Quella di Crotone è stata la prima occasione in cui le esperienze di tutto il mondo nel campo della Teleneuroriabilitazione si sono trovate a confrontarsi. La portata storica della “1° International conference of teleneurorehabilitation” l’hanno rilevata tutti coloro i quali hanno partecipato all’evento scientifico organizzato dall’Istituto S. Anna di Crotone e promosso dalla Sirn (la Società italiana di riabilitazione neurologica) e dalla World federation for neurorehabilitation. Una delle ragioni la spiega il professor Mauro Zampolini - direttore del Dipartimento di riabilitazione della Usl2 e della Struttura complessa di Neurologia dell'ospedale di Foligno: “Nel settore della teleriabilitazione l’Italia ha fatto tanto, soprattutto attraverso progetti europei e ministeriali. È un peccato, però, che a fronte di questa grande attività di ricerca, poi non siano mai state fissate delle regole. In Italia, come in Europa e nel mondo, non ci sono linee chiare”. Ecco perché confrontarsi è importante. “Perché bisogna dare gambe a questi progetti, e inserirli nella pratica clinica, sotto forma di prestazioni. E parlare di tante esperienze e metterle insieme può essere un modo per divulgare questa pratica, che dovrebbe essere sempre più promossa per il futuro”. I vantaggi, infatti, sono tanti: “La teleriabilitazione – prosegue Zampolini – come la teleassistenza, estende la possibilità di mantenere un’attività riabilitativa, che sia anche medica, oltre l’ospedale e anche nelle aree più remote. Supportare il ‘caregiver’ che è già presente, dare indicazioni, stimolare esercizi da fare a casa e monitorarli dalla struttura sanitaria può essere una strategia che rappresenta il futuro”.
Un punto di vista condiviso anche da Michela Agostini, responsabile di Telemedicina dell’ospedale San Camillo di Roma: “I pazienti possono continuare a ricevere lo stesso trattamento a casa loro, con la stessa qualità e gli stessi contatti con i sanitari, senza dover fare la spola con l’ospedale. In questo senso si potrebbe pensare anche ad una dimissione precoce del paziente dall’ospedale, dunque ad un investimento sulla domiciliarizzazione delle cure”. Con ricadute positive per i pazienti, per le famiglie e anche per le casse della sanità. “La sfida è inserirlo nel sistema sanitario nazionale”.
Uno spiraglio in questa direzione lo ha lasciato aperto Giovanni Leonardi, direttore generale del ministero della Salute nel settore della ricerca e innovazione in sanità, dopo essere intervenuto nella Conferenza. La teleneuroriabilitazione è “una strada su cui si sta investigando – ha detto - per essere certi del vantaggio che porta, del valore aggiunto che può dare in termini di servizio ai cittadini. Per questo il ministero della salute ha sponsorizzato presso gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, deputati alla ricerca, un progetto sulla teleneuroriabilitazione che è iniziato nel 2016 ed è in fase di implementazione. I risultati di questa ricerca potranno darci indirizzi più certi sul vantaggio per i cittadini di queste nuove tecniche, e quindi in seconda battuta sull’ingresso nel servizio sanitario come modalità di erogazione delle terapie presso il domicilio”. “Chiaramente – ha aggiunto - i vantaggi sono tanti, specialmente per i pazienti che vivono lontani dai centri di riabilitazione. Il risparmio economico potrebbe esserci, ma l’obiettivo è dare un servizio migliore e più efficiente. Se a questo si affianca anche un risparmio economico, è ancora meglio”.
Leonardi ha visitato le due sedi dell’Istituto S. Anna, e visionato la sala dedicata ad Oberon, il servizio di Assistenza domiciliare integrata di terzo livello per pazienti in stato vegetativo e di minima coscienza che è stato ideato ed elaborato dall’Istituto S. Anna ed è l’unico già attivo in tutta Italia.
Un servizio che ha suscitato grande interesse nei partecipanti alla Conferenza: “Oberon – afferma Zampolini - è un progetto al quale sono molto legato, perché ne avevo parlato diversi anni fa con il professor Giuliano Dolce. È incredibile com’è stato realizzato, con la possibilità di monitorare dall’ospedale di riabilitazione anche i parametri vitali dei pazienti, e poi poter capire quando mandare il medico o il fisioterapista a domicilio. Uno degli elementi lamentati dai familiari dei pazienti con grave cerebrolesione o stato vegetativo è il sentirsi soli o abbandonati. Ebbene questo è un modo per mantenere il contatto e soprattutto avere un punto di riferimento in caso di emergenze o di timori manifestati dalle famiglie”.
di Redazione | 16/05/2019
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