di LETIZIA GUAGLIARDI - Siamo in estate, ormai. Il grano è maturo, mature sono le pesche e le ciliegie e maturi saranno a breve anche i ragazzi che stanno affrontando in questi giorni gli Esami di Stato. Una prova per dimostrare a se stessi e agli altri che sono pronti per affrontare un’altra fase della loro vita: immettersi nel mondo del lavoro o iscriversi all’Università. Un rito di passaggio, dunque, che si ripete (anche se con modalità diverse) da ben 101 anni! A proposito, com’è stato il primo esame di maturità?
1923 – ministro Giovanni Gentile: introduzione dell’esame di maturità, un esame di stato svolto al termine degli studi liceali, gli unici a permettere l’accesso all’università. Quattro prove scritte e orale su tutte le materie dell’intero corso: tre anni per il liceo classico e quattro anni per il liceo scientifico (la riforma Gentile non prevedeva “programmi di studio”, bensì “programmi d’esame”, da modulare durante i vari anni dell’intero corso; gli insegnanti avevano il compito di preparare gli studenti al superamento degli esami e quindi potevano organizzare le lezioni, nei vari anni del corso, secondo propri metodi). La commissione esaminatrice era costituita esclusivamente da docenti esterni, in gran parte professori universitari, ed era presieduta formalmente dal ministro. Gli esami si tenevano fuori sede (40 sedi su tutto il territorio nazionale per la maturità classica, 20 sedi per la maturità scientifica). La votazione non prevedeva un punteggio unico, ma tanti voti quante erano le materie. Era prevista la sessione di esami di riparazione. L’impatto di questo nuovo esame fu particolarmente pesante: nell’anno scolastico 1924/25 i promossi furono il 59,5% alla maturità classica e 54,9% alla maturità scientifica (l’anno precedente, quello dell’esordio, la percentuale era stata ancora più bassa).
Penso a quegli studenti, pionieri di un esame non proprio facile, da vari punti di vista. Le auto non erano molte, quindi non era proprio una passeggiata raggiungere la sede d’esame e a questo bisognava aggiungere i costi per rimanere lì almeno cinque giorni (quattro per le prove scritte e uno per l’orale), lo stress e il caldo dell’estate. Se non si superavano le prove scritte non si poteva accedere all’orale e allora si sperava negli esami di riparazione (anche questi molto seri e dal risultato non scontato). Si racconta che si passasse l’intera estate a studiare per ottenere, in autunno, l’agognato diploma.
Negli anni successivi, quindi, questo primo esame sarà alleggerito dal ministro Pietro Fedele, sotto la pressione di molti gerarchi fascisti e dell’opinione pubblica in generale. Da allora, in più di cent’anni, l’esame di maturità ha subìto numerosi adeguamenti alle trasformazioni sociali e culturali delle varie epoche, fino ad arrivare ai giorni nostri.
La parola “Esame” deriva dal latino “examen”, cioè “ago della bilancia”, derivazione di exigere, “pesare bene”, da ex– e agere.
È rimasto la prima grande pesatura della vita?
Se ne esce davvero maturi, pronti ad affrontare difficoltà, delusioni e fallimenti?
La notte prima degli esami è ancora una notte di lacrime e preghiere?
Quali sono stati i nostri frutti – buoni e utili – dopo che ci hanno dichiarato “maturi”?
E tu… quale tipo di esame di maturità hai affrontato? Ne conservi bei ricordi o hai preferito cancellarlo dalla tua mente? Quali emozioni hai vissuto prima, durante e dopo? E quanti esami la vita ti ha presentato dopo? Infatti…“gli esami non finiscono mai”.
Forza e coraggio a tutti i maturandi e ai docenti delle Commissioni d’esame…compresa me!
di Rubrica autogestita da Letizia Guagliardi | 24/06/2024
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