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Mileto (Vibo Valentia) - Natale 2014, il Messaggio del Vescovo, mons. Luigi Renzo


di ANTONIO IAPICHINO -  “Dalla grotta di Betlemme la nuova umanità”. Questo il tema del Messaggio che il Vescovo di Mileto, Nicotera, Tropea, monsignor Luigi Renzo ha indirizzato ai propri fedeli, ma anche ai sacerdoti e religiosi della sua Diocesi in occasione del Santo Natale 2014. Di seguito si riporta integralmente il messaggio del Presule: <<“Un Bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio!”: ciò che il profeta Isaia (9,5), guardando al futuro, dice a Israele come messaggio di consolazione, a distanza di secoli gli angeli lo annunciano ai pastori come evento presente con le parole: “Oggi nella città di Davide vi è nato un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,11). La promessa si è realizzata. Con la nascita di Gesù, la nuova umanità ha messo piede nella grotta di Betlemme. Il teologo medievale Guglielmo di S. Thierry ha scritto: “Dio, a partire da Adamo, ha visto che la sua grandezza provocava resistenza nell’uomo in quanto questo si sentiva limitato nel suo essere se stesso e minacciato nella sua libertà. Dio, pertanto, per non farlo sentire in sofferenza, ha voluto scegliere una via nuova per entrare in contatto con lui: si è fatto Bambino. Si è reso dipendente e debole, bisognoso del nostro amore. Ora - ci dice quel Dio fatto Bambino - non potete più avere paura di me. Ormai potete solo sentirvi amati ed amare”. I pastori, obbedendo all’angelo, sono andati a cercare quel bambino ed hanno incontrato il Salvatore. Si sono lasciati avvincere dalla tenerezza, dall’umiltà e dalla umanità di quel bambino ed hanno trovato essi stessi pace e salvezza. Si sono sentiti uomini accolti da Dio. Cosa poteva esserci di più importante della nascita del Messia atteso da secoli? Eppure il più grande evento della storia, l’incontro di Dio con l’uomo è stato ignorato ed è passato inosservato ai più. Anche agli addetti ai lavori. Solo pochi se ne accorgono e, per di più, si tratta di poveri pastori, di quelli che nella società contano di meno, sono gli ultimi di sempre, le periferie esistenziali. Questi hanno il cuore in vigile attesa e si sono saputi accorgere che l’umanità si era arricchita di un uomo speciale, povero e senza nulla, ma traboccante di amore. Il segno che Dio ci dà con il Figlio che si incarna non è eclatante da determinare uno scoop degno di notizia. “Ecco il segno - dice l’angelo ai pastori - troverete un bambino avvolto in fasce adagiato in una mangiatoia”. Cosa c’è di più umano, di più semplice, ed insieme di più provocatorio della nascita di un bambino? Dio è uno che interpella, provoca e attende con pazienza. Non cerca spavalderia e spettacolarità. Nasce nel nascondimento e si rivela al cuore. Di quale Salvatore siamo in attesa in questo Natale, in grado di provocare in noi risposte significative e per noi risolutive? Quale Gesù mettiamo nel presepe di casa, o quale Gesù desideriamo trovarvi? In tempi come quelli che stiamo vivendo, tempi di sfiducia e di crisi di valori e di lavoro, con un tasso di disoccupazione giovanile galoppante; tempi in cui l’unica cosa che conta è l’apparire, il benessere materiale, il tecnicismo, l’anonimato delle leggi e delle regole; tempi in cui l’uomo sembra sparito dalla società, sacrificato ai meccanismi del profitto ad ogni costo, cosa può dire e dare il Bambino di Betlemme, che forse ancora continua a non trovare un luogo dove venire ad abitare? Malgrado ciò, comunque, a questa umanità così malata e mal ridotta, Dio continua a presentarsi come un bambino debole ed indifeso, umile e fatto di terra, che guarda all’uomo dal basso per amarlo con l’intensità e la forza di chi viene per lavare ancora i piedi e consegnarsi liberamente alla morte come atto supremo di amore. Quel Bambino, incapace di parlare, ci porta la più sconvolgente e bella delle notizie, di cui l’uomo ha estremamente bisogno per una sua giusta dimensione: Dio ci ama con una tenerezza senza pari e ci dona la forza di diventare a nostra volta amore per gli altri. Il Bambino di Betlemme, con la sua umanità povera, viene a ricordarci che Dio non si è stancato di noi e che anzi si offre a riempire il nostro vuoto di amore, di amicizia, di solidarietà. La nascita del Figlio di Dio unisce il cielo e la terra, elimina le distanze, colma l’abisso in cui siamo caduti a causa della nostra superbia e della disobbedienza del peccato. Gesù si mostra a noi come uomo vero per aiutarci a ristabilire anche tra di noi uno stile di rapporti tra uomini veri e non più disumanizzati dal profitto e dalle gabbie dei poteri. Incontrare Gesù significa ricuperare l’uomo, significa impegnarci per il bene>>.  

di Redazione | 22/12/2014

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