di FRANCESCA RENNIS - La crisi nella quale siamo immersi e che si traduce in questioni irrisolte di accoglienza e di emarginazioni sempre più ampie della popolazione globale è soprattutto crisi di un pensiero che non riesce a trovare i fili di una logica che recuperi, nella cura delle persone, l’umanità. Un pensiero fermo su se stesso, su chiacchiere senza senso e vuoti sussurri. E d’altra parte, il silenzio è quello che ci rimane. Un silenzio imbarazzante, forse quello del bambino autistico, curvato su se stesso, che dondola ripetendo in continuazione lo stesso gesto. Metafora di un mondo che sa produrre solo sofferenze e autarchiche giustificazioni. E pure il silenzio, che comunque ha bisogno di parole per dirsi, si rivela a sua volta, paradossalmente, impossibile.
Forse solo il pensiero
Forse solo il silenzio
può riportare il senso della vita
nell’esistenza.
Il silenzio di quel battito di ciglia
tra Atteone e Diana
infrange la parola nel farsi natura.
Una speranza.
Il silenzio, che sia del concetto
si scaglia nella rappresentazione
avida di spiegazioni
ragioni incapaci di dire. Paradossi mortali.
Forse solo il silenzio
può sormontare la storia delle ingiustizie
ridotta a spettrale memoria.
Oltre il silenzio ci giunge il canto di agonie presenti
come eco dal passato che ritorna.
Odo il silenzio che impossibile s’affaccia
all’uscio del presente.
Negli sguardi desolati di un me irrisolto,
voci e volti del presente soffrire.
L’amaca dondola
inseguendo la fragilità del potere umano.
Impotenza all’abbraccio.
Dondola autistico questo pensiero
perso nell’immobilismo
dei suoi miti.
E questo silenzio che non riesce ad essere
ciò che promette.
di Francesca Rennis | 12/02/2017
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