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Rossano (Cosenza) - I ventagli e il loro codice segreto


di LETIZIA GUAGLIARDI - Amo molto i ventagli, utili e molto femminili ma… sai che un tempo, fra il ‘700 e l’800, venivano usati anche per comunicare? A ogni gesto con il ventaglio corrispondeva una frase precisa. Per esempio:

Toccare con un dito la punta del ventaglio: Vorrei parlare con te

Nascondere gli occhi con il ventaglio aperto: Ti amo

Aprire completamente il ventaglio: Aspettami!

Ventaglio nella mano destra davanti al viso: Seguimi!

Ventaglio nella mano sinistra davanti al viso: Voglio conoscerti

Appoggiare alle labbra il manico del ventaglio: Baciami

Ventaglio chiuso appoggiato all’occhio destro: Quando posso vederti?
(In questo caso il numero di stecche aperte dell’interlocutore indica l’orario)

Appoggiare il ventaglio dietro la testa: Non ti scordar di me!

Ventaglio appoggiato sul cuore: Hai il mio amore

Rigirare il ventaglio nella mano sinistra: Ci stanno guardando.

Questi sono solo alcuni dei codici segreti inviati con il ventaglio ma ce n’erano tantissimi! Un’intera grammatica degli sguardi e delle mani

In un’epoca in cui non esistevano telefoni e SMS e gli incontri in privato fra uomini e donne erano piuttosto rari, quando si presentavano delle occasioni – per esempio balli, serate a teatro e altre uscite mondane ma anche passeggiate per strada e nei parchi – conoscere il linguaggio non verbale di un ventaglio era molto importante.

Piccoli e veloci gesti delle signore che non sfuggivano agli uomini, pronti a decifrare ogni messaggio a loro indirizzato. Conversazioni private o “sconvenienti” che oggi ci fanno un po’ sorridere ma che ammiriamo, sia per la loro funzione comunicativa che come strumento di seduzione (ne abbiamo esempi nelle tragedie di Shakespeare e nelle commedie di Goldoni). Ed erano usati anche per trasmettere o nascondere stati d’animo, complici schermi di sorrisi, di lacrime, sguardi furtivi e rossori e perfino segnali durante le partite a carte delle signore!

Ce n’erano per tutte le occasioni: per i balli di corte, per la chiesa, per le cerimonie di fidanzamento e nuziali, per festeggiare la nascita di un figlio, anche per le vedove, opportunamente orlati di pizzo nero.

I materiali? In carta di riso e stecche di bambù, in metalli o legni preziosi, piume esotiche e incrostati di gemme, in stoffe finemente ricamate, in tulle, pizzo e paillettes, in pelle sottilissima oppure in pergamena, spesso dipinta a mano da artisti più o meno famosi.

Comunicazione visiva ingegnosa che permetteva alle ragazze di sfuggire all’occhio vigile delle mamme o delle dame di compagnia (non potevano recarsi da sole a un ballo). Certo, anche le donne che le sorvegliavano erano in grado di decifrare i messaggi inviati, ma almeno in questo modo le apparenze venivano salvate in modo dignitoso!

I messaggi erano inviati in tempo reale (come i nostri sms) perché avevano la velocità di uno sguardo. Non erano ammessi errori, pena il fraintendere un messaggio! Un uomo poteva essere gratificato, deluso o anche soltanto rinviato a un’altra occasione da un gesto ben preciso del ventaglio mosso dalle mani sapienti di una donna.

Il ventaglio veniva usato anche come veicolo d’informazione politica. Nell’Ottocento la pieghettatura, aprendosi nei due sensi, nascondeva o mostrava da uno dei lati l’immagine del Sovrano che si sarebbe voluto al potere, come i Savoia per l’Italia. Le signore che utilizzavano questo tipo di ventaglio mostravano patriottismo e coraggio perché sfidavano il pericolo di essere arrestate per collaborazionismo. Durante le guerre d’indipendenza e fino alla prima Guerra mondiale durante le campagne di sottoscrizione furono venduti ventagli tricolori per aiutare la Croce Rossa e si donavano in ospedale ai soldati feriti per alleviare il caldo estivo.
Il ventaglio, insomma, aveva molto da raccontare e forse ne avrebbe ancora oggi. Basterebbe non andare troppo di fretta.

“Gli uomini hanno la spada, le donne hanno il ventaglio
e il ventaglio è forse un’arma altrettanto efficace!”

Thomas Addison (medico e scienziato britannico 1793-1860)

Come dargli torto?


di Letizia Guagliardi | 22/01/2024

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