la mia reazione più sincera prendesse forma con naturalezza, nel rispetto del grande poeta e scrittore che è.
Singhiozzi di carta, edito da Genesi Editrice nel dicembre 2024, è un’opera che, fin dalle prime pagine, cattura il lettore con una scrittura densa di intensità emotiva e profondità intellettuale. Pubblicato nella collana I gherigli, il libro si configura come una raccolta di riflessioni, immagini e intuizioni che sondano il sottile confine tra il vissuto e l’immaginato. Sono versi maturati nel tempo, rifiniti attraverso continue riscritture, espressione di una ricerca instancabile nel tentativo di raggiungere vette di assoluta eccellenza.
La parola si fa veicolo di una sensibilità struggente e delicata, colma di emozioni profonde, come se fosse scritta con il sangue e il cuore, eppure si trasforma in materia di carta, fragile e indifesa. Oltre a testimoniare il frutto della piena maturità letteraria dell’autore, l’opera offre anche un atto di generosa condivisione di sé.
La poesia di Dante Maffia si staglia nel panorama letterario come un’opera di cesello, un mosaico in cui ogni tessera è posata con la cura e la pazienza di chi cerca l’eternità nella parola. Essa non è soltanto il frutto di una ricerca formale, ma il risultato di un viaggio interiore, un incessante dialogo tra l’anima e la pagina, tra il cuore e la mente. Ogni verso diviene un battito, un’eco profonda che si propaga oltre il tempo, toccando corde che la modernità spesso trascura o non sa più ascoltare.
Lontano dall’effimero e dalle mode fugaci, Maffia si abbandona alla poesia come a un mare sconfinato, dove ogni onda porta con sé frammenti di memoria, di cultura e di esperienza, intrecciati in un canto che sfida l’oblio. Con una dedizione quasi mistica, il poeta lima e cesella i suoi versi, rendendoli cristalli di significato, schegge di verità che rifrangono la luce della sua visione.
Il suo percorso non è solitario, ma attraversa il giudizio altrui, il confronto con i critici, con i lettori, con il tempo stesso, consapevole che la poesia autentica non teme il vaglio della storia. Nelle sue parole si avverte la certezza che il vero valore di un’opera non si misura nell’immediato, ma nell’eco che saprà lasciare dietro di sé. È questa la scommessa del poeta: non cercare l’applauso momentaneo, ma l’immortalità della parola, la sua capacità di risuonare in chi verrà dopo. La poesia, per Maffia, è messaggio consegnato al futuro, un seme piantato nel solco del tempo, in attesa di germogliare quando il mondo sarà pronto a riconoscerne la grandezza.
La raccolta Singhiozzi di carta si carica di un’intensità struggente già a partire dal suo titolo, evocazione di un dolore che si riversa sulla pagina, come se la scrittura fosse un respiro interrotto, un singhiozzo che si fa verbo e sostanza.
Qui la carta non è solo supporto, ma diviene carne pulsante, ferita aperta, confidente silenziosa di emozioni che si traducono in versi. Si tratta di testimonianze lievi, di confessioni trattenute e al contempo rivelatrici, di allusioni mai esplicitate che, attraverso il loro silenzioso gioco di sottrazione, svelano l’intimità dell’autore. Ogni verso è una rivelazione, un frammento di vita che vibra nel silenzio, dove ogni parola sembra custodire un palpito e il battito di un cuore nascosto.
Solo l’inchiostro riesce a dare forma a questo segreto, traducendo in suono l’intensità di un’emozione che altrimenti resterebbe nell’ombra.
Come scriveva Paul Valéry, "la parola è un respiro dell'anima, un'ombra che si fa forma, e solo in essa il nostro cuore trova una voce."
In questo contesto, la scrittura diventa un atto di resistenza, ma non nella sua forma palese e urlata. Essa si fa silenziosa, si insinua nelle pieghe oscure dell’esistenza, tra le ombre in cui si riflettono tanto il dolore quanto la speranza, opponendosi all’oblio con la quiete di una lotta invisibile.
La poesia di Maffia, in questa raccolta, assume la forma di un lamento sommesso eppure potente, il suono di un’anima che si svuota attraverso l’inchiostro, trasfigurando il dolore in bellezza, la sofferenza in resistenza.
Una scrittura che si fa terreno di una ricerca profonda e criptica del vero, dove il lettore intravede solo frammenti sfuggenti, ombre di realtà che si dissolvono appena sfiorate. L'opera ci guida verso il senso nascosto, abilmente celato dietro ogni parola dal suo autore, e ci invita a perderci in un labirinto di continui rimandi, in cui ogni verso è al contempo via di fuga e trappola.
Il grande talento intellettuale e letterario dell’autore – candidato più volte al Premio Nobel – non è certo frutto del caso, ma scaturisce dalla straordinaria capacità di evocare mondi altri attraverso una scrittura che si fa, in ultima istanza, esercizio di rara maestria.
La sua arte letteraria, finemente scolpita e densa di significati, ci invita ad esplorare il mistero del suo pensiero e a riconoscere la nostra stessa condizione di lettori inafferrabili, persi tra le pieghe di un’opera che si fa al contempo rifugio e prigione.
Anche la scelta della copertina rivela un’intenzione perfettamente in armonia con lo spirito del libro. L’opera L’Olandese Volante di Albert Pinkham Ryder non è casuale: il leggendario vascello, condannato a navigare in eterno, si fa simbolo della poesia stessa, destinata a solcare il mare dell’eternità, sospesa tra la dimenticanza e la gloria, in attesa che nuovi occhi sappiano accoglierla e offrirle dimora.
Il libro si conclude con un epistolario che raccoglie estratti della fitta corrispondenza intercorsa tra Dante Maffia, fin dalla sua giovinezza, e numerose personalità di spicco del panorama letterario. Tra questi, quello che più mi ha colpito è quello di Leonardo Sciascia, figura che ammiro profondamente.
Due scrittori diversi per stile e tematiche, ma accomunati da un rigoroso impegno intellettuale, entrambi mossi da un’inesausta ricerca di verità attraverso la parola. In queste righe, Sciascia non solo offre parole di incoraggiamento e stima, ma preannuncia anche il destino e il successo che attendevano l’autore, riconoscendo in lui un talento che si sarebbe, senza dubbio, affermato nel tempo.
A questo prezioso epistolario si affianca la pubblicazione di estratti da lettere, recensioni e prefazioni, raccolti nella seconda parte del testo, che rappresentano l’omaggio critico al genio poetico di Dante Maffia. Questi documenti testimoniano l’apprezzamento unanime della critica insieme al profondo impatto che l’opera di Maffia ha avuto su intellettuali e scrittori contemporanei.
È cosi che il libro si chiude, offrendoci un ritratto intimo e profondo dell’autore, affiancato da un riconoscimento pubblico e collettivo della sua grandezza letteraria, a suggello del valore e della rilevanza del suo contributo alla letteratura contemporanea.
di Rubrica autogestita da Giuseppina Irene Groccia | 15/02/2025
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