di DON MICHELE ROMANO - Nel Vangelo di oggi (Lc 14, 25 - 33), Gesù prosegue il suo cammino verso Gerusalemme, e c'è tanta gente che lo segue, entusiasti di tutto ciò che dice e per tutto ciò che fa! Ma, forse, non hanno piena consapevolezza di cosa voglia dire: "Seguire Gesù", ovvero: operare scelte radicali, mettersi in gioco, andare con Lui verso Gerusalemme, dove ad attenderlo, c'è la Croce. All'inizio del brano, c'è un verbo che ce ne dà conferma: è il verbo "Strefo" ("si voltò" v-25b), che letteralmente significa: "Guardare in un'altra direzione". Gesù, cioè, ha un suo obiettivo: Gerusalemme! Tuttavia, si gira, li guardi in volto, e chiarisce (quasi a dire): "Davvero volete seguirmi?" Allora siate persone "libere", non c'è altra possibilità! Seguire Gesù, non è semplice, è necessaria tanta coerenza nella nostra vita; ma se avremo il coraggio di farlo, scopriremo quanto sia gratificante e bello: "Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle, e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo" (v 26). Se questa frase, non fosse scritta nel Vangelo, stenderemmo a credere, che l'abbia pronunciata proprio Gesù! Ma chiediamoci: cosa ha voluto dirci, Gesù, con questa espressione? Certo, non invitarci ad avere un sentimento di ripulsa verso i nostri cari (la vecchia traduzione, addirittura, usava il verbo "odiare", indicando una scelta ben precisa, risoluta e coraggiosa!), bensì ci invita ad una libera scelta: "Essere liberi per...!" Quindi, non si tratta di avercela con chi ci ama, anzi dobbiamo sempre essere riconoscenti e ringraziare chi ci ama, e portare sempre tanta gratitudine per l'amore ricevuto, però si tratta di rimanere "liberi", cioè, non condizionati da niente e da nessuno, come a dire: Non possiamo anteporre nulla alla nostra "missione", che rimane sempre: *La sequela di Cristo*. Quanti legami, che come perfetti "tiranni", dentro di noi, ci impediscono di fare e di vivere tutto ciò che vorremmo, nella piena libertà! Nella vita, tante volte, ci vuole tanto "odio", cioè, coraggio, per tirare giù la maschera e mostrarci diversi: persone che, con libertà, hanno fatto le loro scelte, anche se è difficile! Infatti, oggi, il Vangelo, ci dice: "Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo" (v 27). Il termine "Croce" ("Stauros"), nel Nuovo Testamento, compare 73 volte, e mai viene equiparata alla tribolazione, al patire, o al soffrire! La prima volta, che la Croce viene letta come "sofferenza" e "tribolazione", avviene nel V secolo, in una Preghiera cristiana. Ma, attenti, parliamo del V secolo!
I Vangeli, invece, associano alla Croce altri Verbi, come: "Lambàno": "Prendere" (quindi un gesto volontario!); oppure: "Bastàzo": "Sollevare" (che indica il momento preciso in cui il condannato, prende la Croce con le proprie mani). La Croce, quindi, è primariamente "accoglienza...!" Tuttavia, una cosa è certa: Non è per tutti; è solo per chi vuole vivere da uomo "libero", e ne accetta le conseguenze! Ecco perché Gesù specifica: "Se uno viene dietro a me...!" Proprio perché la Croce, non è un "subire" da rassegnati, quanto di negativo e di brutto ci accade nella vita (Non dimentichiamo, che ognuno di noi, porta con sé, nella sua vita, una "scheggia" di quella Croce, che Cristo ha portato tutta intera!), ma è un accettare volontariamente e liberamente, come conseguenza della nostra adesione a Lui: Rinunciare a noi stessi, al super-Io che è dentro di noi.
È capovolgere, insomma, la scelta dei nostri valori e delle nostre priorità umane: "Condivisione" quindi..., e non "Accumulo"; "Uguaglianza", e non "Prestigio"; "Servizio", e non "Dominio". San Paolo ci ricorda che: "Pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti" (1Cor 9, 19). In definitiva, la Croce ci insegna a vivere come Gesù: Liberi, felici, pur sapendo che il mondo ci sarà contro. I due esempi che ci offre nel Vangelo: La costruzione di una Torre, o l'andare in guerra contro un altro Re, ci dicono chiaramente che: Non basta il "che cosa voglio fare", o "essere", ma è importante soprattutto chiedersi: "Lo posso fare", o "essere?" - "Ne ho la capacità?" perché diversamente, è inutile iniziare, sapendo di non riuscire a realizzare ciò che dobbiamo "essere"! Finiremo per essere un po' come il sale (Scipìti), che, cioè, ha perso il suo sapore (Lc 14, 34); perciò, prima, facciamo bene i nostri calcoli, se vogliamo davvero, seguire Gesù, in pienezza e serietà! Con questo proposito, auguro a tutti di cuore, di trascorrere una serena e santa giornata.
di Rubrica autogestita dalla parrocchia "San Giuseppe" Mandatoriccio Mare | 06/11/2024
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