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Rossano (Cosenza) - Sappiamo lavorare e amare?


di LETIZIA GUAGLIARDI - “Possiamo vivere nel mondo una vita meravigliosa se sappiamo lavorare e amare:  lavorare per coloro che amiamo e amare ciò per cui lavoriamo.” Oggi, 1° maggio, festeggiamo il valore del nostro lavoro. Lavorare è importante perché ci dà dignità, libertà e serenità: tre buoni motivi per cui tutti noi abbiamo diritto a svolgere un lavoro soddisfacente e giustamente retribuito.
Dice il Salmo 128-1-2 :
Beato l’uomo che teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Sarai felice e godrai d’ogni bene.
 Vivrai del lavoro delle tue mani.

Solo lavorando (e non sopravvivendo di sussidi e cose simili) si è felici e gratificati: possiamo godere dei beni perché ottenuti con il lavoro delle nostre mani e, nei tempi in cui viviamo, anche attraverso il nostro ingegno e il nostro cuore.

Riceviamo gratificazione, inoltre, quando il lavoro viene fatto bene, al massimo delle nostre capacità.
Martin Luther King scrisse: “Chi è chiamato a fare lo spazzino deve spazzare le strade come Michelangelo dipingeva o come Beethoven componeva o come Shakespeare scriveva. Deve spazzare le strade così bene che tutti gli ospiti del cielo e della terra si fermeranno per dire: Qui ha vissuto un grande spazzino che fece bene il suo lavoro”. Il lavoro, però, non deve ridursi a un’attività in cui è richiesta la sola forza fisica o intellettuale. Affinché ci dia davvero soddisfazione e sia utile per noi e per gli altri è necessario che da esso si sprigioni la nostra personalità, la nostra spiritualità, la nostra partecipazione al bene comune. Deve essere svolto con passione e creatività, umanità e intelligenza e con la propensione alla collaborazione. E con gratitudine, anche.

Purtroppo ci sono ancora lavori indegni e mal pagati, lavori alienanti, noiosi e ripetitivi o, peggio ancora, lavori che umiliano, che ricattano, che sfruttano e che uccidono. In questi casi il lavoro non è un bene ma un male perché fa soffrire, perché non dà alla persona la possibilità di sviluppare le proprie capacità e di migliorarsi. NON È IL LAVORO IL PROTAGONISTA MA CHI LO SVOLGE.

Secondo me la Festa del Lavoro ha senso solo se ci si impegna con azioni concrete per migliorare lo stato attuale delle cose. Mi spiego meglio: chi ha un lavoro e lo svolge male deve imparare a sperimentare i benefici del lavoro fatto bene; il datore di lavoro che persegue solo il proprio interesse e non riconosce il valore dei propri dipendenti deve imparare a rispettarli e a far emergere le loro capacità (di conseguenza, migliora il lavoro svolto); chi lavora sempre perché crede di guadagnare di più deve imparare che il lavoro ha senso solo se alternato allo svago e al riposo (8 ore di lavoro, otto ore di svago, otto ore per dormire). Ma, prima di ogni cosa, bisogna migliorare la qualità dei controlli sulla sicurezza: nel 2023 non si deve più morire sul posto di lavoro! Potrei continuare su questa scia perché c’è ancora tanto “da lavorare” sul significato profondo del lavoro affinché sia davvero benedetto.

Il 1^ maggio non deve essere solo concerti nelle piazze e slogan: forse oggi questa festa ha perso il suo significato originario ma non dobbiamo permettere che si perda anche il valore del nostro lavoro.

La frase del sottotitolo è dello scrittore russo Lev Tolstoj.

Io la condivido in pieno.

E tu?

Buon lavoro!


di Rubrica autogestita da Letizia Guagliardi | 01/05/2023

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