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Rossano (Cosenza) - Chiusa l'inchiesta diocesana per il processo di Beatificazione e di Canonizzazione del Servo di Dio Alessandro Vitetti


Si riporta di seguito l'intervento dell'Arcivescovo, della Diocesi di Rossano – Cariati, monsignor Santo Marcianò (nella foto) , avvenuto ieri mattina in Cattedrale, durante la cerimonia di chiusura dell'inchiesta diocesana relativa al processo di Beatificazione e di Canonizzazione del Servo di Dio Alessandro Vitetti. <<Carissimi fratelli e sorelle, come vescovo di questa Chiesa, tocca a me, oggi, l’ultima parola. E l’ultima parola non può che essere: «grazie»! Grazie al Signore, che è il solo Santo e che è Sorgente di ogni santità, per aver donato alla nostra Chiesa don Alessandro Vitetti, presbitero, uomo della Parola e maestro delle anime. ·        Ringrazio i Membri della Commissione Diocesana Promozione Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio Alessandro Vitetti, in particolare: a) il Sig. Fausto Mingrone (Nipote del Servo di Dio), per la sua generosa disponibilità ed operosa collaborazione anche economica, soprattutto per aver diffuso in molti e diversi modi la conoscenza di don Alessandro, anche attraverso una Associazione al Servo di Dio intitolata; b) il Sig. Franco Berardi per la minuziosa e precisa raccolta di lettere e testimonianze relative al Servo di Dio, in molte parti di Italia, contattando Istituti religiosi e laici che hanno conosciuto don Alessandro. ·        L’Insegnante Teresa Fogliani, prima delle figlie spirituali di Mons. Vitetti a cui molto si deve per l’inizio della Causa, grazie anche al numeroso materiale da Lei custodito ed appartenente al Servo di Dio, nonché per aver mantenuto viva la memoria su don Alessandro ed aver sensibilizzato molti a contribuire alle spese per l’istruzione del Processo. ·        La Famiglia Vitetti ed i nipoti per la loro opera di collaborazione alla riuscita della Causa nelle varie circostanze di lavoro e ricerca documentale. ·        Don Giuseppe Praticò, Postulatore della Causa. ·        Il Tribunale Diocesano nelle persone dei Sacerdoti: Don Giuseppe Scigliano (Giudice Delegato), Don Massimiliano Mirante (Promotore di Giustizia), Don Giuseppe Straface (Notaio) e Don Vittorio Salvati (Cursore); per il grande lavoro di ascolto dei 56 testimoni e delle relative trascrizioni; lavoro svolto con competenza, e generosa dedizione. ·        La Commissione Storica nelle persone del Sacerdote Don Pasquale Madeo e dei Membri: i professori Franco e Romano Liguori, per il notevole sforzo profuso nell’ordinare e classificare tutto il materiale documentale raccolto, permettendo così di tracciare un preciso profilo biografico, pastorale e spirituale del Servo di Dio. ·        I Censori Teologi, di cui per esigenze canoniche di segretezza  non si possono conoscere i nomi, ma che ringrazio per aver dato, attraverso un meticoloso ed accurato apporto di studio, voto favorevole sulla dottrina e i buoni costumi relativamente agli scritti editi del Servo di Dio. ·        Le Suore Agostiniane di Rossano e le Suore Rosminiane di Melissa per aver trascritto con competenza, dedizione e precisione gli scritti non editi di Don Alessandro. Grazie a tutti voi presenti, prima di tutto ai sacerdoti: in molti avete personalmente conosciuto don Alessandro ed ora gioite in modo speciale per la conclusione dell’Inchiesta Diocesana per il Processo di Beatificazione e Canonizzazione, iniziata solennemente tre anni fa con una Celebrazione Eucaristica nella Con-Cattedrale di Cariati. In questo tempo, il lavoro svolto con solerzia e passione ha permesso di raccogliere testimonianze significative della santità del nostro don Alessandro: tutta la documentazione che lo riguarda verrà ora consegnata alla Congregazione per le Cause dei Santi che avrà il compito di confermare la sua “fama di santità”. Una santità che si presenta a noi come ineffabile dono, che ci onora e ci rallegra, ma anche come un compito che il Signore oggi affida a questa Sua e nostra Chiesa: un compito che è, assieme, sfida e bellezza. E questa bellezza, la bellezza della santità, rende l’atto che oggi compiamo non solo giuridico ma anche spirituale: un momento di straordinaria bellezza. È bella, oggi, questa Cattedrale, della quale don Alessandro ha tante volte varcato la soglia per adorare il Signore, per pregare, per venerare la madre Achiropita, vero fulcro di questo edificio. Una bellezza che ci richiama alla bellezza della preghiera, all’importanza dell’Eucaristia nella vita del cristiano. E che ci rimanda alla bellezza stessa della Chiesa. Sì, è bella questa nostra Chiesa diocesana che, nell’evento di oggi, trova la conferma della sua stessa santità. La Chiesa è veramente santa perché amata da Cristo, amata con amore sponsale e generata sulla Croce dal dono della Sua Vita. È bella questa Chiesa che ha generato don Alessandro, che lo ha accompagnato negli anni della sua crescita con tenerezza, apprensione, trepidazione: semplicemente, con amore di Madre; perché la Chiesa è veramente Madre e  non c’è santità se non a partire dalla Chiesa, se non in un tale convinto amore per la Chiesa, prima di tutto la concreta Chiesa diocesana. E’ un amore che oggi impariamo dallo stesso don Alessandro, pastore fedele e innamorato di questa diocesi, dei suoi vescovi, del suo presbiterio, della sua gente… Prete che ha saputo vedere in essi il Volto della Chiesa Santa e imparare così l’amore per la santità. «Iddio ha un disegno - egli diceva-. Un grande disegno su di noi. Il nostro dovere è di attuarlo. Disegno di santità: Dio non ha su di noi un disegno di grandezza umana, di grandezza terrena, un disegno di ricchezza, di felicità, di piaceri e di onori. Il nostro Dio non ha questo disegno su di noi. Il Dio nostro è Dio di santità infinita e come tale non ha che un disegno di santità»[1]. È bella oggi questa Chiesa; e diventa più bella perché diventa, se così si può dire, “più santa” grazie a don Alessandro. È il Santo che rende la santità della Chiesa non una teoria ma un evento e, come una gemma, le permette di splendere sempre di più. È bello, dunque, lo splendore della santità: ma tale splendore si chiama carità. Celebrare la santità di don Alessandro significa, per noi, imparare a lasciare il cuore aperto ai poveri, agli ultimi: esattamente come lui. Come lui che amava ripetere, e ancora oggi ripeterebbe: «Chi non si dona muore! Perché, chi non si dona nella carità non vive nella carità … Perciò dovete donarvi. E per donarvi dovete avere proprio il desiderio vivo di donare agli altri.»[2]. È bello se in noi si accende questo desiderio di carità: e come non pensare, proprio in questo giorno, alla peculiare prova di carità che è richiesta a tutti noi dopo gli sbarchi di stranieri sulle nostre coste? Solo l’altro giorno accoglievamo un’imbarcazione con circa 30 egiziani, soprattutto minorenni, accolti a Cariati ed ora seguiti dalla Caritas di Rossano, in sinergia con le forze dell’ordine. È vero: chi lavora in questo campo o chi riceve dalla Chiesa un mandato, come la Caritas, ha una diretta responsabilità in questi casi. Tutti, però, siamo interpellati dalla carità: e, oggi, dobbiamo interrogarci su come prepararci a gestire un’emergenza che, sempre più, coinvolge per intero l’Italia ed anche la nostra terra. Dobbiamo prepararci da un punto di vista organizzativo, certamente: ma dobbiamo preparare il cuore ad una santità che si fa vera accoglienza, ospitalità, rispetto, amore… «Chi non si dona muore»! Con don Alessandro, ripetiamo tutti noi che la vita nella santità inizia a risplendere da qui. Oggi questa Chiesa risplende, dunque. E risplende, consentitemelo, per la bellezza del suo presbiterio. Sì, è bello questo presbiterio del quale don Alessandro è stato figlio e padre: egli è stato uno di noi, lo è ancora dal cielo; per questo io ho voluto che il solenne Atto che stiamo vivendo avesse luogo durante un raduno del clero diocesano, precisamente un ritiro, cioè un momento di intensa preghiera. Don Alessandro non è stato che un prete. E dire che egli è un «prete santo» significa dire che è «bello essere prete»! Voglio gridarlo anch’io, soprattutto ai sacerdoti: con l’intima convinzione che la sua figura rappresenti, oggi, un’adeguata “risposta” di Dio e della nostra Chiesa alle tante difficoltà che si registrano, proprio tra i presbiteri. Lo ricordava Benedetto XVI, richiamandoci ad essere «buoni sacerdoti che trasmettono in umiltà e fedeltà la bontà del Signore e, in mezzo alle devastazioni, sono testimoni della bellezza non perduta del sacerdozio»[3]. Con te, don Alessandro, noi siamo oggi chiamati a proclamare che la bellezza del sacerdozio non è perduta! Che non è perduta la bellezza della creatura umana, la bellezza della Chiesa di Dio. Questa bellezza è la santità. E noi siamo chiamati, come te, a trovarla nei poveri e negli esclusi, nell’ascolto della Parola di Dio e dei fratelli, nella Celebrazione Eucaristica e nell’amore per la preghiera; nel rispetto assoluto della vita e nel mistero della sofferenza e della morte vissuta in unione con Cristo… e ad essere, così, un segno di speranza, come lo sei stato tu. Mentre consegniamo al Signore i passi successivi che il tuo Processo di Beatificazione e Canonizzazione dovrà affrontare, ti chiediamo di intercedere con amore per la santità della Chiesa, di questa tua e nostra Chiesa; e di intercedere per la nostra santità che, come la tua, fa “più santa” la Chiesa e “più bello” il mondo perché diventa, semplicemente, trasparenza e riflesso della stessa Santità di Dio. E così sia!>> [1] Franco Liguori e Francesco Mussutto (a cura di), Don Alessandro Vitetti. Un testimone della Parola di Dio. Raccolta di Meditazioni. Arti Grafiche Stella del Mare, Cirò 2007, p. 43 [2] Franco Liguori e Francesco Mussutto (a cura di), Don Alessandro Vitetti. Un testimone della Parola di Dio. Raccolta di Meditazioni…, p. 141 [3] Benedetto XVI, Discorso alla Curia romana per gli auguri natalizi. Roma, 20 dicembre 2010

di Redazione | 25/03/2011

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