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Rossano (Cosenza) - Quel deserto che è dentro e fuori di noi


di LETIZIA GUAGLIARDI - Da quando è iniziata – orami da più di un anno – io questa emergenza l’associo a un deserto: le nostre piccole certezze sono subito sfumate e davanti a noi si è aperto un luogo vuoto e senza confini. Siamo stati costretti, di punto in bianco, ad attraversarlo e senza possedere gli strumenti per orientarci. Catapultati in un luogo ignoto, così diverso da quello che abitavamo prima, in cui riuscivamo a controllare – o ci illudevamo di controllare – tutto o quasi.

Questo tempo che stiamo vivendo è un deserto perché – secondo me – ne presenta le stesse caratteristiche: terreno arido e molto salato che appesantisce i nostri passi, freddo intenso che penetra nel cuore e caldo opprimente che annebbia i sensi, venti capricciosi che cancellano tentativi di ripresa già deboli, tempeste di sabbia che nascondono timidi germogli.

Molti ne hanno conosciuto bene tutte le asprezze: la solitudine, la desolazione, l’isolamento, il distanziamento, il senso di perdita e di morte, l’abbandono, l’attesa senza speranza, l’orizzonte incerto. Per non parlare delle prove e delle tentazioni.

C’è da rilevare, però, che proprio durante il cammino in questo luogo arido e ostile, apparentemente sconfinato, ognuno ha scoperto, anche, il deserto che ha dentro di sé, una sfida che, ogni giorno, mette alla prova la propria capacità di reagire, di risolvere, di rialzarsi, di proseguire.

E sempre qui, nel deserto, vengono fuori anche le polemiche, le contestazioni, le lamentele, i mormorii e le ribellioni. Ma non è forse, anche, il luogo in cui si imparano o si rafforzano la pazienza, la perseveranza e il senso dell’attesa…per chi riesce a non perdere di vista la meta?

Questo deserto, come ogni deserto, ci insegna anche a saper discernere, a decidere cosa è essenziale e cosa è superfluo, quindi da abbandonare, perché per attraversarlo non bisogna appesantirsi ma portare con sé solo ciò che è davvero indispensabile per stare in vita.

Da un mondo che ci riempiva di suoni e di rumori siamo passati a vivere nel silenzio e questo ci ha insegnato ad allenare lo sguardo, a migliorare l’ascolto e ad affinare tutti i nostri sensi, insomma, per scorgere i pericoli e le insidie.

Ma il deserto è anche il luogo e il tempo di incontri provvidenziali e di bellissime rivelazioni- se lo si attraversa con la giusta attitudine.

Ecco che allora, mentre cammini, puoi incontrare persone che sfidano quello che hanno intorno e si ingegnano per trovare l’acqua (perché, in profondità, c’è), scavano pozzi per portarla in superficie, e quando piove (poco e raramente) trovano il modo per raccoglierla, conservarla, incanalarla. E poi seminano, piantano, allevano animali, costruiscono case.

Nasce così un’oasi, una piccola zona ritagliata nella sconfinata distesa di sabbia che si anima di persone volenterose, di palme, di alberi da frutto, di orti, di animali. Un’esplosione di colori in mezzo alla monotonia di un mare di onde monocolore. Una propagazione di suoni e di voci che rompe il  pesante silenzio che aleggia fra le dune. Queste oasi si chiamano ospedali, scuole (anche con la didattica a distanza) e centri di accoglienza, per esempio.

Perché il deserto, sia quello che hai dentro che quello che vedi intorno a te – se lo percorri con consapevolezza – ti fa diventare più umano, ti offre un punto di interesse e di riflessione, una palma che ti dona ombra e frescura quando ci sosti, uno stimolo se vuoi creare altre oasi. Perché la forza – quando si attraversa un deserto – è la certezza che da qualche parte c’è un pozzo che aspetta proprio noi.

Una sfida che, quando si vuole, può diventare realtà. Altrimenti rimane solo un miraggio.


di Letizia Guagliardi | 14/04/2021

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