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Catanzaro (Catanzaro) - L'Avaro di Moliere in scena al Teatro Comunale di Catanzaro


Mercoledì 27 febbraio 2019 alle ore 21 sul palcoscenico del Comunale nuovo grande evento della stagione teatrale AMA Calabria con Alessandro Benvenuti interprete de L’Avaro di Moliere.  Insieme a questo protagonista assoluto della scena teatrale italiana gli apprezzati attori  Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Paolo Ciotti, Gabriele Giaffreda ed Elisa Proietti. Amaro e irresistibilmente comico, un’opera di bruciante modernità, L’avaro molieriano riesce a essere un classico immortale e nello stesso tempo a raccontare il presente senza bisogno di trasposizioni o forzate interpretazioni. La versione della celebre opera di Moliere presentata a Catanzaro è l’adattamento, sempre rispettoso e spesso illuminante di Ugo Chiti, che aggiunge, nella parte del protagonista Arpagone, la grande cifra attoriale di Alessandro Benvenuti. La storia critica de L’avaro, esemplificando in maniera sommaria, nei secoli si è divisa tra coloro che considerano la commedia un’opera comico farsesca con un buffone al centro della vicenda e quelli che vi leggono una componente seria che nel personaggio di Arpagone sfiora quasi il tragico. L’adattamento guarda L’avaro occhieggiando a Balzac senza dimenticare la commedia dell’arte intrecciando ulteriormente le trame amorose in un’affettuosa allusione a Marivaux. Contaminazioni a parte, Arpagone resta personaggio centrale assoluto, mantenendo quelle caratteristiche che da sempre hanno determinato la sua fortuna teatrale, si accentuano alcune implicazioni psicologiche, si allungano ombre paranoiche, emergono paure e considerazioni che sono anche rimandi al contemporaneo. La “parola” è usata in maniera diretta, spogliata di ogni parvenza aggraziata, vista in funzione di una ritmica tesa ad evidenziare l’aggressività come la “ferocia” più sotterranea della vicenda. Altra scelta della riscrittura è stata quella di ridisegnare alcuni passaggi del testo ritenuti da sempre “deboli o frettolosamente liquidatori”; vedi, per esempio, il piano per ingannare Arpagone, che solo annunciato da Frosina all’inizio del quarto atto nell’originale, diviene in questo caso un’occasione drammaturgica per accentuare il livore risentito e la spinta illusoria dei figli Elisa e Cleante. Con eguale libertà drammaturgica l’improvviso e precipitato scioglimento finale, accentua una valenza fiabesca suggerendola fino dalla prima scena (Valerio - Elisa) per poi utilizzarla come un “rilancio” finale di Arpagone che si riprende appieno la scena ribadendo così la peculiarità di personaggio senza antagonisti, consumandosi in un assolo delirante perfettamente speculare al prologo – monologo che dà l’avvio allo spettacolo. Chiti, dunque, innesta le vicende dei grandi classici nel linguaggio, forte, crudo, e a volte comicissimo che gli è proprio e che diventa tutt’uno con le sue regie, scavando al fondo delle psicologie dei personaggi anche grazie alla assoluta corrispondenza dell’uso che fa della parola teatrale con il procedere delle sue messe in scena, del suo lavoro con gli attori, da quelli che hanno con lui una storia ormai più che trentennale ai giovani che di volta in volta sceglie per i suoi personaggi e che sa inserire mirabilmente in questo contesto. E anche nel caso di questo Avaro molieriano, anche grazie all’apporto del “primattore” Benvenuti, pur seguendo con grandissimo rispetto la vicenda, i tempi e la lettera del grande classico, il testo della riscrittura si plasma e si radica nel corpo degli attori della compagnia che del lavoro con il loro dramaturg fanno ancora la principale e la più intensa delle loro esperienze.


di Redazione | 27/02/2019

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