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Caloveto (Cosenza) - Ampia partecipazione alla conferenza su San Giovanni Calibita


Nell’ambito dei festeggiamenti patronali si è svolta un’importante iniziativa culturale.  Nella chiesa cittadina, infatti, ha avuto luogo la conferenza, “San Giovanni Calibita e il suo monastero di Caloveto”. A relazionare è giunto nel centro ionico il professore Filippo Burgarella, titolare della cattedra di Storia Bizantina all’Università della Calabria. Il bisogno oggettivo di lasciare un segno della festa patronale 2016. D’altronde, quest’anno ricorre il 1400esimo anniversario dalla nascita di San Giovanni, morto a Costantinopoli nel 450. A organizzare l’evento è stata la parrocchia, in sinergia al Laboratorio Camenzind, formato da un gruppo di appassionati di storia e tradizione locale, che si pone l’obiettivo di difendere e valorizzare il patrimonio storico, artistico e culturale della propria terra, nella consapevolezza che solo difendendo le proprie tradizioni si ha memoria storica e si può costruire un futuro. Folta e interessata la partecipazione di pubblico, proveniente anche dai centri viciniori. Gli onori di casa sono toccati al parroco, don Massimo Alato che, fra l’altro, ha evidenziato la valenza culturale dell’iniziativa, inserita a pieno titolo all’interno delle celebrazioni in onore di san Giovanni . Il compito di introdurre i lavori è toccato a Caterina Palmieri, membro del Laboratorio Camenzind, che, fra l’altro, ha riferito il messaggio del professor Tommaso Greco, dell’Università di Pisa, anch’egli membro del suddetto sodalizio. L’archeologa locale, inoltre, ha tracciato una scheda biografica dell’esimio relatore, Filippo Burgarella. Il docente universitario ha ripercorso le tappe fondamentali della vita del Santo di Costantinopoli, così come tramandata dal Bios, collegandola con il tempo in cui visse, il V secolo, quando la città del Bosforo era capitale dell’Impero bizantino. <<San Giovanni>>, ha evidenziato il prof. Burgarella, <<disprezzava la ricchezza, considerata da lui, su esempio di Giovanni Crisostomo, come un fatto demoniaco, quindi ha preferì farsi mendico e vivere in un tugurio nei giardini della casa paterna. Da qui l’epiteto calibita>>. Il concetto di povertà unisce in un filo ideale la vicenda del Calibita a Sant’Alessio, che probabilmente conosceva la fama del santo costantinopolitano e a San Francesco d’Assisi, che di Sant’Alessio leggeva le ballate. Burgarella, inoltre, ha evidenziato che la fama del calibita fu notevole nel Medioevo, tanto che il suo culto si propagò fino a Besançon, che conserva una sua reliquia, a Roma, nell’isola Tiberina, dove vi è una chiesa a lui dedicata con una reliquia, e a Caloveto. Questo piccolo centro, probabilmente, è quello che conserva meglio di altri il culto di questo santo, che è ricordato anche come possessore di un Evangelo d’oro. Qui, infatti, nel IX-X secolo sorse un monastero a lui dedicato, coevo del monastero di San Luca, in Beozia, nel quale è raffigurato San Giovanni Calybita. Da questo monastero deriva il nome Caloveto e ne abbiamo notizia da un encomio che Giovanni il Rossanese rivolge a san Bartolomeo di Grottaferrata. In questo inno è scritto che Bartolomeo ricevette la sua formazione nel monastero di san Giovanni Calybita a Orito. Il termine Orito significa piccola altura. Ancora oggi i calovetesi parlano di “timpa” di san Giovanni. Che sia lo stesso? Altra suggestione la menzione del Vangelo d’oro. Di tale Vangelo non si ha traccia.

di Redazione | 16/01/2016

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