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Rossano (Cosenza) - Solo quando ci rompiamo scopriamo di che cosa siamo fatti


di LETIZIA GUAGLIARDI - Ci sono momenti che ci riducono come un vaso caduto a terra: in mille pezzi. Ti sei mai sentito così? Hai mai guardato i frammenti di te, sparsi sul pavimento, a volte grandi, altre volte piccoli (a seconda dell’urto) chiedendoti che fare?  C’è una tecnica giapponese, si chiama Kintsugi (da Kin, che significa oro, e da tsugi, che significa “riunire” “riparare”, “ricongiunzione”) che non butta via i cocci ma li raccoglie con delicatezza, li riunisce uno ad uno con pazienza e poi li incolla con…l’oro! Il risultato? Con l’oro l’oggetto che ne verrà fuori sarà reso prezioso perché si sarà dato risalto e valore alle crepe, alle ferite e alle imperfezioni.

Questa tecnica la utilizzo anch’io nella mia vita e la utilizza (guarda caso) anche Beatrice Savoldi, la protagonista di “Ti scrivo per abbracciarti“. Qui di seguito puoi leggere un estratto. Racchiude il momento in cui lei si accorge di essere come il vaso che le aveva regalato suo figlio Davide (morto in un incidente stradale), caduto a terra perché lei, in uno scatto di nervi, ha allungato il braccio urtandolo . Lei si sente proprio così: frantumata. Sua figlia Silvia su Internet scopre che Laura, una restauratrice esperta di Kintsugi, può aggiustare il vaso:

“Avete portato tutti i frammenti?” chiede Laura.

“Sì… eccoli.” Silvia le porge una busta.

“Bene. Vi state chiedendo come riuscirò a ricomporre il vostro vaso, vero? Avete sentito parlare di Kintsugi?” chiede la giovane restauratrice mentre esamina i numerosi cocci.

“Io avevo letto qualcosa tempo fa. Poi, quando il vaso si è rotto, mi è venuto in mente, ho cercato su Internet e ho visto il tuo sito” risponde Silvia.

“Io invece… no” ammette Bea.

“Ve lo spiego, sedetevi. Allora… per farla molto semplice e breve…incollo tutti i pezzi e poi, nelle fratture, faccio colare l’oro o l’argento, come preferite, così si evidenziano e si impreziosiscono.”

“Quindi, se ho capito bene, tu dai una nuova bellezza a questo vaso che ora è ferito, giusto?” chiede conferma Silvia dando un’occhiata a sua madre. Vuole che si accorga che stavolta ha usato la parola “ferito” invece di “rotto”.

“Proprio così. L’oro che cola nelle ferite aggiunge valore a questo vaso rotto. E diventa unico e irripetibile. Se mi portassero altri cento vasi rotti, o mille, non ce ne sarebbero mai due uguali, una volta riparati con l’oro, perché ognuno avrà ferite diverse, ma tutti belli e preziosi.”

“Magnifico! Allora te lo lasciamo. D’accordo, mamma?”

“Sì, ci tengo a questo vaso” sussurra Bea, gli occhi persi nei frammenti di ceramica sparsi sul grande tavolo.

“Tranquilla, signora” Laura attira la sua attenzione. “Vedrà che dalle crepe e dalle ferite può nascere ancora qualcosa di bello e di utile.”

Bea accenna un sorriso impercettibile, un lieve e rapido allungarsi della bocca, ma le due ragazze se ne accorgono e in quel momento ne hanno piena consapevolezza: il vaso di Davide non è caduto a terra per caso.

Il vaso riparato da Laura sarà più bello di prima e anche noi lo saremo, se utilizziamo la stessa tecnica. Perché ?

Perché non dobbiamo considerare le nostre ferite come una vergogna, o una colpa o un fallimento. Anche se legate a un grande dolore, con il tempo, la pazienza, la cura e l’amore (sono questi il metallo prezioso che fa da collante) impareremo a considerarle come una risorsa (utile per chi vuole incoraggiare gli altri) o come un’opportunità di cambiamento (che può usare, per esempio, chi ha perso il lavoro o desidera trovarne uno migliore).

Beatrice, dopo aver visto il vaso a cui tiene tanto ritornato intero e più bello di prima, capisce finalmente che anche lei può essere riparata. Il suo percorso è lungo e a volte scoraggiante ma sa che non è da sola.

Se vuoi sapere di più sulla storia di Beatrice e su “Ti scrivo per abbracciarti” puoi cliccare qui:   https://bookabook.it/libri/ti-scrivo-abbracciarti/   


di Letizia Guagliardi | 04/08/2021

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