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Pallagorio (Crotone) - Si alza il sipario sul teatro di Eduardo


In occasione del trentennale dalla morte di Eduardo De Filippo, la compagnia teatrale Bazar ha portato sulle scene una delle più divertenti commedie del drammaturgo e attore napoletano. Scritta nel 1922 da Eduardo, “Uomo e Galantuomo” è una classica commedia degli equivoci, incentrata sullo scambio tra due donne in gravidanza. La prima uscita della commedia, ripresa magistralmente dal regista-attore Maurizio Pace (nel ruolo di Don Gennaro, ndr), ha riscontrato un buon giudizio dalla critica e una grande presenza di pubblico. Molto applauditi tutti i bravissimi attori, su tutti Michele Abate nel ruolo di Alberto e Claudio Mustacchio in quello del Conte Tolentano, ma anche Roberta Pellegrino nell’interpretazione di Viola e Caterina Spina nel ruolo di Bice. Un trionfo annunciato, anche perché le commedie di Eduardo sono conosciutissime, antiche e sempre attuali. Uomo e Galantuomo, rappresentata nel borgo antico di Pallagorio, suggestivo centro arbereshe della provincia di Crotone, è una commedia dove si ride dal primo all`ultimo minuto, ma come tutto ciò che è stato scritto da Eduardo sfocia anche nella drammaticità del quotidiano. Equivoci e personaggi che rappresentano la miseria umana, ma anche la rappresentazione di un ipocrita mondo borghese che vuole salvarsi dalle apparenze. Come il gruppo di attori recitanti, protagonista della storia è una scalcinata compagnia di guitti, “L’eclettica”, a capo della quale vi è il capocomico Gennaro, l’uomo con la tasca della giacca sporca dopo avervi messo della sugna. Oltre quelli sgangherati della compagnia, sono attori anche gli altri personaggi della commedia: soggetti sempre in bilico tra la verità e la menzogna. Un esempio tra tutti è don Alberto, che con il suo “lallalarallì, lallalarallà” mette in scena la sua finta pazzia, così come alla fine farà anche il Conte Tolentano. Il palco, poi, si infiamma quando appare Bice, donna ammaliante e manipolatrice. Protagonisti della commedia sono degli attori girovaghi, che approfittano dell’ospitalità di un impresario. Viola, la prima attrice della compagnia, è incinta di Gennaro, il capocomico, con cui è sempre in contrasto. Alberto, invece, è l`impresario che fa seguire in segreto Bice, la sua amante. Ma un giorno, Alberto si reca a casa sua e scopre che la donna è sposata con un nobile, il conte Tolentano. Per salvarla dallo scandalo Alberto si finge pazzo e comincia a farneticare cose senza senso e a canticchiare un’orecchiabile canzoncina, vero leit-motiv della commedia. Il motivetto è l’espediente per fingersi pazzo, anche se, alla conclusione del secondo atto, questo artificio non gli eviterà il manicomio. Un pazzo che è visto come un evaso dalla realtà e dai problemi, ma che è pur sempre un finto pazzo. Lo stesso meccanismo, quello della finta follia, che userà sia il conte Tolentano che Gennaro. Nel terzo atto tutti sono riuniti al Commissariato, dove la matassa verrà definitivamente sbrogliata. È allora che vengono scoperti tutti gli altarini del conte Tolentano, che tanto uomo d’onore non è perché anche lui ha l’amichetta. Ma il conte, per sfuggire alle furie della moglie Bice, attuerà lo stratagemma della pazzia, mettendosi a canticchiare il motivetto magico "lallerolallì lallerolallà". E lo stesso trucchetto lo userà Gennaro alla sollecitazione di un pagamento. E tra le risate del pubblico, giù il sipario. Da sottolineare, infine, la bellezza della scenografia allestita, che ha reso l’idea di un teatro a colori, dove la tavolozza cromatica è stata usata in modo espressivo dagli stessi attori sul palco.

di Redazione | 08/01/2015

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