di DON MICHELE ROMANO - La breve pericope del Vangelo di oggi (Lc 9, 43b-45), che ci presenta il secondo annuncio della passione di Gesù, segue al miracolo della guarigione di una epilettico- indemoniato, che va ad alimentare l'atmosfera trionfalistica di un Messia glorioso: "Tutti restavano stupìti di fronte alla grandezza di Dio" (Lc 9, 43a), e gli apostoli, di conseguenza, non riescono a capire le disastrose previsioni che Gesù annuncia per sé, e di conseguenza anche per loro. Il contrasto è davvero notevole! Come l'azione vittoriosa sul demonio, ha suscitato tanta ammirazione, così l'annuncio della Passione, suscita incomprensione: "Essi però non capivano queste parole..., non ne coglievano il senso" (v 45a). C'è chi sostiene addirittura, che gli Apostoli preferiscono "non sapere", "non vedere", piuttosto che affrontare una realtà così "scomoda", tant'è che, infatti, non chiedono neppure chiarimenti. Spesso, ahimè, questo atteggiamento, diventa una "tattica" frequente, anche nella nostra vita e, perché no, anche all'interno della stessa Chiesa. Quante volte, preferiamo le cose "sbalorditive", che fanno audience, o le situazioni trionfalistiche (Vedi, ad esempio, un cattolicesimo "di facciata"), anziché l'annuncio dell'umiliazione di Cristo, che "umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce" (Fil 2, 8). Certo, umanamente parlando, è sempre preferibile la bellezza e la gloria del Tàbor, allo "scandalo" della Croce! Ma forse sarebbe meglio, se facessimo nostre le parole di San Paolo: "Quando a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo" (Gal 6, 14). Proprio in questo, consiste la vera Grandezza di Dio: Cristo che muore sulla Croce, ci rivela che, in tal modo, ha voluto più bene a noi, che a se stesso!
Il Signore nella sua umiltà e piccolezza, si manifesta nel "consegnarsi" a noi, una consegna che manifesta il suo infinito amore per ogni uomo: "E noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi. Dio è amore" (1Gv 4, 16). Il significato dello stesso Titolo, che Gesù applica a se stesso "Figlio dell'uomo" (anziché Figlio di Dio), è presente 83 volte nei quattro Vangeli, ed è da ricercare nell''Antico Testamento, soprattutto nel libro di Daniele: "Guardando ancora..., Ecco venire sulle nubi del cielo, uno simile a un figlio d'uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui" (Dn 7, 13). Un Titolo che ha messo Gesù, al riparo da possibili ritorsioni o accuse di blasfemìa, un titolo che Lui abbandonò, solo durante il processo davanti al Tribunale ebraico, dichiarandosi apertamente, alla domanda di Caifa: "Sei tu il Cristo, il figlio del Benedetto?" Gesù rispose: io lo sono! E vedrete il Figlio dell'uomo, seduto alla destra della potenza...! Si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo... e i servi lo schiaffeggiavano". Non può esserci Amore più grande, dirà Gesù stesso, "di chi la vita per gli altri!". Il giorno in cui, anche noi, capiremo la grandezza e la bellezza di questo Amore, diremo con Sant'Agostino, con le lacrime agli occhi: "Tardi ti conobbi, tardi ti ho amato, mio Dio!". Questo giorno, per ognuno di noi, potrebbe essere anche oggi! Auguro, pertanto, a tutti, una serena e santa giornata!
di Rubrica autogestita dalla parrocchia "San Giuseppe" Mandatoriccio Mare | 28/09/2024
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