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Rossano (Cosenza) - Come attaccare bottone: 6 semplici regole


di LETIZIA GUAGLIARDI - Attaccare bottone o attaccare un bottone? “La Signora Salice, oltre ad essere famosa per la sua fornitissima bottega, lo è anche per la sua arte di attaccare bottone. No, non mi riferisco ad attaccare un bottone nel senso di cucirlo su una camicia ma all’espressione “attaccare bottone”. Sai che significa? La prima volta che ho sentito questo modo di dire mi ha incuriosita e ho chiesto a zia Peonia il significato. Me l’ha detto, ma poi abbiamo cercato anche l’origine, perché ci sembrava chiaro che il bottone non doveva essere quello che intendiamo noi. E infatti…ecco che te lo spiego in modo semplice.

Un tempo, durante gli interventi chirurgici, i dottori per cauterizzare (cioè bruciare) le ferite adoperavano uno strumento di ferro la cui estremità terminava con una specie di pallottola simile a un bottone cui si dava fuoco. Ti immagini che dolore provava il paziente al quale veniva attaccato il bottone, anche se per pochissimi secondi? Ecco perché “attaccare bottone” fu poi usato con il significato di parlar male di qualcuno attaccandolo con discorsi che gli danno fastidio e pungendolo con calunnie. Con il trascorrere del tempo questa espressione ha acquisito il significato di affliggere, cioè di costringere una persona a sopportare un discorso lungo e, a volte, noioso.

Hai capito, allora, perché la signora Salice è brava in quest’arte? Chiunque capiti nella sua merceria trova sì tutto quello che desidera (e anche quello che non ha mai neanche immaginato) ma deve sorbirsi, nel frattempo, anche i suoi “bottoni”. (Brano e immagine tratti dal mio libro "Poppy Spring-diario di primavera")

Dopo le chiacchiere di Carnevale (i dolcetti squisiti di cui ho parlato QUI) oggi ci occupiamo di altre chiacchiere. Mi riferisco alle “conversazioni protratte più o meno a lungo, per passatempo o come sfogo a considerazioni e pensieri frivoli o banali oppure malevoli: fermarsi al caffè a far quattro chiacchiere; spesso con una sfumatura di compatimento o di biasimo (perdersi in chiacchiere; lasciarsi incantar dalle chiacchiere) e per lo più contrapposto a fatti (a chiacchiere tutti son buoni).”

Ormai si conversa poco faccia a faccia, la maggior parte della comunicazione fra esseri umani è digitale ma per lo più si tratta di pettegolezzi, sfoghi rabbiosi e critiche assurde sulle cose più strampate quindi… ben vengano quattro belle chiacchiere!

Quando siamo in fila o in una sala d’attesa o su un mezzo pubblico a volte facciamo quattro chiacchiere con persone estranee. Di solito riguardano il tempo, i recenti fatti di cronaca o di politica, i prezzi sempre in aumento, ecc. Scambi di opinioni superficiali, lo sappiamo, ma…a quanto pare, non inutili.

Recenti studi hanno dimostrato che queste conversazioni casuali e questi contatti umani poco profondi sono utili perché aumentano il nostro benessere sociale ed emozionale.

Da cosa dipende il fatto che ci sono persone che preferiscono chiudersi in se stesse e rimangono con gli occhi fissi sul telefonino o sul tablet e altre che, invece, trovano “il coraggio” di interagire? Si è studiato anche questo comportamento. Pare che tutto sia dovuto a un nostro errore di valutazione: chi non prova ad “attaccare bottone” immagina di non avere argomenti comuni (e non è vero perché ci sono tante piccole cose quotidiane comuni a tutti), di venir giudicato male (in realtà siamo noi a giudicare noi stessi) o di dare fastidio (può anche darsi che sia così, ma non lo sapremo se non tentiamo).

Si sono fatte molte prove e simulazioni per dimostrare l’utilità delle piccole conversazioni casuali – se ne sono occupati vari linguisti, esperti di scienze sociali e ricercatori – e si è scoperto che chi sceglie di scambiare qualche chiacchiera si sente più appagato (e lo è anche chi viene coinvolto) rispetto a chi resta in silenzio e si isola.

E anche su questo mi trovo d’accordo: io non le considero affatto inutili queste chiacchiere, solo all’apparenza fatte per riempire un vuoto o per eliminare l’imbarazzo del silenzio (per esempio in ascensore). Io le chiamo “chiacchiere strategiche”.

Ogni persona nuova che incontro rappresenta un’opportunità: alcune sono diventate amicizie, altre mi hanno insegnato qualcosa e altre, invece, qualcosa l’hanno avuta da me (una parola di incoraggiamento, un consiglio (ma solo su richiesta) su un’esperienza già vissuta da me, ecc.). Ci sono argomenti che sembrano davvero banali ma, credimi, ci fanno crescere lo stesso.

Io evito le domande troppo personali. Di solito si comincia sempre con il tempo atmosferico e se l’attesa si prolunga si passa a parlare del luogo in cui si vive, della cucina, dei film o dei libri che ci sono piaciuti, dei posti che abbiamo visitato, delle rispettive passioni e hobby, del proprio lavoro…la lista è lunga.

Alla fine mi accorgo che è passata un’ora o anche due e non mi sono annoiata per niente. Inoltre, ho migliorato la mia capacità di ascolto attivo e anche quella di relazionarmi con gli altri. E ho anche acquisito qualche informazione in più riguardo alle diverse personalità e sulla comunicazione non verbale (utili, per me, quando sono alle prese con la scrittura di un libro).

Cinque semplici regole (oltre a quella di non fare domande troppo personali) affinché l’attaccare bottone non risulti noioso e inefficace:

1. evitiamo le critiche inutili, le polemiche sterili, gli argomenti volgari e gli attacchi contro persone del mondo politico e dello spettacolo e, comunque contro le persone assenti.

2. Teniamo conto delle differenze culturali: non serve a niente parlare un quarto d’ora sulla mostra d’arte contemporanea che abbiamo appena visitato se non conosciamo il bagaglio culturale del nostro interlocutore.

3. Siamo sempre gentili, mai aggressivi.

4. Se ci troviamo di fronte a persone che non parlano bene la nostra lingua usiamo parole semplici e chiare.

5. Evitiamo di parlare sempre di noi e cerchiamo di creare un buon equilibrio fra domande e risposte: troppe domade fanno diventare un interrogatorio una chiacchierata che deve essere leggera e troppe affermazioni da parte nostra non lasciano spazio all’altro di intervenire.

La capacità di “attaccare bottone” non è innata – anche se ad alcuni viene naturale – quindi si può imparare esercitandoci ogni volta che ne abbiamo l’occasione. E questo può essere molto utile per gli introversi perchè aiuta ad avere più sicurezza di sé.

Invece che da un argomento specifico possiamo iniziare anche da un dettaglio che è presente nell’ambiente in cui ci troviamo (un quadro appeso in uno studio medico o in un altro posto pubblico, una pianta o un manifesto che ha attirato la nostra attenzione), chiedendo l’orario di chiusura, fare un complimento su un accessorio indossato da qualcuno, persino da una semplice frase come “Mi terresti occupata la sedia? Mi assento un attimo” (l’ho provata varie volte!). Qualsiasi scintilla positiva, insomma, può innescare un attaccare bottone di qualità.

Allora, pensi ancora che tutte le chiacchiere siano inutili?


di Letizia Guagliardi | 28/02/2024

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