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Mandatoriccio (Cosenza) - 26 - Parabola delle pecore e dei capri


di DON MICHELE ROMANO - Questa Parabola "Delle Pecore e dei Capri", conosciuta anche come "Del Giudizio delle Nazioni", riportata solo nel Vangelo di Matteo (25, 31-46), precede immediatamente il racconto della Passione di Gesù, e la successiva Risurrezione. Essa, assieme alla Parabola delle "Dieci Vergini", ed a quella dei "Talenti" (vedi nello stesso capitolo), hanno un comune intento: quello di imprimere nella mente dei discepoli, la necessità di agire nel bene e "convertirsi", in preparazione alla venuta del Regno di Dio, e al ritorno di Cristo! L'idea della separazione dei Buoni dai Cattivi, che poi rappresenta "la sostanza" del Giudizio Universale, è declinata dalla metafora del Pastore, che separa le Pecore dai Capri. Le Pecore, animali docili e mansueti, simboleggiano i "Buoni", mentre i Capri, noti come animali lascivi, superbi, e litigiosi, rimandano ai "Cattivi". Questa idea, è presente nelle fonti bibliche, sia dell'Antico che del Nuovo Testamento. Il Profeta Ezechiele, ad esempio, riferisce: "A te mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri" (Ez 34, 17). Lo stesso Matteo, ne dà conferma in questa parabola, precisando: "Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sua sinistra" (vv 22- 33). Il Giudizio Universale, viene così parafrasato da una pratica tradizionale dei pastori ebrei, che separavano in gruppi distinti, il gregge loro affidato, sia durante il pascolo transumante, sia nella stabulazione notturna, divenendo, così, metàfora della Giustizia divina e della geografia dell'aldilà. Noi siamo il "Gregge di Dio", e Gesù è il nostro "Buon Pastore": "Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano" (Gv 10, 27-28). Una cosa è certa: il Giudizio di Dio sull'Umanità e sulla Storia, dipende da quello che ora io faccio verso il più piccolo dei fratelli. Il centro del brano, è che nessuno sa, quando questo avverrà: "Quando mai ti abbiamo visto..." (vv 37a-44a).
E Gesù, spiega: "Tutto quello che avete (o non avete!) fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete (o non lo avete) fatto a me" (vv 40-43). Tutto questo vuole essere un forte richiamo, perché anche noi oggi, possiamo "riconoscere", nel più piccolo fra tutti, il Signore! Questo, è il "centro" della Fede Cristiana, e soprattutto della "Prassi" del Cristiano. Gesù, che da qui a due giorni, appunto, sarà affamato, assetato, umiliato sulla Croce, nudo, inchiodato, "ultimo" tra i fratelli, si identifica sempre con loro, con gli ultimi, quelli che noi consideriamo "lo scarto" della Società. Se vogliamo trovare il Cristo, il nostro Re e Signore, dobbiamo saperlo riconoscere, nei poveri e nei bisognosi, diversamente il nostro essere pii e devoti "cristiani di facciata", serve a ben poco! Nel nostro mondo, occorre uscire, al piu presto, dalla logica consumistica ed edonistica, che "crea" gli ultimi, occorre uscire dalla logica egoistica e della violenza, per entrare la logica dell'accoglienza: "Chi accoglie voi, accoglie me...!" (Mt 10, 34). L'invito che oggi, Gesù, rivolge a noi credenti è inequivocabile: "Lo fai a me". Non dice: "Quello che fai ai poveri, è "come se", tu lo facessi a me!" Non c'è
alcun avverbio di comparazione: "come se", dietro quel volto povero, maltrattato, umiliato, bisognoso..., ci sono io, anzi, per meglio dire: quello "Sono Io". Da qui, comprendiamo come il Giudizio finale, non lo scrive Dio, lo scriviamo noi, ora, nel presente, con ciò che facciamo verso "gli ultimi", nella misura in cui sapremo accoglierlo e riconoscerlo in essi: "Beati i poveri..., perché di essi è il regno dei cieli" (Mt 5, 3); " Ma guai a voi ricchi..." (Lc 6, 24ss). Cristo, ormai ci è chiaro: Si identifica con i Poveri, con tutti i crocifissi della storia, dove ancora Lui, continua la sua Passione per la Salvezza del mondo. Noi ci sentiamo con la coscienza a posto, tante volte, sol perché siamo abituati a fare delle piccole "elemosine", ai Poveri che ogni tanto incontriamo sul nostro cammino: "Poverini, così li aiutiamo!" Non è proprio così! Non siamo noi che aiutiamo i Poveri, sono i Poveri che aiutano noi: è il Povero che mi salva! Dando al Povero, salvo me stesso, perché lui, è quel "povero Cristo", che, ancora oggi, porta su di sé, il male del mondo, quel male causato anche da me! Dando a lui, io esco dalla logica del male, ed entro nella stessa logica di Dio, che dà tutto! In definitiva: Dare al Povero, salva me, non lui! Giunga a tutti, l'augurio di una serena giornata.


di Rubrica autogestita dalla parrocchia "San Giuseppe" Mandatoriccio Mare | 04/11/2023

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