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Brescia (Brescia) - Da Altamura a Brescia: la Civiltà del Pane


di FRANCESCO LENOCI* - Brescia capitale mondiale del Pane per sei giorni” è il titolo apparso su vari siti e giornali nei giorni scorsi. Fa riferimento alla marcia di avvicinamento  di Brescia (Leonessa d’Italia) verso EXPO 2015, in particolare alla circostanza che, dal 1° al 6 dicembre 2014, oltre 100 professori provenienti dagli atenei di tutto il mondo si sono riuniti e si riuniranno nell’aula magna della sede bresciana dell’Università Cattolica, per discutere sul tema “La civiltà del Pane. Storia, tecniche e simboli dal Mediterraneo all’Atlantico”.   Tra i prodotti alimentari il Pane è da sempre uno degli elementi fondamentali per il sostentamento delle società del pianeta. Essenziale nella “dieta mediterranea” e per questo incluso nella lista Unesco del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, il Pane è talmente rilevante da essere un vero e proprio indicatore di “civiltà” come solamente pochi altri prodotti, frutto del lavoro e dell’ingegno dell’uomo, possono vantare. È, altresì, l’alimento che sin dall’età antica presenta le maggiori implicazioni culturali, simbolico-religiose, tecnico-produttive e consumistico-commerciali da essere ancora oggi al centro di un vivacissimo dibattito medico-dietetico, oltre che economico e produttivo a livello mondiale. Intorno al Pane si è sviluppato un modello di civiltà che continua ad essere fattore di sviluppo, di nutrimento, di dialogo e di concordia fra i popoli.   Di tutto ciò avevo parlato anch’io, il 28 novembre 2014, ad Altamura (Leonessa di Puglia), presso il Teatro Mercadante, nel Convegno organizzato da GAL Terre di Murgia e Istituto Tecnico Commerciale Statale “Francesco Maria Genco” di Altamura, con il patrocinio dell’Associazione Regionale Pugliesi di Milano.   Quali premi, per la mia relazione, avevo ricevuto una targa dalla dirigente Rachele Cristina Indrio e un Pane di Altamura DOP di 12 kg da Beppe Digesù e Luigi Picerno.   Cosa avevo detto di tanto speciale per meritare simili Premi?   Avevo parlato di EXPO e FUORIEXPO 2015, avevo dissertato sulla valenza del Pane, avevo raccontato emozionanti storie sul Pane, avevo declamato l’inedita poesia sul Pane di Altamura di Donatella Bisutti.   Indossando il berretto da economista, avevo anche urlato ciò che era solito affermare Lewis Carroll: “Nel Regno della Regina Rossa per mantenere il proprio posto, occorreva, come adesso, correre a più non posso; per andare da qualche altra parte, occorreva, come adesso, correre almeno il doppio”.   “Quando”, avevo aggiunto, “ad Altamura, per mantenere il vantaggio competitivo di essere capaci di produrre un alimento impareggiabile come il Pane di Altamura DOP, occorre correre almeno il doppio? Adesso, starsene freddi e morti è inconcepibile! Adesso, non crescere è un errore! Adesso, non sognare è un errore blu!   Ne sono più che convinto: se non si sogna, non si progetta; e se non si progetta, non si realizza”.   Ciò premesso, avevo indicato il percorso da seguire.   “Gli obiettivi strategici del Pane di Altamura DOP sono suddivisibili tra uno di natura fondamentale (l’aumento della quota di mercato) e cinque funzionali per il perseguimento dello stesso: generazione di risorse finanziarie, ristrutturazioni e nuove aperture, soddisfazione del cliente, valorizzazione dei collaboratori, attenzione all’ambiente.   Durante il processo di creazione del valore verranno incrementati, consumati o utilizzati sei capitali, che occorre individuare e tenere sotto controllo: capitale finanziario, capitale materiale e infrastrutturale, capitale organizzativo, capitale umano, capitale relazionale/sociale, capitale naturale.   Il capitale finanziario concerne l’insieme dei fondi liquidi nella disponibilità dell’azienda o del fornaio da utilizzare nello svolgimento dell’attività. Vanno distinti per natura della fonte (debito o patrimonio netto).   Il capitale materiale e infrastrutturale concerne gli immobili di proprietà o in leasing, le sedi dei punti vendita, le sedi amministrative, i locali in cui l’azienda o il fornaio svolge la propria attività, le attrezzature e i macchinari necessari per lo svolgimento dell’attività.   Il capitale organizzativo comprende i processi e le procedure interne, largamente basate sulla conoscenza, per la gestione dell’azienda o del forno e le attività volte a garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti venduti.   Il capitale umano è il patrimonio di competenze, capacità e conoscenze di coloro che prestano la loro opera nell’azienda o nel forno, nonché dei dirigenti o dei titolari.   Il capitale relazionale/sociale è costituito dalle risorse intangibili riconducibili alle relazioni dell’azienda o forno con soggetti esterni chiave (clienti, fornitori, soggetti istituzionali) necessarie per valorizzare l’immagine, la reputazione e la soddisfazione dei clienti.   Il capitale naturale identifica le attività dell’azienda o forno che impattano positivamente o negativamente sull’ambiente naturale.   Tornando all’obiettivo strategico fondamentale, avevo affermato che “In conformità al Protocollo di Milano, l’aumento della quota di mercato deve avvenire in maniera sostenibile. Scopo dello sviluppo sostenibile è di soddisfare i bisogni dell’attuale generazione, senza compromettere la capacità di quelle future di soddisfare i propri bisogni”.    Mi ero immediatamente reso conto dai volti degli studenti, dei loro genitori e dei loro docenti, nonché degli artigiani e imprenditori ed esponenti delle istituzioni che gremivano la platea e i palchi del teatro, che avevo fornito una definizione tecnica,  vale a dire priva di calore umano.   Come sempre, ho rimediato al volo, citando la meravigliosa definizione di sostenibilità di don Tonino Bello: “La terra non ci è stata data in eredità dai nostri padri, ma l’abbiamo ricevuta in prestito dai nostri figli”.   Così facendo, ho ricevuto il più caloroso degli applausi e ho meritato i Premi. *Docente Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano; Vicepresidente Associazione Regionale Pugliesi – Milano

di Redazione | 05/12/2014

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