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Rossano (Cosenza) - 2 giugno 2020: 74° Anniversario della nascita della Repubblica democratica


di FRANCESCO FILARETO -  Oggi facciamo memoria dell’anniversario della nascita della Repubblica Italiana: lo facciano per ricordare e conoscere il nostro passato;  lo facciamo anche  per capire questo presente;  lo facciamo soprattutto per prepararci al futuro. Il 2 giugno 1946 il popolo italiano, diventato sovrano attraverso la Resistenza e la lotta di Liberazione dal fascismo, dopo appena un anno dalla conclusione della seconda guerra mondiale,  decide liberamente, con il voto, per la prima volta esteso a tutti (comprese le donne), che l’Italia si dia una nuova forma istituzionale e diventi una Repubblica democratica, con una forte partecipazione dell’89,08 %.  Oltre al referendum istituzionale viene eletta l’ Assemblea Costituente chiamata a dare all’Italia una nuova Costituzione in luogo dello Statuto Albertino (1848).

        Il voto degli Italiani fa prevalere la Repubblica (12.717.923: 54,26 %) sulla Monarchia dei Savoia (10.719.284: 45,74 %), con uno scarto di circa 2 milioni di voti  e  di circa 9 punti percentuali in più.    Ma il voto dei Meridionali è, per un verso deludente, perché dà alla Repubblica soltanto il 35,70 %, e quello dei Calabresi il 39,70 %, per un altro verso, esso è spiegabile con una serie di motivazioni diverse: la struttura economica debolissima di tipo semi-feudale, una società fortemente gerarchizzata, l’estrema miseria e la subalternità delle classi bracciantili e contadine a fronte dei privilegi dei potenti e prepotenti, l’altissimo tasso di analfabetismo, la scarsa coscienza politica e l’altrettanto scarsa partecipazione alla vita politica della stragrande maggioranza della popolazione, 85 anni di dominio coloniale e di sfruttamento da parte dei Piemontesi e dei governi post-unitari.

       Gli elettori dei 57 Comuni della Calabria del Nord-Est non si discostano dall’andamento del voto dei Meridionali e Calabresi ad eccezione di 14 paesi dove vince la Repubblica: Civita (con il 50,36 %), Canna (con il 52,51 %), Cropalati (con il 53,33 %), S. Marco Argentano (con il 54,91 %), Calopezzati (con il 55,71 %), Vaccarizzo Albanese (con il 58,10 %), Saracena (con il 58,56 %), Frascineto (con il 60,86 %), S. Demetrio Corone (con il  63,25 %), Bocchigliero (con il 64,37 %), Longobucco (con il 68,48 %), Lungro (con il 73,70 %)  e  Caloveto (con l’ 80.26 %).

         Tutte le altre 43 città del territorio si schierano per la Monarchia, tra le quali i centri più grossi di  Corigliano C. (con il 50,80 %),  Castrovillari (con il 55,70 %),  Rossano (con il 57,70 %), Cassano allo Jonio (con il 57,80 %), Cariati (con il 72,40 %),  Trebisacce (con l’ 86,00 %) etc.

         Il 2 giugno 1946, sempre a suffragio universale, gli elettori sono chiamati ad eleggere l’ Assemblea Costituente, formata da 556 Deputati, detti “Padri Costituenti” (eletti in 31 collegi elettorali):  essa elegge come proprio Presidente il comunista Umberto Terracini e Presidente provvisorio della Repubblica Enrico De Nicola. 

         La Costituente ha la seguente composizione:   la maggioranza relativa è costituita da 219 deputati di area di Sinistra social-comunista (il 39,39 %: Socialisti 115, Comunisti 104), poi 207 deputati di Centro democristiano (il 37,23 %), 31 di Centro laico liberal-democratici (il 5,58 %:  Partito d’Azione 7, Democratici Lavoro 1, Repubblicani 23), 16 deputati di Destra liberale (il 7,01 %: Blocco Nazionale Libertà), 71 deputati Qualunquisti, Monarchici e di estrema destra neo-fascista (il 12,77 %: Uomo Qualunque 30, Unione Nazionale 41) e altri 12 (il 2,16 %).

          L’Assemblea Costituente, in circa 18 mesi, elabora una nuova Costituzione repubblicana, democratica, antifascista, sintesi straordinaria delle tre più importanti culture italiane: la sociale social-comunista, la cattolica democristiana e la liberal-democratica e laica:  essa viene promulgata il 27/12/1947 e va in vigore il 1° gennaio 1948.

         Allora, con la Costituzione si affermano principi e valori, prima ignorati o negati, come la sovranità dei cittadini, l’uguaglianza sociale e di genere, la parità tra le diverse Italie, il diritto alla salute e alla vita, il diritto all’istruzione, il lavoro come diritto-dovere e fondamento del nuovo Stato, l’impegno della Repubblica a rendere effettivi l’uguaglianza e i diritti individuali e sostanziali per ognuno e per tutti.  Nasce - sia pure ancora soltanto nei principi consacrati nella Costituzione – una nuova Italia, migliore di quella teorizzata e fatta dal Risorgimento. 

         Questo territorio della Calabria del Nord-Est è rappresentato nell’Assemblea Costituente e nella Commissione dei 75 dal democristiano Costantino Mortati (1891-1985), nato a Corigliano C., ma di origine italo-albanese, è uno dei più importanti giuristi e costituzionalisti italiani del ‘900, il cui contributo nell’ elaborazione della Costituzione è molto qualificante.

         Nonostante il loro modesto apporto al voto repubblicano, anche il Mezzogiorno e la Calabria del Nord-Est, hanno contribuito a fare la storia democratica dell’Italia, opponendosi con la Resistenza dei loro uomini migliori al fascismo, dando un apporto significativo alla lotta di Liberazione con numerosi partigiani e soldati. E,  chiusa la tragedia e la carneficina della guerra, danno il loro apporto significativo nel dotare il Paese di una nuova e avanzata Carta Costituzionale e nel superare la fase difficile della Ricostruzione post-bellica.  

         Dal 1944 agli anni ’50 e 60 del secolo scorso i Meridionali e i Calabresi scrivono pagine memorabili di partecipazione politica e di lotta nelle occupazioni delle terre incolte e nello smantellamento dei latifondi neo-feudali, nel resistere senza aiuti dallo Stato, da soli e con dignità alle drammatiche condizioni di miseria del Mezzogiorno, e poi sanno dare un apporto decisivo per il decollo industriale del Nord e nel realizzare il “miracolo economico” dell’Italia,  grazie all’apporto di migliaia di lavoratori emigranti  e, negli ultimi decenni, di professionisti e talenti di alto valore.

       Dal 2 giugno 1946, quante attese, quante speranze ! Anche noi Meridionali e Calabresi avremmo dovuto godere dei benefici dell’avvento della nuova e innovativa democrazia repubblicana.

           Ma da allora il Sud è rimasto ai margini, come un’Italia minore, l’altra Italia. La “Questione Meridionale”, nata nel 1861 con l’Unità d’Italia e per responsabilità delle classi dirigenti nazionali (quelle liberal-borghesi del Nord e quelle reazionario-latifondiste del Sud, alleate nella difesa corporativa dei loro privilegi), non viene affrontata seriamente nemmeno dalla Repubblica democratica e resta tuttora una “questione” aperta e irrisolta.

          E tra i Sud il più a Sud, il più marginale e periferico, è la Calabria del Nord-Est, quell’area vasta compresa tra il Basso e l’Alto Jonio, la Sila Greca, l’Arberia e l’area del Pollino, dove vivono, operano, resistono – per scelta ostinata – oltre 200.000 cittadini-persone, trattati costantemente dalle Istituzioni e dai partiti come figli di un Dio minore.

       Particolarmente, negli ultimi nove anni, questa parte della Calabria è stata e continua a essere penalizzata come nessun altro territorio: scippata del Tribunale (e quindi del presidio di giustizia di prossimità, della garanzia di tutela dei diritti dei cittadini onesti, dell’opposizione alla ‘ndrangheta), degli Ospedali periferici, di una sanità di qualità, della viabilità di sicurezza (stante l’estrema pericolosità della SS. 106 o E. 90), dei treni di lunga percorrenza, dell’insuperabile difficoltà di accedere ai trasporti aerei (privi come siamo di aeroporto, di metropolitana leggera di superficie, di assenza di collegamenti agli aeroporti di Lametia e Crotone). Un territorio maltrattato, mortificato, vilipeso, tenuto ai margini della modernità !

E non per crudele destino !

     Ma esclusivamente per grave deficit di partecipazione democratica dei cittadini-persone (non pochi dei quali si sono dimessi da cittadini) e per deficit - ancora più grave - di rappresentanza politico-istituzionale a tutti i livelli.

   Il territorio diventato subalterno, passivo, rinunciatario, rassegnato è e continua a essere un serbatoio di voti delle oligarchie (o lobbie, caste, cricche) provinciali bipartisan di tutti i partiti, autentici centri di potere neo-feudale, autoreferenziali, soffocatori e violentatori di ogni autonomia territoriale e di ogni intelligenza autonoma.

   Stante questo scenario inquietante vien da chiedere chi investirà (imprenditori nazionali o stranieri) in questo nostro territorio, privo di tutti i servizi alla persona (giustizia, ordine pubblico, sanità, mobilità di uomini e merci, sicurezza) ? Chi resterà qui, dove le strutture economiche sono asfittiche e non espansive, dove non si creano e anzi si perdono posti di lavoro, dove c’è una diffusa illegalità, dove si assottigliano le aggregazioni e i movimenti di resistenza e di reattività ? Chi resterà qui dove prevale il clientelismo familistico dei nuovi feudatari padroni dei partiti, dove ogni giorno la speranza è meno credibile, dove i giovani e i talenti non trovano spazio e possibilità di rimanere e sono in fuga inarrestabile ?  

          A questi interrogativi si possono dare risposte diverse e diametralmente opposte. 

         C’è chi, per delusioni sofferte o per fiacchezza etica, è convinto che nulla possa cambiare in questa terra e perciò si auto-sospende da tutto (dal voto, dalla cittadinanza attiva, dalla protesta, dall’impegno personale) e si chiude nel lamento greco e nel paralizzante angoscioso fatalismo rinunciatario.

        C’è, però, anche chi non si dà per vinto, c’è chi sceglie di resistere e reagire qui e ora, c’è chi per amore e riconoscenza continua a servire la propria gente e la propria terra. E tra questi ultimi ormai è matura la convinzione che bisogna andare oltre la logica accentratrice di "questi partiti"; che bisogna difendere e valorizzare l’interesse generale e il bene comune; che bisogna camminare insieme evitando di procedere in ordine sparso; che bisogna che ogni cittadino-persona di questo comprensorio faccia la propria parte e la faccia insieme e solidarmente con gli altri cittadini-persone, mediante la proposta, la partecipazione, l’impegno responsabile.

     Chi, poi,  ha a cuore questa città e questo territorio si deve interrogare sul futuro della Città nuova di Corigliano-Rossano e delle altre città della Calabria del Nord-Est. Non possiamo e nè dobbiamo dimenticare le gravi responsabilità di coloro che - direttamente o per scarsa autorevolezza - hanno distrutto e messo in ginocchio questo territorio: essi hanno perso ogni credibilità. 

      Viceversa, abbiamo bisogno di Politici seri garanti di alcuni requisiti indispensabili: come la testimonianza di coerenza e specchiata onestà, di autorevolezza morale e civile, di richiamo ai principi e valori della Costituzione, di competenza, di esperienza, di capacità di ascolto dei bisogni dei cittadini, di impegno a fare rete nel territorio e a difenderne le ragioni e i diritti.  I nostri Politici debbono aprire vertenze anche dure con i Governi regionale e nazionale su “questioni urgenti e non più differibili”:  come la ricostituzione di un polo sanitario policentrico nella Calabria del Nord Est, il ripristino del Tribunale del territorio, gli investimenti mirati per la scuola, la cultura, i Centri Storici, la prevenzione anti-sismica e la salvaguardia ambientale, la dotazione di servizi primari e di infrastrutture moderne per la movimentazione di uomini e merci, la necessità di riconvertire o di smantellare l’ecomostro della centrale Enel.

       Negli ultimi anni abbiamo assistito spesso inattivi e impotenti alla crisi della politica, dei partiti, delle Istituzioni e abbiamo perso molti punti di riferimento. Ci resta la Carta Costituzionale, democratica, egualitaria, anti-fascista, la stella polare di orientamento delle coscienze, la base fondativa dell'identità e unità nazionale e democratica degli Italiani, la garanzia dei diritti di libertà personale e associata: compito etico e civile dell’uomo singolo e associato è di vigilare che essa non venga stravolta, anzi di pretendere che venga rispettata e attuata, specialmente in questa difficile fase storica di crisi complessiva che sta investendo la società in tutte le sue articolazioni.

     I miei concittadini di questo territorio si riprendano la loro sovranità popolare, delegata a personaggi dimentichi del bene comune e dell’interesse generale e viceversa autoreferenziali e attenti soltanto a consolidare i propri privilegi (come hanno fatto i consiglieri regionali 5 giorni fa, regalandosi vitalizi a spese dei Calabresi),  i miei concittadini tornino a dare spazio alle persone di qualità, credibili e autorevoli.

    I miei concittadini tornino ad avere una prospettiva di speranza.

Ma è bene ricordare quello che ci raccomanda il poeta Pablo Neruda: la speranza, affinchè non sia un languido e sterile sentimentalismo, deve nutrirsi “di indignazione e di coraggio civico” e aggiungo che ognuno di noi non si dimetta da cittadino attivo e faccia la propria parte, che è il modo migliore e più responsabile per fare memoria dei 74 anni della nostra Repubblica italiana. Buona festa della Repubblica.

 


di Redazione | 02/06/2020

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