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Rende (Cosenza) - Coldiretti, iniziativa all’Unical sul “succo di arancia”


Grande successo ha registrato la maxispremuta organizzata da Giovani Impresa Coldiretti Cosenza all’Università della Calabria per promuovere una petizione popolare per chiedere di modificare la Legge N. 286/1961 ed aumentare dal 12% al 16% il succo naturale concentrato nelle bibite.   I giovani di Coldiretti Cosenza – ha affermato Paolo Sessa, delegato provinciale di Giovani Impresa – oggi si sono confrontati con gli studenti del più grande ateneo calabrese sulle prospettive di un importante settore del comparto agroalimentare calabrese, quello agrumicolo, ed hanno rilanciato un’azione sindacale che vede i giovani di Cosenza sempre più protagonisti del cambiamento e sempre più protagonisti nel progetto della filiera agricola tutta italiana.   Nel corso della manifestazione, con due gazebo posti all’inizio ed alla fine del Ponte Bucci dove dirigenti di Giovani e Donna Imprese Coldiretti Cosenza hanno distribuito circa 200 litri di spremuta di arance calabresi, sono state raccolte più di 500 firme tra studenti e professori dell’ateneo cosentino. Particolarmente gradite sono state le adesioni dei docenti Gino Crisci, Francesco Fontana e Giovanni Sole.   Durante la manifestazione il direttore provinciale Coldiretti Cosenza, Francesco Manzari, ha più volte spiegato ai numerosi sottoscrittori che la legge attuale – riferisce testualmente una nota di Coldiretti Cosenza - permette che nelle aranciate è possibile mettere molta più acqua che succo e che le bevande al gusto di agrumi possono essere colorate a condizione che esse contengano appena il 12 per cento di succo di agrumi vero. Il risultato - sottolinea Manzari - è che i consumatori pagano l'acqua come fosse succo di arancia.   Ogni punto percentuale di succo di arancia in più oltre al 12 per cento corrisponde al consumo aggiuntivo di 25 milioni di chili di arance per gli italiani mentre – ha concluso Manzari - sostituire le arance brasiliane con quelle siciliane significa risparmiare 5,5 chili di petrolio ed evitare l'emissione di 17,2 chili di anidride carbonica per ogni chilo di prodotto. Usare più arance italiane nell'aranciata è anche un contributo concreto al mantenimento dell'attività agricola sul territorio con la possibilità – ha sottolineato Pietro Tarasi, presidente provinciale Coldiretti Cosenza - di remunerare adeguatamente il prodotto e il lavoro necessario per ottenerlo. Negli ultimi dieci anni sono scomparsi in Italia quasi un terzo degli agrumeti con effetti sul piano economico, paesaggistico e culturale. L'aumento di un solo punto percentuale di succo di arancia contenuto nelle aranciate corrisponde alla produzione di oltre mille ettari di agrumeto e – ha concluso Tarasi - non avrebbe peraltro effetti sul prezzo finale al consumatore considerato che appena il 2,2 per cento del prezzo finale di vendita delle aranciate serve per remunerare le arance.

di Redazione | 31/05/2011

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