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Rossano (Cosenza) - E’ arrivato il nuovo Arcivescovo. Mons. Giuseppe Satriano è stato accolto da una folla di fedeli


di ANTONIO IAPICHINO - Il nuovo Arcivescovo della Diocesi Rossano – Cariati ha preso possesso della Cattedra. E’ giunto in Calabria nella mattinata di ieri. Verso le 9.15, presso la parrocchia "Corpus Domini" di Torricella (frazione di Corigliano), sulla Strada statale 106 il presule ha effettuato la prima tappa, con il “bacio della terra”, poi, ha raggiunto Rossano (sempre in mattinata) per la visita-incontro al carcere. Nel pomeriggio la Solenne Celebrazione Eucaristica, anticipata dagli interventi pubblici in Piazza Steri. Una gran folla di fedeli e di rappresentanti istituzionali ha voluto dare il benvenuto al nuovo Arcivescovo. Di seguito si riportano il saluto dell’Amministratore diocesano, mons. Antonio De Simone, l’omelia di ingresso canonico dell’Arcivescovo, il saluto istituzionale del sindaco della Città di Rossano, Giuseppe Antoniotti e i ringraziamenti finali del nuovo Pastore della chiesa di Rossano Cariati: SALUTO DELL’AMMINISTRATORE DIOCESANO, MONS. ANTONIO DE SIMONE: <<Padre Arcivescovo Giuseppe Satriano, martedì 15 luglio, ore 12,00, in questo tempio, con l’annunzio della nomina del nuovo Arcivescovo, ha echeggiato il Suo Nome   ed il Suo primo saluto epistolare.  Oggi, 26 ottobre, dopo le emozioni ed il calore dei primi indimenticabili incontri e messaggi, Lei entra nella Sua Chiesa, e dà inizio al ministero apostolico. Dalla Diocesi, in questi mesi, descritta, pensata, “amata da subito”, Lei da quest’oggi è nella Diocesi vissuta, nella sua realtà esistenziale. Da ora, Lei, canonicamente inizia a vivere, a camminare con essa, cioè: con noi. Entra nel tessuto della nostra storia e vita di fede, diventandone custode (Sal 23,4),   guida (Sal 23,3), sostegno (Is 40,11), nutrimento (Sal 23,1-2). Con la preghiera, la Diocesi ha chiesto, e con ansia ha atteso, la continuità della presenza vescovile ed ora, l’Arcivescovo atteso, eletto, consacrato, è tra noi, per noi, con noi; e La accogliamo nella sua qualità di successore degli Apostoli, e in Lei, Vicario di Cristo, la Diocesi continua ad avere Gesù “contemporaneo”,   il maestro autentico della Parola, la fonte della comunicazione della grazia, la guida sicura al cammino di fede nella realtà dell’oggi. È per questo che La accogliamo con gioia, carica di speranza! Ma, soprattutto, con fede, amore, disponibilità, perché a Lei non manchi la “docilità del Suo gregge” ed a noi, la “sollecitudine del proprio Pastore”.  Anche noi, Arcivescovo Giuseppe, La vediamo “bello”, carico di simpatia, autorevole, moderno, vivace.   Di queste doti e di questa amabilità, tutti, Sacerdoti e Fedeli, ne abbiamo avuto un saggio, in questi mesi. L’ingresso del nuovo Arcivescovo è sempre un’aurora di speranza, che sorge all’orizzonte della Diocesi. Nell’accoglierLa, eleviamo, anzitutto, un rinnovato, duplice pensiero di gratitudine · al Signore per la fedeltà alla promessa fatta ------ Pastores Dabo Vobis e ora mantenuta:    Pastorem dat nobis! · al Santo Padre Francesco, per aver assicurato la continuità apostolica a questa Diocesi.  Non possiamo, inoltre, non ricordare, con gratitudine ed affetto, la successione ininterrotta dei Suoi recenti predecessori: l’Arcivescovo Giovanni Rizzo, i Vescovi Salvatore di Salvo e Santo Bergamo, l’Arcivescovo Antonio Cantisani, presente fra noi, gli Arcivescovi Serafino Sprovieri ed Andrea Cassone, Santo Marcianò. L’Arcivescovo Santo Marcianò è presente nel cuore della Diocesi, non solo sul filo della memoria, ma ancora di più nelle pieghe dell’affetto di tutti e di ciascuno. Gratitudine e filiale affetto che, mese dopo mese, giorno dopo giorno, si irrobustiscono e si dilatano con crescente consapevolezza “per quanto, da Lui, rianimato, rinnovato, realizzato ed avviato nel suo servizio episcopale per noi e fra noi”. Cosa trova. Trova una Diocesi geograficamente piccola, ma, proprio per questo, a misura d’uomo, e quindi più facilitata a fare comunione   ed a sentire, tutti, il “fiato” del Pastore. Una Chiesa in cammino sul secolare tratturo percorso dai nostri Padri.   Una Chiesa ricca, non solo di storia, ma adorna di tante e diverse potenzialità   e che, nella sua orografia socio-religiosa, vive le stesse ansie, attese, speranze che caratterizzano l’oggi della Chiesa in Italia: una Ecclesia, tota Ecclesia. Chiesa “locale” non tanto in senso giuridico, ma soprattutto in senso “vitale”, cioè dove, attorno al Vescovo, col Vescovo, si vive e si manifesta il mistero della Chiesa, Madre e Maestra: “lievito” evangelico, comunità “in missione”, rispettosa delle diversità etnico-religiose, presenti nel territorio. Il Vescovo, per tutti, fratelli in umanità e fratelli di fede, sarà punto di riferimento e di confronto, spirituale ed etico, nella sana “laicità”, a fronte delle povertà sociali, vecchie e nuove,   delle devianze, delle ingiustizie, del depauperamento istituzionale in corso. Una Chiesa in cammino… attratta dalla bellezza della meta (Evangelizzazione e Missione) ma esposta ai rischi e ai condizionamenti propri del “camminare”: · mantenere l’equilibrio in ogni passo, nel passaggio dalla posizione statica al movimento; · errori di percorso; · imboccare strade sbagliate e perdere la luminosità della meta; · camminare contro senso e con serbatoio in rosso; · incidenti… e forature; · disattenzione colposa della segnaletica. Non siamo la “Chiesa dei perfetti”, ma, pur sempre Chiesa ricca di potenzialità, pronte a diventare realtà. Trova tante qualità e buona volontà, sollecite a seguire il suo Pastore, anche se attraverso le tappe del combattimento della fede e i passaggi della umana fragilità. Questa sera, continua, si riprende il cammino, sicuro, fiducioso, sereno, condotto dal Divino Pastore, Gesù, ma attualizzato, qui ed ora, da Lei, Padre Arcivescovo Giuseppe, Pastore della Chiesa che ci guida. La Pastora Madre, la Santissima Achiropita, l’Odigitria,  come nei secoli, continuerà ad affiancare e a vegliare sui passi, sull’incedere di questa Chiesa. Promettiamo di rapportarci con il Suo ministero episcopale come Alleanza pastorale, in analogia con l’Alleanza biblica del AT e del NT: fedeltà, ubbidienza, docilità, conformità a Cristo Signore, col cuore di Paolo e sul modello dei nostri Santi Protettori. Chi siamo?  · Ecco il clero, fresco di età, acculturato, ricco di potenzialità e capace di prestazioni pastorali efficaci, valide ed attese. ·       Ecco le Comunità dei Religiosi e delle Religiose, dei Consacrati e delle Consacrate. La loro presenza in Diocesi, come “acqua sotterranea della Chiesa”, con la preghiera irriga le attività pastorali, con la scelta di vita dà un’anteprima del Regno dei cieli. · Ecco i Fedeli laici in Cristo, che, con crescente impegno, curano la loro formazione ed, attraverso la variegata e motivata famiglia delle Aggregazioni Laicali, vivono il loro sacerdozio battesimale nella Comunità con un ruolo attivo e propositivo. Non è una Diocesi sonnolenta, né trionfante. Viviamo nella umanità,   nel tempo,   in questo tempo ed aperti alle esigenze ed attese del territorio,   da dove si guarda alla Chiesa con grande rispetto e speranza. Le nostre promesse: · umiltà, sobrietà: “Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa di Israele” (Ger 18,6); ·  amare questa Chiesa, servire, vivere in comunione: perché   unus cristianus, sarebbe nullus cristianus. La Diocesi saluta: ·  Le Onorevoli Autorità civili e militari della Regione, della Provincia, dei Comuni e di tutte le Istituzioni operanti nel territorio: la Vostra presenza dà decoro a questo evento ecclesiale e, nel contempo, dà visibilità alla rispettosa, reciproca collaborazione nell’impegno per il bene comune; · Saluta l’Arcivescovo Metropolita, Mons. Salvatore Nunnari, Presidente della CEC ed Arcivescovo di Cosenza-Bisignano; l’Episcopato calabrese; l’Arcivescovo Mons. Antonio Cantisani; il Vescovo Mons. Francesco Milito, qui presenti; · Saluta, con gratitudine, la Chiesa di Dio che in Brindisi-Ostuni, nella persona del suo Arcivescovo Mons. Domenico Caliandro, presente spiritualmente in mezzo a noi e con particolare affetto (non senza un paterno rammarico), vicino spiritualmente all’Arcivescovo Satriano. · Un saluto e un grazie a Mons. Rocco Talucci, Arcivescovo emerito di Brindisi-Ostuni, che ci onora della Sua presenza per condividere la santa letizia di questo evento. · Ancora, un saluto ai Sacerdoti e ai Fedeli della Diocesi di Brindisi-Ostuni qui, numerosi, a condividere la nostra gioia, pur con animo nostalgico e ricco di tanti ricordi ecclesiali vissuti con, ormai, il nostro Arcivescovo. “Ti salutano i figli della tua sorella” (2 Gv, 13), la Chiesa di Rossano-Cariati. ·  Alla signora Giovanna Mastropierro Satriano, mamma dell’Arcivescovo; alla sorella, ai fratelli ed ai congiunti, un grazie particolare per tutto ciò che siete stati per l’Arcivescovo Giuseppe: il nostro affetto e le nostre cure si sommeranno ai vostri sentimenti per il Figlio e congiunto Arcivescovo. Un pensiero orante per il venerato “papà Luigi”. La gioia, il benvenuto, il saluto – ringraziamento, del Clero e della Comunità Diocesana tutta, b e n e a u g u r a n d o, e sostanziato da questi sentimenti, ora si fa preghiera>>. OMELIA INGRESSO CANONICO MONS. GIUSEPPE SATRIANO <<E’ bello e gioioso essere qui con voi, sorelle e fratelli di Rossano-Cariati, per vivere insieme un’altra avventura di Chiesa. Oggi il Signore ci chiama a rispondere con generosità al Suo appello d’Amore, e con il Suo sguardo colmo di fiducia per tutti noi ci esorta ad essere ambasciatori di speranza con la vita, non solo per la nostra Chiesa ma per tutto il mondo. Saluto con affetto grande ciascuno di voi che, prendendo parte a questa celebrazione, ha accettato la sfida del sacrificio, del viaggio, ma anche la gioia della condivisione, della relazione con tanti, della preghiera comune. Saluto con voi le Sorelle Clarisse e Agostiniane dei nostri monasteri di clausura che ci accompagnano con la preghiera e il dono della loro vita. Un abbraccio a tutti gli ammalati, i carcerati e le persone lontane che non possono essere qui: Dio benedica tutti voi. Desidero esprimere filiale gratitudine a Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Salvatore Nunnari, nostro Metropolita, per aver voluto accettare l’invito a porre, nel gesto della consegna del pastorale, quel segno di continuità da cui iniziare a camminare insieme, nella gratitudine verso un passato che sempre è da riscoprire, come benedizione e luce per il presente. Rivolgo un sentito e cordiale saluto a S.E. Mons. Santo Marcianò, mio predecessore nell’episcopato, che sento vicino e raccomando insieme con voi al Signore per il nuovo e delicato ministero affidatogli, e al caro e mai dimenticato S.E. Mons. Antonio Cantisani. Eccellenza, rivolgendomi a Lei con affetto filiale, desidero abbracciare col cuore tutti i pastori, che negli ultimi decenni di storia, hanno donato la loro vita a servizio di questa amata Chiesa: S.E. Mons. Serafino Sprovieri, che ho sentito e ci accompagna con la sua paterna preghiera, e S.E. Mons. Cassone, sepolto in questa Cattedrale, che dal cielo intercede per noi. Non da ultimo, esprimo affetto riconoscente, sicuro di interpretare i sentimenti di ciascuno, a Mons. Antonio De Simone che ringrazio per il bello e simpatico indirizzo di saluto ma soprattutto per la saggezza con cui ha saputo reggere le redini di questo cammino ecclesiale nei lunghi mesi di attesa: grazie don Antonio, dal profondo del cuore. E’ da questa storia fatta di volti, di luoghi, di relazioni che nascono quei percorsi di chiesa che fanno maturare frutti gustosi e colmi di grazia come le due figure episcopali di S. E. Mons. Francesco Milito, che è qui con noi e che saluto con affetto, e di S.E. Mons. Luigi Renzo, impossibilitato ad essere qui, che ringrazio per la vicinanza espressa. La Parola di Dio ci viene incontro e illumina questa assemblea conviviale divenendo nutrimento per il cammino che ci apprestiamo a riprendere insieme. L’odierna liturgia ci offre la più alta celebrazione dell’Amore di Dio che dev’essere posto al vertice della nostra scala di valori e, amato “con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente” (Mt. 22,37). E’ Lui la fonte, la realtà sorgiva del nostro esistere di uomini e di credenti. Tutta la vita dev’essere protesa verso di Lui pena il vuoto, il non senso, l’inquietudine, il baratro. Con slancio sublime, il salmo 17 afferma: “Ti amo, Signore, mia forza, … mia roccia … mio Dio, mia rupe in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo”. Questo non è un amore alienante; non è una relazione priva di concretezza; non è un impoverire la vita umana per orientarla verso un orizzonte aleatorio e consolante. Nel rispondere alla domanda provocatoria, Gesù va al fondamento della vita del credente citando anzitutto lo Shema‘ Jisra’el, il comandamento che il credente ebreo ripeteva e ancora oggi ripete tre volte al giorno: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua vita e con tutta la tua mente” (Dt 6,4-5), aggiungendo: “Questo è il grande e primo comandamento”. Ma il Cristo va oltre e accosta al comandamento dell’amore per Dio quello dell’amore per il prossimo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Lv 19,18). Egli mette in evidenza che amore di Dio e amore del prossimo sono in una relazione profonda tra loro, non l’uno senza l’altro, non alternativi, bensì complementari. E’ qui l’originalità della risposta di Gesù che non sta nel semplice riaffermare la priorità dell’amore di Dio su tutte le cose ma l’aver reso “simile” l’amore del prossimo all’amore verso Dio: “Il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt. 22,39). Rispondendo così, sembra che Gesù abbia deviato la risposta alla domanda postagli su quale fosse il più grande comandamento. Egli, in realtà, consegna al dottore della Legge un unico nuovo comandamento, mantiene in unità le due forme d’amore che sono l’una il richiamo dell’altra. Miei cari fratelli e sorelle quest’affermazione di Gesù è semplicemente meravigliosa: non si può amare Dio se non si ama ciò che Egli ama. Gesù è deciso nell’aprire uno squarcio di novità e nel fare sintesi tra ciò che era l’insegnamento della Legge mosaica (amare Dio come realtà prima ed assoluta) e quanto affermano i Profeti dell’Antico Testamento (l’amore del fratello, della sorella, del povero). Sarà l’Apostolo Giovanni a riprendere questo testo esplicitando con chiarezza nella sua prima lettera: “Se uno dice: ‘Io amo Dio’ e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1Gv 4,20-21). Il nostro camminare insieme verso l’incontro con Dio incomincia proprio dal nostro incontrare e amare i fratelli. E’ qui il compito a casa per tutti noi, che ci diciamo discepoli di Cristo: rendere vivo e operante nella nostra vita quanto abbiamo ascoltato. Del resto, la prima lettura tratta dal Libro dell’Esodo, ci fa cogliere come già nella cultura veterotestamentaria si sentisse forte l’esigenza dell’amore del prossimo “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, … Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido, … Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio … Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle … Altrimenti, quando griderà verso di me, io l’ascolterò, perché io sono pietoso» (Es 22,20-26). Parole forti. Esse delineano un chiaro pensiero che mette al centro la persona con le sue esigenze e i suoi bisogni, e che pone come riferimento ultimo Dio e il suo amore per l’uomo: potremmo definirlo un “umanesimo teocentrico” per usare una parola difficile ma efficace. Tempo fa qualcuno affermava erroneamente “Se Dio esiste l’uomo è nulla” (J.P. Sartre). Forse è vero il contrario e cioè che solo riscoprendo Dio al centro del nostro esistere credente e sociale, riusciamo a valorizzare la persona. L’uomo che viene amato, non si ritrova naufrago e schiavo di altri esseri umani o, ancor peggio, delle stesse cose. D’altro canto è pur vero che facilmente si parli di amore per Dio; spesso la nostra religiosità intimistica e devozionale, ci porta a godere di un facile rapporto con Lui tutto proteso a forme esteriori, spesso ricche di sentimento, di affetto ma vuote di un reale ascolto della Sua volontà che non porta ad una vita obbediente alla Sua Parola. Se così fosse il rapporto con Dio è esposto al rischio dell’idolatria, Dio viene ridotto ad un oggetto del nostro amore e ci ritroviamo ad amare un’immagine di Dio che noi abbiamo plasmato, un idolo, e non il Dio vivente che si è rivelato a noi in Cristo Gesù. Carissimi, ecco la sfida che ci attende all’inizio di questo cammino: ciascuno di noi, me Vescovo, voi presbisteri, voi fratelli e sorelle che avete consacrato l’esistenza al Signore nelle varie forme della vita religiosa e voi laici che nel battesimo avete immerso la vostra vita in Dio, tutti siamo invitati dalla Parola ad essere testimonianza verace e feconda di un sincero amore per Dio e di un trasparente amore per l’uomo e soprattutto per l’uomo che è nella fatica del vivere. Oggi, a noi, il Signore chiede di edificare una Chiesa credibile nell’amore, lontana da risentimenti e vendette, scevra da superficialità e mediocrità, protesa con gioia a volare alto per le vette inebrianti della comunione, della condivisione, della solidarietà. E’ nell’amore il nostro sogno e la nostra profezia di gioia, di felicità; solo lasciandoci mettere in cammino su questo sentiero potremo riscoprire Dio e l’altro come vera sorgente dell’esistere. Non temiamo di perdere l’abito vecchio, il nostro io ferito, il Signore ne ha tessuto uno nuovo ricco di benedizione, che già risplende alla Sua luce. Auguri miei cari fratelli e sorelle, nella fiducia reciproca stringiamoci l’uno all’altro. Confidiamo nella Sua infinita misericordia e nell’intercessione dei nostri Santi Patroni: penso in particolare a S. Nilo che tanto fece per la comunione in queste terre. La Vergine Maria che veneriamo con il titolo di Achiropita, Colei che non è fatta da mani d’uomo, ci renda docili alla Parola e consapevoli che solo aprendoci al vero amore possiamo sperimentare la grande dignità e la meravigliosa bellezza di ciascuno: buon cammino e buona vita a tutti. Sia lodato Gesù Cristo>>. SALUTO ISTITUZIONALE DEL SINDACO di ROSSANO, GIUSEPPE ANTONIOTTI <<Reverendissimo Monsignor Giuseppe Satriano,  in questo giorno così speciale per Lei e per tutti noi voglio, innanzitutto, porle il più affettuoso e sincero benvenuto a Rossano a nome mio, dell’Amministrazione comunale e dell’intera comunità rossanese. Benvenuto nella sua nuova casa! Siamo certi che la troverà confortevole e colma di calore e dei valori dell’ospitalità di cui la nostra comunità è millenaria custode. Benvenuto nella Città del Codex, celebre nel mondo per la sua storia e la sua peculiare unicità. Benvenuto nella Patria di San Nilo Abate, figura emblematica nella storia della Chiesa e d’Europa. Un uomo che, attraverso il suo esempio maturato tra la gente di questa terra, ha contribuito in modo inequivocabile allo storico percorso di unificazione della Chiesa d’Oriente e quella d’Occidente. Processo di cui la Città di Rossano continua a conservare memoria nelle celebrazioni della Settimana Santa e in particolare nella Domenica delle Palme, quando, nella vicina chiesa di San Bernardino, proprio alle nostre spalle, si ripropone l’antico rito dell’ufficio delle letture in lingua greca. Benvenuto in questa Comunità, dove i vescovi sono di casa da ben quattordici secoli. Eccellenza, oggi Lei arriva in una Città antica e allo stesso tempo moderna, che nei secoli si è sviluppata attorno alla sua storia, che racconta della presenza di questa gente già 1.100 anni prima della venuta di Cristo.  Dunque, una realtà sociale antichissima, pregna di identità e tradizione, che ha costruito e ricostruito con sacrifico e fierezza, propria dei rossanesi, la sua epopea. Per lunghi secoli, e ancora oggi, la nostra Cattedrale, dedicata alla Vergine Maria, qui venerata con il Titolo di Achiropita, è stata l’emblema della costruzione materiale ma anche morale e sociale di Rossano. Un luogo sacro, miracolosamente protetto, nella sua quasi totale interezza, dagli atroci terremoti che hanno scosso questa terra e dai bombardamenti aerei della seconda Guerra Mondiale. Non a caso oggi, Eccellenza, la nostra comunità La ha accolta ai piedi della stele dedicata alla Vergine, eretta nel cuore del Centro storico. Un gesto che rimarca quello stretto legame che da tempo immemore lega la nostra Città alla devozione e al culto di Maria Madre di Dio.  Oggi Lei giunge come nuova guida spirituale della nostra comunità e arriva, tra l’altro, in un contesto storico, locale e nazionale, particolarmente difficile e problematico, non solo per le istituzioni civili, ma anche per la stessa Chiesa. Eccellenza, La saluto e le rivolgo il mio augurio, consapevole anche del delicato compito di cui è stato investito da Papa Francesco. La saluto con deferenza e rispetto, consapevole come sono, e come siamo, dell’importanza del ruolo della Chiesa diocesana nella nostra società: che porta con sé quell’attaccamento sincero alla fede nei principi cristiani e cattolici. Come dicevo, parte da qui il Suo cammino di conoscenza di questa grande comunità sociale, che si estende da Tarsia a Cariati, contando quasi 150mila abitanti.  Le saremo vicini, Eccellenza, nei momenti di gioia ma, soprattutto, nelle difficoltà che Le si prospetteranno sul Suo cammino pastorale. Da Sindaco di Rossano, con Lei Padre Arcivescovo, condivideremo insieme i problemi e le virtù di questa nostra Città, con la familiarità e la solidarietà necessarie a lavorare in sinergia per la crescita della nostra terra. A proposito, mi sia permesso di salutare, congiuntamente alle altre autorità ecclesiastiche presenti oggi a questa solenne cerimonia, l’Amministratore diocesano, Mons. Antonio De Simone, che in questi undici mesi di vacanza della sede arcivescovile ha retto paternamente e con grande responsabilità le redini della Chiesa di Rossano-Cariati. A Lei, carissimo Don Antonio, che ha sempre garantito massima disponibilità e collaborazione, un ringraziamento sentito, sicuri che continuerà ad essere un punto di riferimento prezioso.  Dal maggio 2011, da quando questa Città mi ha eletto Primo cittadino, il cammino da Sindaco è stato oggettivamente in salita e colmo di difficoltà. Tre anni e mezzo costellati di emergenze, aggravate dalla costante crisi economica. Sin dall’inizio del mio mandato ho sempre privilegiato e cercato un rapporto di costante confronto con la Diocesi e principalmente con il Suo Vescovo. Un metodo di collaborazione che ha portato a grandi risultati e che ho intenzione di continuare a perseguire ancora con maggiore decisione. La Chiesa ha bisogno delle Istituzioni, così come le Istituzioni hanno necessario bisogno della Chiesa, per rafforzare la essenziale rete dei servizi sociali e per dare, soprattutto in questo particolare momento di crisi, le migliori risposte ai cittadini. In questo tempo non si può pensare di Governare una comunità se non si mettono al primo posto le sue esigenze, soprattutto quelle che mirano a soddisfare i servizi per gli indigenti e i più bisognosi. Noi sindaci, conosciamo bene i problemi che ha causato la pesante crisi economica, nella quale siamo ancora coinvolti. Quegli stessi problemi che si riversano quotidianamente e in modo indelebile sui singoli cittadini. La crisi, purtroppo, sta minando pericolosamente la credibilità della democrazia e in molti casi anche quella delle Istituzioni. Siamo coscienti del fatto che, chi come noi è chiamato a sovrintendere ai bisogni della gente, non è più in grado di programmare il futuro e di dare le giuste risposte all’incessante richiesta di lavoro e dignità.  Ecco perché il compito arduo che attende tutti, compresa la Chiesa, è anche quello di restituire credibilità al ruolo che ciascuno di noi è stato chiamato a ricoprire, all’Istituzione di cui siamo responsabili e al servizio per cui ci siamo impegnati, ciascuno nel proprio campo e con il proprio ruolo. In questa direzione abbiamo lavorato costantemente, gomito a gomito, anche con il suo predecessore, Mons. Santo Marcianò oggi Ordinario Militare d’Italia. Così come ebbi a ricordare in altre circostanze, Marcianò nella sua esperienza di Concittadino rossanese e Pastore della Diocesi, ha tracciato un solco indelebile, profondo e durevole nella vita sociale della nostra comunità. Un uomo ed un sacerdote il cui positivo operato rimarrà impresso nella storia di questo territorio per anni. Rimarranno incancellabili le opere e gli interventi sociali che la Diocesi di Rossano-Cariati ha realizzato negli ultimi otto anni, anche con il contributo fattivo di questa Amministrazione comunale.  Come non menzionare l’attivazione delle mense e dei centri di accoglienza Caritas, a Rossano e nel territorio. O ancora la casa di accoglienza per le ragazze madri, nel Centro storico, e le decine di interventi effettuati a sostegno dei bisognosi e dei poveri. Ci siamo impegnati concretamente ed in modo sinergico. Certo, abbiamo avuto la convinta paura che l’addio di un Buon Pastore come Don Santo potesse smarrire le tantissime anime, soprattutto i giovani, che negli ultimi anni erano ritornate a vivere con entusiasmo la vita della Chiesa. Ma Papa Francesco e la Divina provvidenza hanno fatto sì che ciò non avvenisse, mandando a capo di questa Chiesa Lei, Mons. Satriano, sacerdote dedito al  servizio e incline all’edificazione di una comunità solidale. Le Sue parole, pronunciate lo scorso 3 Ottobre nella Cattedrale di Brindisi, a conclusione della celebrazione nella quale è stato consacrato Vescovo, hanno riscaldato il cuore dei fedeli della grande e antica Arcidiocesi di Rossano-Cariati. Siamo ritornati nelle nostre case convinti che avremo una guida solida e soprattutto presente tra noi. Questo popolo, carissimo Padre Arcivescovo, ha bisogno di essere supportato e confortato quotidianamente. Ha bisogno di sentire la Sua paterna presenza, per essere allo stesso tempo spronato e stimolato. La nostra storia ci ha visti più volte cadere, dopo essere stati all’apice. Ma abbiamo sempre saputo trovare la forza e la fermezza per rialzarci, facendo leva proprio su quelle figure guida e di riferimento che hanno contribuito in modo determinante a sollecitare il positivo moto d’orgoglio per andare avanti e ricostruire. Lei Mons. Satriano, oggi, rappresenta una di queste figure chiave nel processo di rilancio del territorio. Lei, infatti, non rappresenta solo il cammino naturale della nostra Chiesa. Lei rappresenta anche il lievito per la ricrescita in un momento di profonda difficoltà economica e sociale. Come sicuramente avrà avuto modo di apprendere, negli ultimi anni, Rossano, la sua Area urbana e più in generale l’intero comprensorio, sono state vittime di scelte capestri. Qui sono stati usurpati addirittura i diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione. Abbiamo subito la chiusura del Tribunale, uno dei più antichi della Calabria e d’Italia. Siamo stati scippati del nostro diritto alla Giustizia! A nulla sono valse le battaglie civili che ho combattuto in prima persona di fianco ai miei cittadini, ai rappresentanti istituzionali locali e alla  stessa Chiesa. Purtroppo, le ragioni della politica e dei burocrati dello Stato sono state più forti di qualsiasi altra volontà ed esigenza. In questo angolo della Calabria invochiamo il diritto alla Salute, cercando, soprattutto noi amministratori locali, di difendere i presidi esistenti e pretendere una sanità efficiente. In questo angolo della Calabria reclamiamo ancora una viabilità migliore. Venendo verso Rossano, nel suo viaggio dalla Puglia, si sarà sicuramente accorto, Padre Arcivescovo, dell’arretratezza del nostro sistema viario che continua a mietere giornalmente decine di vite innocenti. Parlo della Statale 106, la famigerata strada della morte, che è un monumento alle tragedie personali e familiari. Mentre la linea ferroviaria è carente e poco funzionante. Ma quello che rivendichiamo con forza è il diritto alla dignità. Il diritto a garantire ai nostri giovani, ai tanti giovani padri e alle tante giovani madri, un posto di lavoro e la possibilità di continuare a rimanere a vivere nella loro terra d’origine. Il tasso di disoccupazione in questo territorio è elevatissimo, così come lo è il numero dei nostri ragazzi e dei tanti talenti che sono obbligati ad andare via da qui per dare un senso alla loro vita. E in questo, il ruolo dei Sindaci è davvero difficile. Perché abbiamo grandi difficoltà nel dare risposte alla incessante richiesta di lavoro che ci perviene ogni giorno non solo dai giovani, ma anche da tanti padri di famiglia. Oggi condividiamo con Lei anche le nostre sofferenze, sicuri che nella Sua autorevolezza di Pastore della nostra Diocesi saprà farle Sue restando di fianco a noi, per incoraggiarci ed aiutarci a rialzare la china e ripartire nuovamente. È con voce sincera che le trasmetto quel bisogno vitale che abbiamo di ricevere messaggi, vedere azioni credibili e soprattutto testimonianze positive che in qualche modo possano rispondere all’esigenza di Speranza che si sente impellente nella nostra società. La Speranza deve farsi viva attraverso esempi di vita forti. Soprattutto dei sacerdoti, ai quali è demandato il compito di essere testimoni di fede e portatori dei principi cristiani che tutelano la dignità umana. Sicuramente Lei, Padre Reverendissimo, in questo tempo, riuscirà a testimoniarci la Speranza. Lei che è sacerdote buono e missionario. Lei che ha confortato di persona tanta gente che ha vissuto e vive la sofferenza, fisica e morale. Siamo sicuri che lavorerà a pieno per infondere la stessa sua determinazione nei tanti parroci della nostra Diocesi, che ancora possono fare tanto per rispondere alle necessità non solo spirituali, ma anche formative e aggregative. In questa ottica di collaborazione tra il mondo religioso e quello laico, mi auguro che le Istituzioni pubbliche e quelle ecclesiastiche possano  continuare  a crescere nel dialogo e nel confronto. Questo, con la finalità comune di assicurare il benessere dei cittadini e di mantenere la serenità esistenziale delle famiglie. Ma quello che oggi conta di più è saper perseguire un obiettivo comune: quello di non privare nessuno della possibilità di credere, sperare e sognare, nonostante i momenti difficili e di sconforto che stiamo vivendo e che supereremo, anche grazie al Suo sostegno spirituale e morale. Ci vedremo spesso, carissimo Don Giuseppe, per confrontarci sulle esigenze della vita sociale della nostra Città e per pianificare, in sinergia con la Chiesa, un programma di rilancio turistico che parta dalla valorizzazione di Rossano quale Città del Codex. Questo grande patrimonio artistico-culturale, unico al mondo, rinato grazie all’opera della Diocesi, oggi ha bisogno di essere collocato al centro di tutte le azioni di marketing e promozione di questo territorio. Il 2015 vorremmo fosse l’Anno dedicato al Codex Purpureus Rossanensis, e abbiamo atteso il suo arrivo per iniziare a pianificare un percorso congiunto tra Istituzioni locali, Chiesa ed Imprenditoria per far sì che il prezioso Codice possa contribuire a quell’idea di riscatto socio-economico che tutti auspichiamo. Buon lavoro, allora, Eccellenza Reverendissima, e che la Mamma nostra Achiropita La accompagni sempre nel suo cammino e La illumini nelle Sue scelte. Noi, fraternamente, Le staremo vicini per supportarla nel Suo Magistero di Pastore della Diocesi di Rossano-Cariati. L'amicizia al mondo è molto più utile delle ricchezze! È con questo spirito che la Città di Rossano La accoglie. Eccellenza, Benvenuto nella Sua nuova Casa>>.  RINGRAZIAMENTI FINALI ARCIVESCOVO, MONS. SATRIANO <<Giunti a conclusione desidero rivolgere insieme a voi un filiale pensiero di gratitudine al Santo Padre, Papa Francesco, che, inviandomi in questa bella Chiesa di Rossano-Cariati, ci ha permesso, di intraprendere questa nuova esperienza di Chiesa. Il nostro ringraziamento diventi invocazione ricca di affetto e di benedizione per il Suo servizio di pastore e guida della Chiesa universale. Un saluto rivolgo a Mons. Adriano Bernardini, Nunzio Apostolico in Italia, che con paterna delicatezza mi ha accompagnato in questo tempo di preparazione. Permettetemi di esprimere viva gratitudine agli Eccellentissimi Mons. Leonardo Bonanno e Mons. Rocco Talucci e con loro al Vicario Generale della Diocesi di Lungro Mons. Pietro Lanza per il dono prezioso della loro presenza, ricca di affetto e di condivisione orante in questo momento di grande gioia, ai Rettori ed Educatori dei Seminari di Posillipo e Catanzaro che hanno condiviso con noi questa Eucarestia. Saluto la mia amata Chiesa diocesana di Brindisi-Ostuni, qui presente con una rappresentanza nutrita di fedeli e presbiteri. Nel grembo di questa madre sono cresciuto e divenuto adulto nella fede. Grazie a ciascuno di voi, rientrando portate il mio saluto filiale all’Arcivescovo Mons. Domenico Caliandro e una carezza a tutti in particolare agli ammalati. Ringrazio S.E. il Prefetto di Cosenza il dott. Gianfranco Tomao per averci onorato con la Sua presenza, in lui saluto i rappresentanti della Regione Calabria, i cari Sindaci del nostro territorio diocesano e tutte le Autorità dello Stato intervenute, civili e militari, dando così lustro a questa nostra assemblea. Un grazie sentito e riconoscente, al Sindaco di Rossano, Giuseppe Antoniotti, per la fruttuosa collaborazione offerta, che ci ha permesso di rendere accogliente la nostra città. A quanti hanno reso possibile questa celebrazione: il Coro, gli Scout e i volontari tutti, l’abbraccio e la benedizione del cuore. Non da ultimo ringrazio per il saluto rivoltomi il rappresentante delle aggregazioni laicali l’Avv. Igino Romano che ha dato voce a ciascuno di voi e mi permette di ribadire lo spessore della sfida che oggi il Signore pone nei nostri cuori. Presbiteri, religiosi e religiose, popolo tutto di Dio mettiamoci in cammino e continuiamo a vivere quell’Esodo che ci porta dalla terra del nostro IO all’incontro con il nostro DIO. L’Eucarestia vissuta ci renda disponibili a credere che solo avendo il coraggio di lasciarci trasformare dall’Amore possiamo realizzare percorsi autentici di speranza. Mi rivolgo in particolare a voi cari presbiteri, miei primi collaboratori che saluto con particolare affetto e simpatia, statemi accanto e sostenetemi nell’impegno preso. Per tutti e ciascuno è tempo di condivisione, è tempo di abbandonare ogni ritrosia, ogni paura per metterci alla scuola di Gesù, è tempo di diventare pane per il mondo. A tutti chiedo una maggiore attenzione: a conclusione di questa celebrazione desidero consegnarvi un segno che dica l’orizzonte, l’impegno, la responsabilità del nostro camminare: un pezzo di pane. E’ un pezzo di pane, un normale pezzo di pane, che dice la bellezza e la semplicità della nostra esistenza scaturita da questa celebrazione eucaristica. Siamo stati resi un cuor solo ed un’anima sola, un unico corpo intorno a Cristo capo. Il nostro stare insieme, trasfigurato dal dono dell’eucarestia, è divenuto pane da spezzare, vita da donare a coloro che incontreremo fuori, per le strade, nel mondo. Uscendo e tornando a casa, prendetene un solo pezzo e lo condividerete con quanti incontrerete sul vostro cammino, soprattutto con quelli verso cui avvertite più fatica, vincendo ogni resistenza, ogni risentimento. Spezzatelo, nella consapevolezza che è la vostra vita a doversi donare nell’amore all’altro. Sarà il gesto del condividere a benedire quel pezzo di pane, a benedire la vostra vita e la vita di chi riceverà da voi questo segno di speranza. Con il pane riceverete un’immaginetta con cui ricordare questo giorno, sul retro c’è una preghiera che desidera accompagnare il segno del pane: Gesù, Uomo della Croce, che ti sei consegnato a noi nel segno dell’amore donato e condiviso, trasfigura in Te le nostre esistenze, donaci la gioia della comunione, rendici pane fragrante e profumato, nutrimento umile per i poveri della terra e per la vita del mondo. Beneditemi con la vostra preghiera e buon Cammino a tutti>>.

di Redazione | 27/10/2014

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