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Mandatoriccio (Cosenza) - "La vita non dipende da ciò che si possiede"


di DON MICHELE ROMANO - Il brano odierno del Vangelo (Lc 12, 13-21), ha parole sferzanti contro coloro che, accecati dalla ricchezza, non fanno esperienza della Carità di Dio, vera ricchezza per ogni uomo. Solo da un cuore convertito, distaccato dalle ricchezze materiali, inconsistenti e deludenti, scaturirà il comportamento concreto di giustizia e carità. Non siamo cittadini definitivi su questa terra, ma siamo pellegrini verso l'eternità. Non possiamo improntare la nostra vita, solo ad accumulare beni e tesori materiali, senza mai fare, tra l'altro, del bene ai nostri fratelli più bisognosi: Non ci porteremo niente all'altro mondo! "Poveri Ricchi", ancora ignari di tanta Verità: la ricchezza non rende felici (Del resto loro piangono per altri e più seri motivi), bisogna guardarsi dalla cupidigia, e dalla smania di possedere sempre di più. Il vivere ed arrivare al giorno di domani, sta solo nelle mani di Dio, e noi, per quanto ci vogliamo dare da fare, non possiamo prolungare, ma nemmeno di un'ora, la nostra vita: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?" (v 20). Sapendo che siamo destinati a divenire "cittadini del cielo", bisogna preoccuparsi piuttosto di arricchire presso Dio: "Così è di chi accumula tesori per sé e non arricchisce presso Dio" (v 21). La missione di Gesù, non è quella di risolvere quale mediatore, i problemi "effimeri" di questa terra: "Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità" (v 13). Sciaguratamente, la voglia di possedere sempre di più, spesso inquina anche le relazioni parentali più strette...!
E quante persone e famiglie, oggi vivono il dramma di insanabili inimicizie, vivendo nell'egoismo, nell'isolamento, negando ogni condivisione d'affetto. O le ricchezze che possediamo (Materiali o Spirituali, ci servono per acquistare meriti: aiutando gli altri, praticando la vera Carità, o ci porteranno alla perdizione. Costruire la vita sulla fiducia nei confronti dei beni materiali, è pura stoltezza. Per dirla con le parole di Qoèlet: "È pura vanità, totale inaffidabilità. Il termine "Vanità", ("Hèbel", soffio, nube di rugiada che sale al mattino da un fiume a fondovalle, e che svanisce allo spuntar del primo raggio di sole), è un termine che ricorre 36 volte nella Bibbia, di cui 23 proprio nel libro di Qoèlet, divenendone, così, un suo "leit- motiv" (Ritornello costante).
"Hèbel" è, per Qoèlet, tutta la vita: anche il benessere è "Hèbel", perché tutto può svanire in un solo istante, insieme con la nostra vita; Sei "Hèbel", se ti fidi degli uomini e dei tuoi cari; Sei "Hèbel", se ti fidi dei soli beni materiali; Tutto può essere "Hèbel", se poniamo la nostra fiducia nelle persone o nelle cose sbagliate, invece di porla nell'unica Persona che conta, e che mai passa: Dio! Tuttavia, va anche precisato che, desiderare i beni occorrenti ad una vita sicura e dignitosa, ad un futuro sereno per sé e per i propri cari, è senz'altro legittimo. Non c'è pagina della Bibbia che lo biasimi. Altro però, è considerare i beni materiali, come "il" bene supremo, cui tutto subordinare, calpestando talvolta, giustizia, verità misericordia, e persino gli affetti familiari. La bramosia della ricchezza è una "mala bestia", che talora diventa ossessione: è quanto Gesù racconta nella breve parabola di oggi, del ricco fortunato e gaudente (vv 17-20). Con questo esempio, il Signore ci invita, prima di ogni considerazione dettata dalla Fede, ad usare la testa: vale la pena arrabattarsi tanto, quando non si è sicuri neppure di arrivare a sera? Allora siamo davvero stolti, umanamente stolti, cioè poveri di intelligenza, quando ci facciamo abbindolare dal vortice dei beni materiali, senza preoccuparci di ciò che la trascende: il bene compiuto, e la fede in Cristo, nostra unica salvezza! Una serena giornata.


di A cura della Parrocchia "San Giuseppe" Mandatoriccio Mare | 17/10/2022

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