di KATIA FILICE – Ritorniamo dopo qualche settimana con un'intervista dialogata tra l'autrice del libro "Mio Novecento", Roberta Sicolo e l'ing. Desiré Chirico, orientatrice nazionale per mettere in risalto come nuovi modi di tramandare storie e la Storia possano essere spunti di orientamento attivo per le nuove generazioni. Di seguito proponiamo l'intervista integrale, lasciando a voi lettori la possibilità di estrapolare il nuovo messaggio di intreccio tra vita vissuta e da vivere per diventare fautori consapevoli dei propri passi.
Iniziamo dall’autrice
Mai giudicare un libro dalla copertina, ma in questo caso la copertina è molto bella. Posso chiederle chi sono gli sposi?
Gli sposi in copertina sono la sorella maggiore di mia madre, che ha contratto matrimonio nel 1946 cioè a metà del secolo. L’espressione degli sposi è molto seria, dietro un corteo come non se ne vedono più. Si usciva dalla guerra, c’era tanta povertà. A tal proposito basta guardare i bimbi sulla sinistra che seguivano il corteo nella speranza di ricevere qualche dolcino.
Quando ha pensato di scrivere questo libro? Come le è venuta l’idea?
Tutto parte dalla mia necessità di mettere su carta quanto tramandato da mio padre: la storia di suo nonno partito, ai primi del 900, per l’America e mai più ritornato in patria. Sua moglie, la mia bisnonna, rimasta da sola. Volevo tramandare qualcosa ai miei figli però mi son ritrovata a scrivere sempre di più fino a fare sei racconti apparentemente separati, uniti però da un unico filo conduttore che era il tempo. I racconti in realtà parlavano dell’intero secolo e a quel punto era necessario metterli in ordine cronologico e racchiuderli sotto un unico grande e significativo titolo.
Qual è la parte che ha scritto con più passione? E a chi è rivolto questo suo libro?
In realtà a tutti perché quell’aggettivo possessivo, senza articolo, posto davanti al nome mi fa pensare a qualcosa che mi è appartenuto e che io voglio sia solo mio e di nessun’altro, pur trattando temi universali in cui tutti possono riconoscersi. È rivolto a chi riconosce il valore della memoria. In un momento storico in cui si butta tutto, dagli oggetti ai sentimenti e alle emozioni, trattenere diventa un’esigenza necessaria.
E ora una domanda alla sua relatrice, l’Iing Chirico
Dopo un’accurata lettura del testo, cosa l’ha colpita di più?
La prima cosa che mi viene in mente di dire è il modo di scrivere, questo alternarsi della prima e della terza persona che ci riporta nella profondità di momenti storici apparentemente così lontani da noi ma che stiamo rivivendo, per dirla con le parole di Giambattista Vico “corsi e ricorsi storici”. Da un punto di vista contenutistico, non c’è una parte in particolare che mi ha colpito particolarmente perché qui è narrato il 900 di tutti, ognuno si immedesima in ciascuno di questi racconti perché vissuti, perché riflessi. Inoltre si legge con l’interesse di andare avanti per vedere se effettivamente coincide con quanto vissuto.
Da orientatrice ed insegnante le chiedo se ritiene che questo excursus storico possa risultare utile da leggere insieme ai ragazzi.
Orientare significa dettare un cammino senza mai modificare il cammino della persona, questo libro è adatto a qualsiasi età come ritorno alla genuinità. Ho visto lo specchio di qualcosa che ci manca ma che in questa continua corsa non riusciamo più ad avere, trait d’union tra le varie generazioni per scoprire e riscoprire il bello della vita che è condivisione.
Rivolgo un’ultima domanda all’autrice.
Nella nota iniziale lei scrive testualmente: “La generazione di cui faccio parte ha spianato troppe volte la strada e abbattuto gli ostacoli ai suoi figli invece di insegnargli a superarli”. E ancora lei parla di genitori spazzaneve “una generazione che ha fallito perché si è lasciata accecare dall’illusione che il benessere potesse dispensare dall’educare” e ancora “Abbiamo lasciato i nostri figli nel mondo virtuale”. Lei ritiene che questo suo libro possa in qualche modo aiutare questi “genitori spazzaneve”
La mia non vuole essere una provocazione ma oggi vedo la differenza tra la bambina che ero e i bambini di oggi, noi avevamo dei no molto forti ma siamo venuti su bene lo stesso. Secondo me è necessario che i genitori tornino ad avere più autorevolezza e lasciare che i loro figli desiderino delle cose. Io ho scritto questi racconti ascoltati in quei pomeriggi di noia che allora mi sembravano interminabili perché io non ho avuto la possibilità di avere tutto e subito.
E lei ing. Chirico, per la sua professione e per il fatto che appartiene comunque ad una generazione più giovane, cosa ne pensa di questi ragazzi “lasciati nel loro mondo virtuale”
Io insegno informatica e ho basato i miei ultimi dieci anni proprio sulla realtà virtuale, parto però da un’espressione che utilizzo con i miei amici che fanno parte di una generazione successiva alla mia, dai 50 ai 60 anni e dico che questa è stata la generazione che ha rovinato la società e lo affermo non per criticare ma perché lo penso realmente. Io sono figlia di una madre che mi ha dato un’educazione rigida, ho avuto dei rigidi no perché nonostante io provenga da una famiglia benestante mia madre ha sempre asserito che le cose vanno conquistate perché questa è la vera bellezza delle cose. Ci sono dei no che suscitano contrarietà e conflitti che però fanno crescere. Oggi i giovani sono fragili perché restano di indole infantili e il bambino vuole la protezione della mamma. Cosa hanno però di diverso dai bambini? La presunzione di saper gestire la loro vita in verità senza averne gli strumenti, senza comprendere che per fare tutto ciò sono necessari quei no che fanno crescere e poi il giusto tempo e la giusta maturazione.
Ed io, orientatrice e appartenente a quella ‘generazione sbagliata’ mi congedo da loro, felice di aver trascorso un pomeriggio in compagnia di persone speciali.
di Rubrica autogestita Katia Filice e Desirè Chirico | 01/11/2024
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