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Cassano Allo Ionio (Cosenza) - L’appello di don Groccia: L’area storica di Sibari Patrimonio dell’Umanità


Di seguito si riporta l'appello del vicario per la Cultura della Diocesi di Cassano all’Jonio, don Pietro Groccia, sull'area archeologica di Sibari.   "Sono don Pietro Groccia, parroco della sibaritide, e vicario per la cultura della diocesi di Cassano all’Jonio.  Con la presente lettera aperta mi associo, in unione di intenti, all’appello del Sindaco di Cassano all’Ionio Gianni Papasso e di quanti hanno a cuore di dare futuro alla storia, per primo il nostro vescovo Francesco Savino, che quando parla di Sibari si emoziona, perché la nostra Sibari venga riconosciuta come patrimonio dell’Unesco. 

La sibaritide non è solo un’area arretrata o sottosviluppata della Calabria, ma piuttosto il territorio in cui esiste una società dotata d’una forte tradizione storica e d’una inconfondibile fisionomia, apprezzabile nella vigorosa sintesi, purtroppo oggi rotta tra scienza e sapienza, tra polis ed etica, tra umano e divino.

È bene precisare che non siamo mossi da pretese celebrative, sebbene di una celebrazione dei fasti della nostra terra baciata dal sole e segnata nel profondo delle sue radici dalla linfa greca e dalla coniugazione cristiana dell’Assoluto e della storia, ci sarebbe bisogno, dal momento che sulla nostra identità si dispone solo di torbide demonizzazioni. 

A Sibari esiste il gusto della diversità e della pluriformità. Risorse, queste, che possono agire da antidoto contro la tendenza all’omologazione, tipica della società di massa. Sibari è, ancora, un “luogo di vita”, in cui ci sono risorse umane e grande agilità mentale; permane una cultura dell’amicizia e della lealtà interpersonale che può essere preziosa nel momento in cui, un po’ in tutto l’occidente, si cerca di correggere un tipo di sviluppo economicisticamente inteso, fondato sull’egoismo. 

È un dato di fatto che nella storia della civiltà europea la luce viene da Oriente: quando l’orientale lumen si tuffa in Occidente, lo spirito speculativo dei Greci viene a sposarsi alla concretezza latina. Da questa coniugazione nascono le stagioni e le imprese che segnano la storia della cultura occidentale. Il luogo in cui questo incontro originariamente si compie è la nostra terra: perciò non meraviglia come questa terra costituisca la culla in cui hanno inizio molte delle svolte del pensiero dell’Occidente.

Sibari è terra di mare e per questo mostra un abissale senso di appartenenza alle acque che sono come un utero di gestazione vitale sempre nuova. Il sibarita ha conosciuto l’amarezza del partire e le difficoltà del ritorno, ma ha il “cuore” per l’accoglienza dei nuovi “migranti”, e questa novità culturale, sostenuta e sponsorizzata dal nostro vescovo Francesco, è un banco di prova dell’autenticità dell’amore cristiano.

Sibari, per concludere è un’area umana, uno spazio culturale; sento di dire, senza enfasi, che da noi si respira un umanesimo intenso e fecondo. Questo patrimonio di intelligenze, di capacità intellettuali non merita di vivere l’oblio eterno, ma merita di essere conosciuto e valorizzato in Europa. Riappropriarsi di tali ricchezze del passato, infatti, non significa ritornare nostalgicamente ad epoche lontane, quanto piuttosto recuperare stili di vita, esperienze ed insegnamenti che provengono dal passato e che potrebbero essere utili per affrontare ed eventualmente attenuare emergenze attuali.

E, il riconoscimento da parte dell’Unesco della mitica Sybaris quale Patrimonio dell’Umanità, potrebbe essere una via privilegiata, per una nuova primavera di sviluppo di Sibari e della sibaritide. 

L’Italia, sosteneva Giovanni Paolo II nella storica visita alla Calabria del 1984, non potrà essere riconciliata, ove non si giunga a riconciliare la realtà meridionale e, in genere, tutte le realtà periferiche ed emarginate con l’intero Paese". 

 


di Redazione | 04/08/2020

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