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Rossano (Cosenza) - Università-carcere... un solido ponte di carta


di LETIZIAGUAGLIARDI - È fatto di carta – quella dei libri, delle dispense, dei quaderni, dei manuali e dei vocabolari – il ponte che collega l’Università di Cosenza con la Casa di Reclusione di Rossano. Ma è robusto, resistente alle intemperie, come tutte le cose fondate su un terreno solido.

Lo scorso 31 gennaio ho avuto l’opportunità, insieme ai miei studenti, di partecipare all’inaugurazione del nuovo anno accademico nell’Istituto penitenziario ed è stata una gran bella festa, a tratti anche commovente.

Se non avessi vissuto io stessa l’esperienza del carcere – come docente, come tutor-assistente alla preparazione di un paio di esami universitari, come organizzatrice di spettacoli teatrali e come coautrice, insieme a uno dei detenuti, del libro “Sulla linea… la mia vita dietro le sbarre” (Ferrari editore) – … farei fatica a capire come sia possibile, in un luogo così, assistere a tanti piccoli miracoli di rieducazione e di riabilitazione.

Non ripeto qui, in questo post, la descrizione dei bellissimi interventi delle personalità intervenute quella mattina, in rappresentanza dell’Unical e della Casa di Reclusione, perchè l’hanno già fatto i media, fra cui il TG3.

Preferisco, invece, riportare la riflessione che un detenuto ergastolano ci ha letto, facendoci emozionare e sorridere nello stesso tempo.

Questa sua riflessione l’ha chiamata “Il cambiamento attraverso le parole” e qui mi si sono subito drizzate le antenne perchè ho immaginato, già prima che cominciasse a leggere, cosa volesse intendere:

“Quando nel 2004, dopo diversi anni in vari istituti di detenzione, sono giunto a Rossano, ho capito che la mia vita stava cambiando. Ero quasi analfabeta, avevo scoperto di essere  dislessico, eppure mi piaceva seguire la scuola (N.d.R.: nel carcere è presente la scuola media e la sezione di Meccanica dell’ ITIS “E. Majorana”) e soprattutto imparare.

Dalle letture ho capito che le PAROLE che per me sono difficili da leggere, da scrivere o da pronunciare, hanno il potere di CAMBIARE LA VITA, di DARE UN SENSO ALL’ESISTENZA, di REGOLARE I NOSTRI SENTIMENTI.

Vorrei raccontarvi com’è cambiato il mio vocabolario, come nella mia vita da ristretto i muri si allargano, perché in una dimensione senza barriere entrano PAROLE sempre nuove.

Fino a pochi anni fa, nella mia quotidianità di detenuto, sentivo e pronunciavo frasi costruite con massimo 20-30 parole: PASSEGGIO, SALETTA, CELLA, CELLANTE, SPESINO, PORTAVITTO, PIANTONE, ecc.

 Questo mondo ristretto si è poi andato arricchendo di sempre NUOVE PAROLE. Prima anche i giornali che leggevo non riuscivo a capirli e ad apprezzarli. Oggi mi sono familiari i suoni e i significati di SOCIOLOGIA, UNIVERSITA’, SCIENZA, CULTURA, SUBCULTURA…

So distinguere il senso di LIBRO, generico, da VOLUME, MANUALE, SAGGIO…

Il mio libro preferito è il DIZIONARIO.

I miei sforzi quotidiani e le mie energie sono tutti concentrati verso la preparazione, la buona preparazione di un esame. So cosa vuol dire “CONSEGUIRE LA LAUREA” e sentire, anche solo per una volta, il mio nome accanto al titolo di “DOTTORE IN SOCIOLOGIA“.

Mi piace sentire il telegiornale o leggere i giornali e capire se si parla di SISTEMA STATALE, PARLAMENTO, GOVERNO…

Ho scoperto che la MATRICOLA è anche il mio codice identificativo di studente dell’Unical, oltre che l’ufficio dove arrivano le comunicazioni per noi detenuti; che il CELLULARE è anche il telefonino e non solo il furgone blindato usato per le nostre TRADUZIONI in sicurezza, e che anche io posso fare una traduzione in inglese o in spagnolo se solo riesco a impararli come si deve.

Insomma, IO HO CAPITO CHE “SO DI NON SAPERE“, cioè che la conoscenza è un mondo da scoprire. Penso che far germogliare il seme  della scoperta della conoscenza in un’ istituzione totale come il carcere sia il modo migliore per riportare nella giusta dimensione chi, come me, sbagliando ha meritato di essere allontanato e isolato.

L’evasione dentro il carcere, attraverso le nuove parole, i nuovi schemi mentali, è il prodotto della scelta dello studio e non finirò mai di ringraziare chi l’ha autorizzata e tutti quelli (e sono tanti) che mi hanno aiutato e mi aiutano a realizzarla”.

Sono felice di avere accompagnato i miei alunni in questa occasione così speciale: hanno potuto ascoltare con le loro orecchie quanti danni può provocare l’ignoranza e come, invece, ci si può elevare al di sopra di tutte le barriere, al di là delle sbarre, oltre ogni limite.

Non servono superpoteri. Bastano i libri, la sete di conoscenza, la fame di sapere.

Il ponte Università-Carcere è fatto di carta, è vero,  ma… è di una fibra robusta!

Letizia Guagliardi


di Letizia Guagliardi | 06/02/2019

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