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di DON MICHELE ROMANO - In questa XIX Domenica del tempo ordinario, Gesù nel Vangelo (Lc 12, 32-48), invita i suoi Discepoli, piccolo gregge nelle mani del Padre: "Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina..., perché dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore" (v 33). Un cuore, che sia vigile, sveglio, capace di saper affrontare la prova, ben radicato nella fede, che non si lascia sorprendere nelle prove della vita: "Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli...! (v 37a). Le prove della vita (E soprattutto della fede!), non consideriamole mai come una disgrazia, ma impariamo a valutarle come un "dono", che aiuta a crescere, proprio come la potatura delle piante. Certo, ogni potatura porta con sé la sofferenza, ma è una sofferenza finalizzata al bene, alla crescita, perché la pianta, a suo tempo, porti più frutto. È per questo che non dobbiamo avere alcuna paura: "Non temere piccolo gregge" (v 32a), espressione ricorrente nel Vangelo, circa 365 volte, a dire che il Signore ci ama tanto, che si pone accanto all'uomo come un amico, che non disdegna di porsi al servizio, della felicità di tutti noi i suoi figli, con un atteggiamento a dir poco sorprendente: "Si stringerà le veste ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli!" (v 37b). L'inaudito, che solo Gesù poteva osare, volto misericordioso di Dio, nostro servitore, che Lui ha incarnato e rivelato nell'ultima Cena, cingendo un asciugamano, prendendo fra le sue mani, i piedi dei suoi Discepoli, facendo suo, il ruolo proprio dello schiavo e della donna. Chi saprà attendere il Signore, con una fede operosa, sarà Lui che li farà mettere a tavola (Letteralmente, li farà "giacere"), sì perché, gli uomini liberi allora si coricavano per mangiare, mentre i servi dopo aver compiuto il loro dovere, si siedevano col piatto sulle ginocchia. Il Signore ci sorprende, perché capovolge questa prospettiva: ci rende liberi, per poterci servire! Quanta fatica facciamo noi, ad accettare questa logica evangelica dell'abbassamento e del servizio. Oggi, anche la Chiesa (Ahimè!), vive nella manifestazione di potenza (Almeno nelle sue strutture), e di ricchezza (Per tutti i capolavori d'arte che custodisce), e per i tanti eventi che hanno per lo più, caratteristiche di spettacolarità.
Il Card. Martini, nel dicembre de1998, scriveva: "Ci sono i cristiani della linfa (Quelli, cioè che sono autenticamente coinvolti e partecipi), del tronco, della corteccia, ed infine, coloro che come muschio, stanno solo esteriormente attaccati all'albero". "Essere pronti con le vesti strette ai fianchi e le lucerne accese" (v 35), significa restare svegli al bisogno del prossimo ed attenti alla voce interiore che mi indica il vero bene. Tenere la lucerna accesa, è vedere chiaramente come comportarsi per essere sempre pronti a esprimere la presenza del Signore in ogni evento. Ricco per il mondo, è colui che (Alla Paperon de' Paperoni), "nuota" nella sua ricchezza (Per il mondo vali, per quanto hai); ricco invece per Dio, è colui che sa condividere i suoi beni con i poveri, liberandosi in tal modo dai vincoli dell'avere e dagli idoli del possedere. L'errore fondamentale per il Cristiano, è pensare che: "il padrone tarda a venire" (v 45a). C'è chi ha scritto che: Tutto passa, solo Dio resta. Non illudiamoci, perciò, di essere persone che hanno valore, solo perché detentori di un buon conto bancario, perché occupiamo un ruolo di prestigio nella società o di potere nel mondo, o nella Chiesa. Tutto questo, agli occhi di Dio, non ha alcun valore. Tutto ciò che il mondo avvalora, al momento della Verità, tutto svanisce, quando: "Arriverà un giorno in cui non se l'aspetta e a un'ora che non sa..., lo punerà severamente come un infedele!” (v 46). Chiediamo, pertanto, a Dio, l'intelligenza evangelica per discernere, che il nostro vero tesoro, sono: l'amore, la pace vera, e la saggezza del cuore. Una serena giornata.