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Mandatoriccio (Cosenza) - "Misericordia io voglio e non sacrifici"


di DON MICHELE ROMANO - Oggi il Vangelo (Mt 9, 9-13), ci parla della Vocazione di Matteo, conosciuto come il Pubblicano, perché esattore delle imposte, addetto, cioè, alla riscossione del pedaggio, che dovevano pagare i viandanti di passaggio per Cafàrnao, comprese le loro merci. Certamente anche Pietro, per dirne una, avrà avuto a che fare con lui, quasi tutte le mattine, quando dal porto si spostava, per vendere il pesce in città. Questa professione, era alquanto disprezzata dai Giudei, che si ritenevano i perfetti "Osservanti della Legge", e quel mestiere lo consideravano una vita da peccatori, perché riscuotevano le tasse, per conto del governatore Romano, al quale non volevano assoggettarsi. Tuttavia, gli è bastato l'invito di Gesù: "Seguimi" (v 9), perché Matteo lasciasse subito la sua professione, e con la gioia nel cuore, pensò di sdebitarsi per la misericordia e l'amore, ricevuto da Gesù, invitandolo a tavola, a casa sua, con tutti i suoi amici.
I Farisei, non potevano sopportare passivamente tutto questo, e commentano con alcuni discepoli di Gesù: "Come mai il vostro maestro, mangia insieme ai pubblicani e peccatori?" Questa critica al comportamento di Gesù, nasce dall'osservanza giudaica delle leggi della purezza, che da oltre 500 anni, sin dal tempo della schiavitù in Babilonia, costituiva per loro un forte segno di identità: Mangiare con i pagani, voleva dire contaminarsi, diventare impuri! Ma Gesù, udito questo, rispose immediatamente: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati" (v 12).
A questo primo chiarimento, ispirato e tratto dal buon senso, Gesù ne richiama un altro, tratto dalla Bibbia: "Andate e imparate che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici" (Os 6,6). Non poteva esserci paragone migliore, per chiarire lo scopo della sua Missione: "Non sono venuto..., a chiamare i giusti, ma i peccatori" (v 13). Matteo, riscoprendosi peccatore, ha pagato la "tassa" della verità a sé stesso, passando dall' obbligazione alla comunione, e alla sequela dell'amore. Matteo (Levi per gli altri Evangelisti, il cui nome significa: Dono di Dio"), lascia tutto ciò che ha: Il banco delle tasse, la sua fonte di reddito, la sua famiglia, e segue Gesù. Gli è bastato sentirsi semplicemente dire: "Vieni?", per rimanere del tutto interdetto. Gesù si è accostato a lui, con amore, al contrario di tanti altri, cosiddetti "devoti" che,  incrociandolo, mentre andavano nella Sinagòga, come segno di disprezzo, sputavano a terra. A questo punto, forse, Matteo avrebbe voluto fare tante domande a Gesù, ma nemmeno una parola gli uscì dalla gola. Lasciò tutto e andò dietro a Lui! Matteo, scriverà questa pagina, trent'anni dopo, ed ancora oggi, sembra dirci: Ne è valsa la pena, credetemi; la festa che ho dato alla sera, e a cui Gesù ha voluto partecipare, malgrado fossimo tutti malvisti dai "benpensanti", perché tutti professionisti della truffa, manager senza scrupoli, mi ha messo dentro una gioia indescrivibile, che da "Maledetto" da tutti, mi ha fatto sentire "Benedetto" da Dio. Oggi "Matteo", possiamo esserlo tutti. Anche noi possiamo essere dei "pubblicani", come lui, Zaccheo, e tanti altri uomini e donne, magari realizzati economicamente, temuti, gente di potere, ma enormemente infelici, perché bisognosi di uno sguardo d'amore, di un invito alla sequela, di una vita completamente "nuova", di una Redenzione che solo l'incontro con Gesù potrà garantirci. Allora sì, che anche noi ci "alzeremo", e faremo festa alla Mensa del Signore, scoprendone il suo volto, di Padre misericordioso! Una serena giornata.


di A cura della Parrocchia "San Giuseppe" Mandatoriccio Mare | 01/07/2022

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