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Rossano (Cosenza) - San Nilo il “migrante”: memoria storica e attualità


di   FRANCESCO  FILARETO - Dal 26 settembre 1004 sono trascorsi 1.011 anni dalla dipartita, a Grottaferrata, di S. Nilo di Rossano (San Nilo il Giovane, “o AgioV NeiloV o neoV”), “il più illustre figlio di Rossano” (Fracois Lenormant), asceta, santo, intellettuale organico, profeta, dalla lunga e operosa vita (novantaquattro anni ! …, nonostante i tempi drammatici e nonostante le privazioni, le sofferenze e un attivismo senza sosta e risparmio di energie).     Le tappe del suo pellegrinaggio terreno sono:  a)     Rossano (910 - 940): nasce da famiglia aristocratica, imparentata con gli Imperatori di Bisanzio (probabilmente i Maleinos , “MaleinoV”), nel cuore della Grecìa, il quartiere orientale bizantino più antico, nella Piazza San Nico (diminutivo di Nicola, il suo nome di battesimo), che è la prima Piazza o Agorà (“Agora”) di Rossano, dove ancora si conserva il primo nucleo del suo palazzo (secondo tradizione consolidata); si costruisce una solida e vasta cultura (greca, latina, araba) nelle Scuole presso la prima Cattedrale della città, dedicata alla Theotòkos o Méter Theù di Santa Maria della Pace (“QeotokoV”,   “Methr  Qeu”, “Agia  Eirenh”);  si forma una famiglia, con moglie e una figlia (930);  vive gli agi e i privilegi della sua condizione sociale e partecipa al governo di Rossano; b)      Monastero di S. Nazario nel Salernitano, dove soggiorna per poco tempo, e  la zona ascetica del Mercurion sul Pollino (940 - 952/953): a trent’anni sente la forte chiamata del suo Dio, che lo chiama alla “fuga mundi” e alla scelta esclusiva e radicale di dedicarsi a Lui, perciò rinuncia a tutto (ricchezza, potere, privilegi, famiglia, città natale) e si fa monaco eremita o anacoreta presso l’Oratorio di S. Michele Arcangelo, dove alterna il più rigoroso ascetismo, lo studio e la trascrizione delle opere della sapienza cristiana e antica in centinaia di codici di eccellente fattura e in scrittura niliana, alcuni dei quali pervenutici; c)      la Montagna Santa (“Agion  OroV”) o zona ascetica di Rossano e di S. Adriano ora S. Demetrio Corone (952/953 - 980/982): ritornato, dopo circa 12 anni, nel suo territorio, riforma il Monachesimo calabro greco cosiddetto “basiliano” in senso eremitico-cenobitico e in senso contemplativo-operativo;  fonda i Monasteri di “S. Anastasia” (oggi S. Marco) nella sua città, di “S. Giovanni Battista” o “Santu Janni”,  di “SS. Salvatore”, di “S. Opoli o dell’Arenario” nella zona montana di Rossano,  e successivamente quello di “S. Adriano” nell’attuale S. Demetrio Corone;  intrattiene rapporti con i potenti del suo tempo (il vice-imperatore di Bisanzio parakimòmenos Giuseppe Bringas, lo Stratego di Rossano e della Calabria Basilio, il Giudice Imperiale Eufràsio, l’Emiro saraceno e musulmano di Palermo Abùl  el Kasém, il Metropolita della Calabria Teofilatto  ecc.), rifiuta il Vescovato di Rossano (976), soccorre i poveri e gli indifesi, condivide le sofferenze dei suoi concittadini durante un grave terremoto (970), salva dalle spietate ritorsioni del Magìstros dell’Italia bizantina Niceforo Foca (976) la sua città e la sua gente, resesi protagoniste della distruzione della flotta bizantina nel porto-arsenale di Rossano; d)     Principato di Capua  e presso Montecassino (980/982 - 994): quando Rossano passa sotto il dominio del Sacro Romano Impero (980-982) e ospita l’Imperatore Ottone II di Sassonia, con la sua Corte (e la moglie Teofano e il figlio Ottone III) e il suo esercito (poi sconfitto dai Saraceni a Stilo), S. Nilo lascia la sua terra ed emigra nella regione latina della Campania, prima a Capua e, poi nel territorio del Monastero benedettino di Montecassino, dove fonda il Monastero di  Vallelucio (ora S. Elia Fiumerapido), con oltre 60 monaci, tra i quali il concittadino Bartolomeo, suo discepolo prediletto, autore del “Bios” (“BioV”) o “Vita di S. Nilo”, con-fondatore della Badia di Grottaferrata; e)     Ducato di Gaeta, dove fonda il Monastero di Sèrperi o Sàrapo,  e  Roma (994 - 1004):  da Gaeta si sposta a Roma (998) per incontrare Ottone III di Sassonia, Imperatore del Sacro Romano Impero (lo re-incontrerà a Sèrperi nell’anno 1000), il Papa Gregorio V, il Papa Giovanni XVI (Giovanni Filàgato, suo concittadino e amico); f)        Grottaferrata (primavera - 26/9/1004): dopo un soggiorno presso il Monastero greco di S. Anastasio alle tre Fontane nella città eterna, ottiene dal Principe Gregorio di Tuscolo il rudere della Cryptaferrata (dove sorgeva il Tusculanum di Cicerone) e il territorio circostante, dove avvia la costruzione della Chiesa e del Monastero dedicati a S. Maria di Grottaferrata, che saranno ultimati da S. Bartolomeo (1024): muore al tramonto del 26 settempre 1004 (“… con il sole tramontò il sole”, scrive il suo biografo Bartolomeo) proferendo queste ultime parole: “seppellitemi nella nuda terra, perché i migranti possano riposarvi, in quanto anch’io fui migrante (xénos, “xenoV”) per tutti i giorni della mia vita”.   Nilo, a differenza dei tanti anonimi della storia, ha vissuto una vita intensa, ha lasciato segni incancellabili di cambiamento a servizio degli uomini-persone e, perciò, resta sempre vivo nella memoria individuale e collettiva, con una meta-storicità e un’attualità sconcertanti.  Infatti, egli è stato riconosciuto, fin dal 1618, Com-Patrono di Rossano (insieme a Maria Achiropìta), poi, nel 1958, anche Com-Patrono della Calabria (insieme a S. Bartolomeo di Rossano e S. Francesco di Paola), e la sua festa cittadina viene stabilita il 26 settembre (con Delibera Giunta Municipale n. 883 del 4-9-1989, promossa dallo scrivente).  Inoltre, è Patrono di Grottaferrata, Patrono di Gaeta, e, dal 25-9-2012, “Cittadino gaetano benemerito” (“civis cajetanus”), al quale è dedicata, il 16-9-2010,  l’omonima chiesa parrocchiale,  che, il 16-9-2014, viene elevata a Santuario di S. Nilo (il primo in assoluto).     Nilo è l’uomo della testimonianza della scelta radicale, perché vivere non è lasciarsi vivere, lasciarsi trascinare dalla corrente conformistica delle mode e delle tendenze della propria epoca, ma imboccare la propria strada esistenziale, con la consapevolezza, con libertà e con la responsabilità che  la vita è missione e servizio. Egli sceglie Dio, convinto che la fede è dialogo con l’Assoluto, amore personale e diretto, che richiede l’esclusività di quel rapporto e la rinuncia ai valori e dis-valori del mondo (status sociale, ricchezza, potere, famiglia). Ma la sua non è una fede devozionista, intimista, rituale e, perciò, egocentrica, egoista, estranea alla storia e all’umanità,  bensì è la fede-àgape, comunitaria, associata, solidale, condivisa, donata, è la fede-carità del farsi prossimo: non si ama né si serve il proprio Dio se non si ama e non si serve l’umanità di cui si è parte integrante. Egli ama e serve l’umanità dolente, quella che vive nel bisogno e nella marginalità, quella che subisce i soprusi dei potenti e dei prepotenti, quella della sua Rossano e del suo territorio per 70 anni,  e quella della Campania e del Lazio  per gli altri 24 anni.     Nilo è l’uomo della testimonianza della Riforma religiosa del Monachesimo, conciliando l’Anacoretismo del rapporto eremitico-personale-solitario uomo-Dio con il Cenobitismo del rapporto comunitario-solidale-condiviso uomo-Assoluto, la vita contemplativa (il “bios theoreticòs”, “bioV qeoretikoV”)  con la vita operativa (il “bios praticòs”, “bioV praktikoV”), il pensare (il “léghein”, “legein”)  con il fare (il “pràttein”, “prattein”), la fede con la vita.                  .              E’ il fondatore di diversi  Monasteri, sopra ricordati.   Questi Cenobi niliani sono protagonisti e artefici di cambiamento in quei secoli drammatici.  Infatti, sono i luoghi di intensa religiosità ascetica individuale e associata, di “metànoia” ossia di rinnovamento e perfezionamento spirituale fino alla santità;  sono “Scriptoria”, ossia le case editrici ante litteram, dove oscuri amanuensi, trascrivendo gli antichi testi, salvano dalla distruzione e dall’oblio l’eredità delle Civiltà e delle culture laiche greche e latine;  sono gli archivi delle memorie storiche precedenti attraverso la costituzione di grandi Biblioteche, fondamenti dell’Umanesimo-Rinascimento e delle future Civiltà; sono i centri economici e sociali in sostituzione delle città (in un mondo de-urbanizzato e ruralizzato), dove le popolazioni disorientate e terrorizzate trovano le condizioni e le opportunità di ospitalità, di lavoro, di vita;  sono i soggetti sociali – gli unici in quel tempo - di difesa e protezione dei diritti elementari dei poveri e dei subalterni;  sono le riserve di energie spirituali e morali alle quali la Chiesa attingerà nei secoli successivi e sulle quali costruirà il suo prestigio e la sua autorevolezza.            Nilo è l’uomo della testimonianza dell’importanza della Cultura, segnatamente nei periodi burrascosi e quando le coscienze individuali e collettive sono sbandate, perché la cultura è valore, risorsa, finalità:  è valore perché in essa si esprimono i principi dell’Umanesimo (teista, laico, ateista), ossia la creatività, l’intelligenza, i sentimenti, l’autonomia critica, la vision della realtà e del futuro, il senso e il progetto di vita dell’uomo singolo e associato, in questi valori riconosciuti e condivisi si ritrovano comunità e popolo, perché essi ed essi soltanto fanno autentica coesione sociale e danno unità di identità, di appartenenza, di fierezza;  è risorsa perché è in grado di produrre la risorsa economica immateriale più grande in assoluto, quella universalmente valida, quella che non è mai soggetta alle variabili del mercato, è il capitale umano, il capitale intellettivo, il capitale delle capacità e delle professionalità; è finalità di ogni ambizioso progetto di sviluppo endogeno e auto-propulsivo per l’oggi e per il domani, che punti su una società a misura d’uomo, più giusta, più eguale, più fraterna, più solidale, più pacifica, più rispettosa della vita e dell’ambiente.        Nilo è l’uomo della testimonianza della Mediterraneità”, ossia della Civiltà e della cultura mediterranee greco-bizantine, che, arricchitesi e perfezionatesi nel Mezzogiorno d’Italia e in Calabria (e a Rossano), rappresentano il contributo originale, qualificante e il fondamento della Civiltà europea e contemporanea, sintesi di culture e sensibilità diverse.     Nilo è l’uomo della testimonianza dell’Unità e dell’Ecumenismo, impegnato costantemente, da Cristiano greco-bizantino, nel dialogo, mediante il rispetto e l’apertura, e tra eguali, con i credenti e le persone dei tre Monoteismi del Mediterraneo: i Cristiani latino-cattolici, i Musulmani-islamici,  gli Ebrei-giudei.  Il suo messaggio di appello all’unità e alla solidarietà tra diversi, ma aventi in comune principi e valori condivisi, oggi, in cui ritornano a spirare venti inquietanti di divisione e di odio, è di un’attualità cogente, che ci richiama alla responsabilità di trovare le ragioni dello stare insieme.       Nilo è l’uomo della testimonianza della profezia dell’Unità dei Cristiani, resa visibile con l’apposita fondazione del Monastero di “S. Maria di Grottaferrata” (con-fondato con il suo discepolo prediletto e concittadino S. Bartolomeo)  quale luogo e laboratorio di idee, d’incontro, di dialogo, di sintesi tra le due anime del Cristianesimo, quella orientale-greco-bizantina e quella occidentale-latino-cattolica, in rottura o in autonomia fino ad oggi in seguito allo scisma del 1054. A Grottaferrata si potrebbero aggiungere Rossano e Gaeta quali luoghi dell’Ecumenismo, artefici attivi nel promuovere iniziative qualificate per individuare principi, valori e strategie al fine di avvicinare, ancora di più e meglio, le posizioni del Cattolicesimo e quelle dell’Ortodossia in vista dell’auspicabile ricostituzione dell’unità fra i Cristianesimi.      Nilo è l’uomo della testimonianza-simbolo dell’ emigrante calabrese o meridionale, che, per costrizione del bisogno o per pulsione o per libera scelta di éxodos (“exodoV”), va altrove, oltre, oltre ogni confine, alla ricerca di nuove opportunità e condizioni di vita, accettando - con coraggio - la sfida della novità e fiero di portare nel bagaglio la sua identità operativa, la sua Calabresità, la sua Meridionalità, la sua Mediterraneità.    S. Nilo è, dunque, la personificazione del Calabrese/ Meridionale migrante e/o pellegrino della Verità: un simbolo, una metafora che ha saputo cogliere il più grande scultore del ‘900, Pericle Fazzini, in un pregevole bozzetto, che l’Amministrazione comunale ha voluto realizzare, con i fondi dell’Area Urbana Rossano-Corigliano (nel 2010-11, quando lo scrivente era Sindaco della città), nella fontana di Piazza Steri a Rossano, nella quale Nilo l’emigrante, pellegrino della Verità, s’incammina da Rossano per Grottaferrata, portando con sé e nel mondo la Civiltà greco-bizantina e quella dell’olio (rappresentate dall’Oratorio del S. Marco e dall’ulivo secolare).       Nilo è l’uomo della testimonianza di un exemplum”, di un modello di riferimento, valido mille anni fa e ancora  attuale:  è il modello del coraggio della scelta del “pensiero fortesolidale e tollerante, dei principi e dei valori forti; è il modello della fedeltà a quella scelta del pensiero forte, dei principi e valori forti; è altresì il modello della coerenza comportamentale tra ciò che si pensa, ciò che si dice, ciò che si fa.       Un “exemplumuniversale ed eterno che caratterizza tante persone e tanti cittadini onesti e operosi rimasti nella loro terra, non sempre apprezzati e difesi, non sempre gratificati nella propria città e nella propria terra (“nemo profeta in patria”), ma paghi di aver fatto la propria parte e il proprio dovere, di avere lasciato tracce di sé e di avere contribuito a costruire un mondo migliore per quelli che verranno. Di queste persone-cittadini esemplari – oggi, qui ed ora –  la società e i giovani hanno bisogno, per non perdere, anzi per consolidare la fiducia e la speranza nel futuro.        Auspico che i miei Concittadini di Rossano, dell’Arcidiocesi di Rossano-Cariati e della Calabria del Nord-Est facciano memoria delpiù illustre figliodi questa terra, memoria operativa, in questo momento storico molto difficile, in cui questo Comprensorio è oggetto continuo di ingiustificabili e ciniche spoliazioni e rapine (sanità, ospedali, tribunale, treni, uffici pubblici;  e, in cambio, hanno lasciato disoccupazione, fuga dei giovani e dei cervelli, rifiuti, la famigerata SS. 106, le pericolosissime trivellazioni, la ‘ndrangheta), non è rappresentato da nessuno e a nessun livello, è sfiduciato e rassegnato, e perciò ha bisogno - un bisogno vitale e urgente - di recuperare la propria unità-identità di appartenenza e di territorio, la fierezza e il coraggio propri dei Calabresi, la capacità di resistenza e di reattività, perché non muoia la speranza e si alimenti la fede-convinzione-certezza che ce la possiamo fare…se ci crediamo e ci adoperiamo.

di Redazione | 27/09/2015

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