di LETIZIA GUAGLIARDI - Abbiamo iniziato un nuovo progetto, abbiamo aperto un’attività commerciale, stiamo, finalmente, frequentando quel corso per imparare qualcosa di nuovo, insomma… ci stiamo dando da fare. L’idea l’abbiamo testata, abbiamo ponderato a lungo la sua validità e partiamo con tanto entusiasmo.
La partenza è andata benissimo, stiamo facendo progressi e già ci sentiamo un po’ gratificati ma, a un certo punto, appaiono le prime difficoltà, proseguire sta diventando sempre più difficile e iniziamo a non vedere più chiaramente l’obiettivo. Ci troviamo proprio davanti a un muro.
Per chi il muro non l’ha messo in preventivo trovarselo davanti in corso d’opera è una cosa dura da accettare. Il muro rappresenta il dubbio, l’incertezza e lo scoraggiamento. Il muro ci sarà sempre. Se lo mettiamo in conto, saremo più preparati per affrontarlo.
Chi ha esperienza sa che il muro non è sempre una cosa negativa. Ci serve per fermarci, per fare il punto della situazione, per pensare a una nuova strategia. È proprio quando siamo davanti al muro che, se decidiamo di abbatterlo, si attivano le nostre energie, soprattutto quelle nascoste, e il nostro impegno e il nostro entusiasmo raddoppiano. È proprio il muro che ci fa rendere conto di cosa siamo capaci, quali sono le risorse a cui possiamo attingere e come metterle in pratica. In pratica, ci fa scoprire di che pasta siamo fatti. Perché l’alternativa è una sola: o superiamo il muro o torniamo indietro, con un inevitabile senso di sconfitta. Oppure, peggio ancora, ci siediamo con le spalle appoggiate alla barriera che ci ostacola: il nostro livello di autostima si affloscerà come un soufflé e resteremo lì, bloccati. Incapaci di continuare, nè avanti nè indietro
Il muro ci serve anche per capire se il nostro progetto vale davvero tutto quello che ci investiamo (tempo, impegno, denaro, responsabilità) o se, invece, è il caso di mollare.
Se abbiamo la certezza che ci conviene continuare, il muro ci darà la possibilità di farlo. È come il pit-stop alle gare automobilistiche: una sosta per recuperare forze ed energie, per rifornirsi di carburante, per cambiare le ruote. “Pit” significa “infossare”, quindi si tratta di “riparare” dentro uno spazio protetto – nel nostro caso lo spazio protetto è quello fra il percorso già fatto e il muro che ci sta davanti. È qui che ci riforniamo di nuove risorse, quelle che aumenteranno la nostra capacità di avere successo. Succede come nei videogiochi: per passare a un livello successivo si deve superare un grosso ostacolo.
Non è bello trovarsi davanti a un muro, è ovvio, però esserne consapevoli aiuta a trovare il giusto modo per passare dall’altra parte e proseguire fino al traguardo.
Molti personaggi dei miei libri si sono trovati, durante le loro vicissitudini, davanti a un muro e hanno provato le nostre stesse sensazioni in casi simili: paura, sconcerto e senso di inadeguatezza ma ognuno di loro ha poi trovato una via d’uscita, ha fatto tesoro della propria esperienza e ha visto attivarsi quei meccanismi di difesa che servono a superare le difficoltà, le cadute e i fallimenti. Ognuno di loro si è sentito frantumarsi ma poi ha cercato di ricomporsi e di ricostruire la sua vita.
Spesso i muri li costruisce la nostra mente: la paura di non farcela, di non essere capaci, di lasciare la nostra comfort-zone. Li erige dopo una delusione, una perdita o una sconfitta perché ci servono per proteggerci da altri possibili fallimenti. In questo caso è importante esserne consapevoli e imparare a gestirli. Pensare che restare fermi è più pericoloso che abbattere quel muro può essere d’aiuto. E anche, magari, la speranza che oltre quel muro ci possa essere qualcosa di bello che ci sta aspettando.
Ci sono, infine, i muri di pietre e mattoni, quelli eretti tra i popoli per segnare i confini dei territori e stabilire le proprietà. I muri tra i ricchi e i poveri, tra chi perseguita e chi soffre, tra chi ha l’opportunità di studiare e chi, invece, è condannato a vivere nell’ignoranza.
Il brano che stai ascoltando mentre leggi è famosissimo, “Another brick in the wall” (“Un altro mattone nel muro”) dei Pink Floyd. Potente non solo dal punto di vista musicale, è anche ricco di significati, è un invito a ribellarsi alle regole che umiliano la dignità umana, a liberarsi delle manipolazioni mentali e a pensare con la propria testa.
Per desiderare di abbattere i muri dobbiamo accorgerci che ci sono, dobbiamo vederli, perché alcuni non sono visibili per chi è distratto: sono quelli dei pregiudizi e degli stereotipi, del silenzio, dell’ignoranza, dell’incomunicabilità, dell’ipocrisia, dell’indifferenza, della discriminazione, per citarne alcuni.
Quando in casa decidiamo di abbattere una parete per dare più spazio a una stanza questa poi riceve più aria e più luce. La stessa cosa succede alla nostra mente… quando abbattiamo i muri che la rendono stretta, buia e poco arieggiata!
di Rubrica autogestita da Letizia Guagliardi | 11/09/2024
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