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Mandatoriccio (Cosenza) - 36 - Parabola del padrone e del servo


di DON MICHELE ROMANO - Questa Parabola "Del Padrone e del Servo" (detta anche "Servire con Umiltà"), raccontata nel Vangelo secondo Luca (17, 7-10), insegna che, persino i migliori, tra i servi di Dio, devono essere umili, perché essi svolgono unicamente il loro dovere e niente più. Nel mentre Gesù continua a rivolgersi ai discepoli (Lc 16, 1; 17,1), ha davanti a sé quegli Scribi e Farisei, che erano ossessionati dall'essere onorati (Mt 23, 5-7; Lc 20, 46-47). Ma questa Parabola, è soprattutto una esortazione per i "Suoi" discepoli, esposti al rischio di diventare arroganti e orgogliosi, un grave avvertimento contro l'orgoglio spirituale, il pericolo, cioè, di ricercare l'onore o il pretendere di fare le cose, solo al fine di un riconoscimento! La situazione sociale, che Gesù presenta in questa Parabola, era ben nota ai suoi ascoltatori: uno schiavo ("doùlos" -  Proprietà di un altro), apparteneva e lavorava per un Padrone ogni giorno (v. arare e pascolare), perché la sua vita, il suo corpo, così anche il suo tempo, apparteneva al Padrone. In epoca Romana, la schiavitù era così vasta, che nel periodo dei primi anni del Cristianesimo, una persona su due, era schiava: o per debiti (2Re 4, 1; Ne 5, 5-8), oper conquiste di guerra (Gen 14, 21; Nm 31, 9), che a loro volta venivano, poi, ri-venduti, oppure vi era una schiavitù "volontaria", come mezzo di fuga dalla miseria e dalla fame (Lc 25, 47- 48). Gli schiavi, tuttavia, a differenza degli uomini liberi, che lavorando a giornata, e che non sempre avevano assicurati i bisogni primari (del mangiare e del bere), loro invece (gli schiavi), vivendo nella casa del Padrone, godevano di questa sicurezza! È così che la schiavitù, diventa una "Icona" (vera "Immagine"), per l'impegno totale di lealtà, devozione, e obbedienza a Dio. Infatti, il Nuovo Testamento descrive spesso i Cristiani, come schiavi di Dio e del Signore Gesù Cristo (At 4, 29; Rm 1,11; 1 Pt 2, 16; Ap 1, 1; ecc.!). Pertanto, se siamo veri Cristiani, sappiamo di appartenere a Dio, perché: Non solo ci ha creati (Sal 24, 1-2; Is 43, 7), ma anche perché, "ci ha comprati a caro prezzo", attraverso la vita di Gesù (Mc 10, 45; 1Cor 6, 19- 20). Riconoscere l'autorità di Dio nella nostra vita, vuol dire che, in atteggiamento costante, lo serviamo e lo onoriamo "a modo suo", e non "a modo nostro": "Perché mi invocate: "Signore, Signore"! e non fate quello che dico" (Lc 6, 46). Se viviamo da veri "Servi" del Signore, dobbiamo essere disposti a fare anche noi, una varietà di servizi, a fare, cioè, qualsiasi cosa che il Signore ci ordina, di fare tutto, insomma, senza ricercare quello che non sia umiliante, o ricercare solo quello comodo o che ci porti onore. Fare tutto allora, senza "Ma" e "Se".
Anche all'epoca di Gesù, lavorare in campagna o badare alle pecore, non erano certo lavori leggeri, soprattutto se pensiamo che a quei tempi, non c'erano i mezzi meccanici e le comodità di cui disponiamo oggi. Ed una volta tornato a casa, stanchissimo, dopo la giornata di duro lavoro, il servo, doveva preparare pure la cena al padrone. Mi viene da pensare, a quanti "pii Cristiani", che sono disposti a fare solo servizi in Chiesa, ma (sia ben chiaro), che non richiedono un duro lavoro! Invece, servire il Signore, è qualcosa di arduo e duro, tant'è che impegna tutta la vita (non siamo di fronte ad un "optional"). Infatti, ci ricorda San Paolo: "Vi siete convertiti da idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero" (1Ts 1, 9b); così anche nella Lettera ai Romani: "Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello Spirito, servite il Signore" (Rm 12, 11). Il Signore, non vuole servi musoni, ne recalcitranti, ma persone che lo amano con gioia, con entusiasmo ogni giorno. Chiediamoci: Quali sono le "Priorità" nella nostra vita? La priorità di uno schiavo, non è se stesso (v 7), ma la giusta priorità, è del Padrone ("Dio per noi!"), così, anche noi, "non possiamo servire Dio per la nostra vanagloria" (Fil 2, 3), perché quando un Cristiano, cerca lodi e ricompense, serve se stesso, non certo Dio! Fa tutto, giusto per essere visto e notato dagli altri, e quindi poi lodato, tant'è che appena in una qualsivoglia Chiesa, qualcuno non viene apprezzato per quello che fa, ecco che subito "sparisce"!!! Questo è il rischio, di usare Dio per i nostri tornaconti, e per soddisfare noi stessi, ma sia ben chiara una cosa: Dio non è il nostro servo, siamo noi i servi di Dio..., nessuno, per quanto lavori o si dia da fare, può considerare Dio in debito con lui! Il vero principio importante, che deve sempre ispirare il nostro "servizio" al Signore, deve essere quello dell'Umiltà (cfr Lc 1, 52; Gc 4, 10; 1Pt 5, 6), una "Umiltà", che ci aiuta a riconoscere che siamo tutti "indegni" (davanti a Lui), ovvero di non meritare niente da Dio: Tutto è suo Dono! Auguro a voi tutti, una serena giornata.


di A cura della Parrocchia "San Giuseppe" Mandatoriccio Mare | 16/11/2023

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