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Bari (Bari) - Missione Vlora, ieri la cerimonia conclusiva a Palazzo di Città


Si è tenuta ieri mattina nella Sala Consiliare di Palazzo di Città la cerimonia conclusiva del programma realizzato in occasione del ventesimo anniversario dello sbarco della Vlora nel porto di Bari, alla presenza delle autorità cittadine, di alcuni dei protagonisti dell’epoca e dei familiari del sindaco Enrico Dalfino. Sono intervenuti il sindaco di Bari Michele Emiliano, la signora Anna Dalfino e il figlio Giuseppe, il direttore della Gazzetta del Mezzogiorno Carlo Bollino, il responsabile della Croce Rossa Michele Bozzi, il comandante della Polizia Municipale Saverio D’Alonzo, il presidente dell’associazione Ital Antonio De Cicco e il medico dell’associazione Antonio D’Astore. Durante l’evento sono state proiettate le testimonianze dei cittadini raccolte sulla pagina di Facebook dedicata alla Vlora, aperta dal Comune nei giorni scorsi. La cerimonia si è conclusa con la presentazione del ritratto del sindaco Enrico Dalfino, che verrà collocato nella Sala Giunta: l’intera giornata infatti è stata dedicata alla figura dell’illustre primo cittadino che vent’anni fa, con grande spirito di servizio e umanità profonda, fu in prima linea nella gestione di quell’emergenza umanitaria senza precedenti per la storia italiana.   “Oggi ci avete ridato il sorriso – ha detto Giuseppe Dalfino – se Enrico Dalfino è stato consegnato alla storia, in realtà a noi familiari è stato sottratto. Quest’esperienza ha cambiato mio padre, è diventato una persona diversa, credo che persino la sua malattia sia venuta da lì. Abbiamo rinchiuso per molto tempo in un angolo questi sentimenti, vivendo i fatti successivi con distacco. Oggi, dopo vent’anni, abbiamo anche noi, famiglia Dalfino, fatto un percorso che ci ha riconsegnato il padre, il marito, il nonno, ma soprattutto ci ha riconsegnato il sorriso”.   Le conclusioni della giornata sono state affidate al sindaco Michele Emiliano: “Volevo ringraziare tutti i baresi che in quei giorni, spontaneamente, uscirono da casa, fecero la spesa nei supermercati e andarono al porto, senza porsi problemi, facendo quello che avevamo sempre fatto di generazione in generazione di fronte a un bisogno altrui, ovvero prendere quel che si ha a disposizione e dare una mano. Quello spirito fu interpretato dal sindaco Dalfino, perché era a contatto con quel sentimento popolare, positivo e politicamente intelligente, avendo grandi qualità umane e politiche. La scelta di Dalfino, infatti, non era emotiva, ma tattica e strategica, aveva insieme cioè visione del futuro e necessità, con queste ventimila persone giunte dall’Albania, di stabilire subito un legame con loro, che poteva diventare fondamentale nello sviluppo della città di Bari negli anni a venire”. Il pensiero del sindaco è andato anche a tutti gli operatori, della Polizia Municipale e della Croce Rossa, che quell’8 agosto del ‘91 hanno lavorato senza sosta: “Gli agenti della Polizia Municipale, così come gli operatori della Croce Rossa – ha proseguito Emiliano -  in quei momenti di emergenza non si sono fatti troppe domande, ma hanno agito applicando le regole della loro professione. Emblematica e commuovente è la foto che ritrae una agente della Polizia Municipale che non aveva fatto in tempo neanche a togliersi il casco pur di prendere al volo una bimba e portarla al sicuro”. Ed infine, rivolgendosi ai familiari di Enrico Dalfino, ed in particolare ai piccoli nipoti presenti in Sala Consiliare per tutta la cerimonia, il sindaco Emiliano ha così concluso: “Per Dalfino l’accoglienza era un comandamento costituzionale, avendo di fatto inserito questo principio nello statuto comunale. Lui sapeva che chiudere le persone in un ghetto, anche a livello urbanistico, significava determinare disprezzo, isolamento, ricadute sociali negative. Per salvare il nostro Paese Enrico Dalfino ci avrebbe detto di aprirlo e di trasformare l’Italia in quel luogo nel quale accogliamo secondo quelle che sono le nostre possibilità. Ci avrebbe detto anche che Bari in questa strategia di rilancio dell’Italia può e deve avere un ruolo di città aperta, nella quale il dialogo tra le religioni, la pluralità delle culture che noi esprimiamo e la nostra capacità di stabilire legami sono centrali. Enrico rappresenta per noi un valore obiettivo ed è utile approfondire la storia dell’uomo e del rappresentante delle istituzioni, attraverso i suoi scritti e i suoi interventi. Quando tutto è fatto secondo coscienza nessuno può fermarti, come non sono riusciti a fermare Enrico Dalfino. Dalfino è arrivato fin qui e ha fatto irruzione nella nostra contemporaneità, nonostante siano tanti anni che non è più con noi, perché non si possono fermare gli uomini giusti, dotati di personalità e capacità di visione del futuro”.

di Redazione | 09/08/2011

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