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Crosia (Cosenza) - “Focus parrocchie”- “S. Francesco d’Assisi” ospita Arturo Mariani, il calciatore senza una gamba


Non una semplice testimonianza, ma un vero è proprio inno alla vita. L’opportunità di affermare ad alta voce l’importanza di vivere. È quanto accaduto nella chiesa parrocchiale “San Francesco d’Assisi” della frazione Sorrenti di Crosia.  Il parroco, don Claudio Cipolla, con il supporto degli operatori pastorali, ha pianificato un momento di interazione e confronto con Arturo Mariani, calciatore e scrittore, senza una gamba. O meglio, come egli preferisce definirsi  nato con una gamba sola. Un po’ come vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.  Sta proprio qui il suo grande ottimismo. La chiesa era gremita. Tanta gente proveniente, anche, dai paesi viciniori. Per l’occasione sono giunti a Sorrenti diversi sacerdoti, tante associazioni sportive del luogo, in particolare scuole calcio, ma soprattutto numerosi giovani. Il desiderio di ascoltare una voce capace di diffondere amore per la vita, quindi, per se stessi e per il proprio prossimo.  Arturo Mariani è nato a Roma e vive a Guidonia, un centro a circa 20 chilometri dalla capitale. Ha praticato diversi sport: nuoto, taekwondo, body building, calcio. Fa parte della Nazionale italiana di calcio amputati del Csi, partecipando nel 2014 ai mondiali di calcio amputati in Messico. Fondatore e animatore di un gruppo giovanile parrocchiale, è autore e speaker nella radio web Radio giovani arcobaleno. Frequenta il corso di laurea in Scienze della comunicazione all’Università La Sapienza e da anni è impegnato nel servizio di volontariato alla mensa Caritas di Roma. Durante la serata, il giovane Mariani, dopo qualche palleggio effettuato nel campetto della parrocchia con i ragazzi dell’oratorio, ha dialogato con la folta platea, mediante una scambievolezza di concetti anche con don Claudio Cipolla. Sono emersi pensieri interessanti. Iniziando dall’importanza della famiglia. La vicinanza della mamma. Fra l’altro lui è il terzo figlio e i genitori sono venuti a conoscenza di questa malformazione già al terzo mese di gravidanza. Senza esitazione hanno ritenuto opportuno proseguire la gestazione fino alla nascita. Il ragazzo, dapprima usava una protesi, poi, ha preferito eliminare l’arto artificiale, iniziando a usare le stampelle. In lui c’è stato un approccio diverso nei confronti della vita. La sua crescita, non solo da un punto di vista fisico, ma anche caratteriale e di fede. Considera la scelta fatta all’epoca dai genitori come “un’accoglienza e una sfida. Un grande gesto d’amore”. In realtà tutta la sua vita “è circondata d’amore. Possiamo vivere senza nulla, ma non senza amore”. Ant. Iap.


di Redazione | 09/11/2019

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