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Rossano (Cosenza) - Cosa c'è nel tuo sguardo?


di LETIZIA GUAGLIARDI - Quando vedi una persona serena te ne accorgi subito: nei suoi occhi c’è una luce che trasmette calma e armonia. Chi possiede questo sguardo ha una vista speciale, un superpotere: vede più chiaro ciò che succede e ciò che è già successo, sorride agli altri, gioisce anche per le piccole cose, è grato alla vita.

Questo sguardo Stefano Leo lo possedeva. Anche la mattina del 23 febbraio, mentre si recava al lavoro.

Anche la persona invidiosa ha un particolare tipo di sguardo. Invidiare significa “guardare male” e non perchè mancano decimi alla propria vista. Lo sguardo dell’invidioso è annebbiato da un misto di malessere e rabbia. Nei suoi occhi si vede scorrere il veleno che divora tutto il suo essere, che lo agita e che lo spinge a punire o a distruggere, addirittura, chi ha la gioia dentro.

Questo sguardo Said lo possedeva. Anzi… questo sguardo possedeva lui. Soprattutto la mattina del 23 febbraio, quando si mise in attesa della “persona giusta” da uccidere con il coltello che aveva comprato apposta.

Le persone invidiose, frustrate e piene di rabbia, invece di guardarsi dentro per vedere come cambiare le condizioni che le rendono tali, si lasciano annientare da questo vizio (che è il peggiore di tutti). Arrivano al punto da desiderare il male o la rovina della persona felice, credendo di rubare per sè un po’ di quella sua ricchezza.

Così dovette pensare il serpente quando, invidioso della comunione armoniosa fra Dio, Adamo ed Eva, rovinò questi ultimi con il veleno dell’orgoglio.

La stessa cosa venne in mente, poi, a Caino, quando vide lo sguardo gioioso del fratello Abele perché le sue primizie erano state ben accette a Dio e la sua offerta invece no.

Idem anche per i sommi sacerdoti, quando si accorsero dello sguardo umile e luminoso di Gesù e lo consegnarono a Pilato, chiedendone la crocifissione.

Comincia sempre da uno sguardo, il resto lo compie tutto il nostro essere.

Abbiamo il diritto a perseguire la felicità e il dovere di allenarci a vivere sereni, perché la serenità é come un muscolo.

Ora, dopo l’episodio di Torino, dobbiamo rivendicare anche il diritto di dimostrare la serenità. Senza la paura di essere uccisi per aver osato tanto.


di Letizia Guagliardi | 10/04/2019

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