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Acri (Cosenza) - JOËL STEIN e l’arte cinetica. Personale retrospettiva dal 1960 ad oggi.


Da sabato 3 luglio a domenica 26 settembre 2010, il MACA - Museo Arte Contemporanea Acri ospita un’importantissima mostra retrospettiva che vuole essere un percorso attraverso tutta l’opera di Joël Stein – il padre e l’artista più rappresentativo dell’arte cinetica; il protagonista di un’esperienza fondamentale nell’intensa vivacità creativa della seconda metà del XX secolo. Assorbito dal fervore culturale e artistico dell’ambiente parigino, Stein porta avanti una personale ricerca che lo vede partecipare, nel 1960,  alla fondazione del “Groupe Motus”, a cui succederà il “Centre de Recherche d’Art Visuel”, che diventerà poi il “Groupe de Recherche d’Art Visuel” (GRAV), del quale sarà uno dei più incisivi teorici. Quella di Joël Stein è un'opera molteplice nelle sue forme perché, se inizia con la pittura e l'incisione, molto presto si mostrerà curioso di altri modi di espressione: oggetti manipolabili, costruzione di scatole luminose, triedri o caleidoscopi, effetti speciali per il cinema di Henri-Georges Clouzot e per i servizi di ricerca dell'ORTF ( l'Ente Radiotelevisivo Francese), proiezioni di immagini animate a partire da un fascio laser, senza dimenticare la scultura con tecniche diverse; tutte prove di uno spirito totalmente libero. Poco incline a seguire dei maestri, Stein attribuisce molto presto un'importanza capitale al fattore visivo. Joël Stein è, forse, anzitutto un ricercatore; un ricercatore preoccupato di comprendere e di mettere alla prova il funzionamento della visione in rapporto con la percezione dei colori o con quella delle forme, quando esse si intrecciano, si sfalsano o sono messe in movimento; preoccupato anche di cogliere la destabilizzazione delle forme e dei colori attraverso il gioco delle giustapposizioni, il gioco delle ombre o delle diffrazioni, altrettanti effetti che possono essere provocati, amplificati e sconvolti con l'uso della luce laser e di specchi. Le immagini e le opere instabili di Joël Stein – di cui in mostra saranno presentati numerosissimi esempi che ripercorrono tutta l’esperienza creativa dell’artista: dalle Pitture programmate su sistemi matematici ai Labirinti; le Pitture in progressione cromatica; gli Intrecci, le Macchine, i Laser; gli Slittamenti; fino alle Ambiguità di lettura –,  richiedono sempre un occhio responsabile e partecipe che attribuisca loro una forma stabile anche se momentanea e contingente, che animi il movimento virtuale che le scuote, che attualizzi alcune delle loro infinite potenziali variazioni. Solo all'interno di questa relazione interattiva si costruisce l'immagine in un rimando reciproco e incessante di stabilità, giocato fra l'occhio e la realtà visiva, fra il soggetto e l'oggetto, fra l'uomo e il mondo. Ecco allora la necessità, come dice Stein, non tanto di spiegare i risultati ottenuti con la ricerca artistica ma di "moltiplicare le esperienze", affinché l'instabilità intrinseca del mondo si stabilizzi attraverso il nostro sguardo, la sua virtualità si attualizzi in una delle sue infinite forme attraverso di noi.  

di Redazione | 21/09/2010

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