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Mandatoriccio (Cosenza) - 11 - Parabola del banchetto di nozze


di DON MICHELE ROMANO - Questa Parabola del "Banchetto di nozze" (o Parabola della "Gran cena"), l'Evangelista Matteo (22, 2-14), la condivide con l'Evangelista Luca (14, 15-24). Le diverse redazioni (Matteo completa la Parabola con la scena dell'uomo senza abito nuziale), e la diversità del contesto, fanno sì che cogliamo nei due Evangelisti, sfumature di significato diverse. In Luca, la Parabola ha una forma più semplice che in Matteo. Il contesto in cui Luca la presenta, è quello dei banchetti conviviali di Gesù con i peccatori e i pubblicani, banchetti nei quali Egli accoglieva anche poveri ed emarginati, per cui la Parabola è da intendere come un apologia dell'operare di Gesù: Il Regno di Dio, inaugurato nella sua Missione, doveva essere annunciato proprio ai poveri e ai peccatori. In Matteo, invece, la Parabola è più elaborata, e il contesto è diverso, ma sempre strettamente collegata con le altre due Parabole precedenti: quella dei "Due figli" (Mt 21, 28- 32), e dei "Vignaioli omicidi" (Mt 21, 33-46), dove si era già delineato un quadro di "rottura", con la predizione del "castigo" di Israele, per aver respinto, col rifiuto del Vangelo, portato da Gesù, l'invito alle Nozze messianiche. Ora, di quel castigo, ne è predetta l'attuazione, con la distruzione della città (v 7). Come per le altre, anche questa Parabola, è rivolta ai critici e ai nemici di Gesù, che hanno rifiutato (inventando "mille scuse") l'invito ad entrare nel regno di Dio. Un'altra sfumatura che differenzia Matteo da Luca, appare dal fatto che, mentre la "Gran cena", in Luca, è allestita, da un ricco Signore, in Matteo diventa un "Banchetto Nuziale", preparato da un Re, per le nozze di suo Figlio. Questo esprime tutta la gratuità del Regno di Dio, a cui il Signore ha invitato, con insistenza, anzitutto gli Israeliti ( quali "Eletti"), attraverso l'invio di servi (v 3), Profeti, Apostoli (vedi seconda chiamata - vv 4-6); infine, nella terza chiamata, l'invito è chiaramente rivolto ai Pagani. Qui la Parabola, ha un grande significato escatologico ed allegorico: il gran re, è Dio; il Banchetto indica il suo Regno, nelle nozze eterne; il Figlio, designa Gesù, il Figlio di Dio. Nella Parabola, poi, c'è una seconda parte, vv 11-14 che, probabilmente, sarebbe una composizione aggiunta dall' Evangelista, a scopo parenetico (A. Poppi). In fondo, questa Parabola, è indirizzata, oggi, a tutta la comunità Cristiana, tutti chiamati da Dio personalmente alla Fede e al Banchetto del Regno. Chiediamoci: Siamo pronti ad accogliere il suo reiterato invito, o invece poniamo le tante ragioni personali, per non ascoltarlo? E se abbiamo l'intenzione di partecipare al Banchetto, ci andiamo mutando il nostro "habitus vivendi", da convertiti cioè, diversamente finiamo per mentire con ipocrisia. Per ben due volte il Re, che ha preparato questo sontuoso Banchetto per suo Figlio, ripete l'invito, e gli invitati, anziché sentirsi onorati, ne restano indifferenti. Gli ascoltatori di Gesù, tuttavia, ben conoscevano la profezia veterotestamentaria: " Preparerà Il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivante, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati (Is 25, 6), anticipazione di quello che sarebbe stata, la presenza dello Sposo, in vista delle nozze ormai vicine (Mt 9, 15). Ma ecco il rifiuto: le nozze vengono disertate dagli "eletti", offesi da quell'invito così reiterato, per cui insultarono gli inviati, li cacciano e li perseguitano, fino ad uccidere alcuni. Ma Dio, paziente e misericordioso, invia una terza volta i suoi servi, a rinnovare l'invito, e stavolta l'ordine è dato ai servi, di andare lungo le strade, ai crocicchi, dove stazionavano i pellegrini, i menticanti, gli "scarti" (Luca precisa, che sono le quattro categorie dello "scarto umano e sociale" di allora: poveri, storpi, ciechi, e zoppi - Lc 14, 21). Visto che gli "eletti", si sono dimostrati indegni di così Maestoso Banchetto, entrarono tutti gli altri nella sala: Buoni e Cattivi, resi tutti degni, dalla Misericordia di Dio. Questo messaggio della Parabola, diventa così metàfora della Missione della Chiesa, presso "le genti", presso i Pagani, coloro cioè, che finora non erano stati: né eletti, né chiamati da Dio, da Abramo fino all'ora della pienezza, che si è realizzata con la venuta di Cristo in mezzo a noi: "prostitute e pubblicani, precedono nel Regno, gli uomini religiosi osservanti" (Mt 21, 31). Questa Parabola, che si muove tra dono e responsabilità, ci svela una Verità che, forse, non sempre sappiamo comprendere: la grazia di Dio è il dono per eccellenza, ma il suo valore è accoglierla liberamente e per amore. Segue...! A tutti, auguro, una serena giornata.


di Rubrica autogestita dalla parrocchia "San Giuseppe" Mandatoriccio Mare | 16/10/2023

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