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di KATIA FILICE e DESIRÉ CHIRICO -  Giocare con lo spazio visivo delle immagini e della pagina. Leggere di un tramonto, disegnare il mare, cogliere la bellezza di un fiore o di una risata. Figure irreali si animano all’interno di uno spazio vissuto. Il poeta canta le gesta e il sentire, la musica ed il canto coinvolgono, la pennellata rivela l’anima, il personaggio teatrale travolge con tutta la sua forza. Nel silenzio si coglie e si comunica. E avere 20 anni o averne 80 non fa poi grande differenza. L’entusiasmo della scoperta, la rivelazione di ciò che si è capaci di fare o di dire, il rendersi conto di non essere fuori posto ma anzi di essere proprio al posto giusto, dona serenità. Una sensazione piacevole e tanto agognata che sconfigge la solitudine. Una condizione  complessa, quest’ultima, che nasce non tanto dal non aver nulla da fare ma dal non avere più voglia di fare ciò che si è sempre fatto. E allora per un po’ di ore si diventa  lo scorbutico e avaro Scrooge che scopre poi la bellezza del Natale, si diventa barca in mezzo al mare, papavero in una distesa verde, si diventa verso e canto e musica. Senza sosta, nella spasmodica voglia di uscire da quel che si è. In un crescendo di attimi, di minuti, di ore. E poi, come dopo un avventuroso viaggio in mongolfiera, si ritorna a terra. Un po’ storditi ma carichi, in grado di affrontare la vita che sta oltre quella stanza. Ci si saluta dandosi appuntamento al prossimo incontro.