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Rossano (Cosenza) - Omelia di Natale del Vescovo Marcianò


<<Carissimi fratelli e sorelle, è Natale! Il canto del Gloria ci ha permesso, ancora una volta, di riascoltare quanto i pastori udirono quella notte: «oggi è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore». Sì, è nato! Ed è nato per noi. Tra poco, recitando il Credo, saremo invitati a genufletterci alle parole: “per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto Uomo”. Lo faremo con particolare forza in questo Anno della Fede, inchinandoci dinanzi al Mistero che stiamo celebrando, in un silenzio adorante. Come ha recentemente affermato il Papa riferendosi al Mistero dell’Incarnazione, «ci colpisce sempre, e ci fa riflettere, il fatto che quel momento decisivo per il destino dell’umanità, il momento in cui Dio si fece uomo, è avvolto da un grande silenzio»[1]. Se ci pensiamo bene, un silenzio analogo avvolge quella notte di Betlemme, quando il Dio che si è fatto uomo viene alla luce con la nascita. Il Natale nell’Anno della Fede ci invita al silenzio.Il silenzio è la porta del mistero e bisogna, potremmo dire, varcare la porta del silenzio per varcare la porta della fede. Ma cos’è il silenzio e come questo messaggio di silenzio che viene da Betlemme può parlare oggi a noi, superando le voci rumorose e confuse che ci circondano? La nostra esperienza ci dice che ci sono diversi tipi di silenzio.   Conosciamo,certamente, un silenzio negativo, che è assenza di parole, di relazioni: un silenzio che significa incapacità di uscire dal proprio mondo, dalle proprie comodità, dal proprio egoismo per accorgersi dell’altro. C’è un silenzio fatto di incomprensione dell’uomo verso l’uomo, un silenzio che nasconde la superbia dell’uomo che non vuole rivolgersi al fratello, ritenendolo quasi inferiore a sé. C’è un silenzio che esprime omertà, un silenzio complice di delitti, un silenzio gravido di vendetta, un silenzio che sembra concentrato a industriarsi per far del male agli altri. C’è un silenzio di omissione nello svolgimento dei compiti e nell’assunzione di responsabilità. C’è un silenzio nel quale ci nutriamo di immagini e di fantasie, vivendo in un mondo surreale che ci trascina nella dipendenza dalla droghe, da internet, dal gioco di azzardo. C’è un silenzio di pigrizia e c’è un silenzio di menzogna, in cui ci rifugiamo per nasconderci dagli altri, per tentare di sfuggire a noi stessie a Dio, come fece Caino all’inizio della storia umana. Questo è, in definitiva, un silenzio che significa solitudine. E Dio che, fin dall’inizio della Creazione, aveva detto «non è bene che l’uomo sia solo», vuole vincere questo silenzio. Così manda il Suo Figlio, il Suo Verbo, la Sua Parola. Sì, cari amici, senza Dio siamo avvolti da un silenzio di incomprensione e di isolamento, perché le parole umane sono vuote, perdono di significato, sono usate dall’uomo contro l’uomo.Il Natale vince il silenzio, vince questo silenzio e ci obbliga a riallacciare rapporti di autentica relazione. È Natale se lasciamo che il Verbo di Dio fatto Bambino si incarni nelle nostre parole di menzogna e vendetta, nei nostri silenzi di indifferenza e superbia. È Natale se, tornando a casa, ritroviamo il coraggio di rivolgere la parola – quella parola che non è più solo nostra ma diventata la stessa Parola di Dio fatta Uomo – ai parenti con i quali lottiamo per interessi economici, ai colleghi di lavoro che guardiamo come rivali di carriera, ai vicini noiosi e agli stranieri che diventano ospiti “scomodi” per le nostre “comodità”. È Natale se denunciamo i nostri silenzi colpevoli o complici e li sconfiggiamo con la riassunzione di doveri civili che abbiamo dimenticato o che l’ora presente ci chiede di riscoprire: se iniziamo a combattere in prima persona la piaga dell’evasione fiscaleche ha contribuito a stravolgere la nostra economia,la spietata logica finanziaria con la quale si calpestano quotidianamente i diritti più elementari dei lavoratori; se ritroviamo parole di dono che sostituiscano gradualmente i silenzi dell’assolutizzazione del profitto, deleteria per la promozione umana e per la stessa economia. È Natale se i silenzi di vendetta e di sopruso si trasformano in parole di perdono ed estirpano dai cuori la radice di una mentalità mafiosa che li può avvelenarefino a diventare criminalità organizzata. È Natale se la Parola di Dio in noi invade i pensieri pigri e persi dietro messaggi virtuali e diventa incarnata e operosa, vincendo il silenzio di quello che Madre Teresa chiamava il più grande male del nostro tempo: l’indifferenza.   Ma noi sperimentiamo pure un altro tipo di silenzio e anch’esso abita il Natale. «L’incontro tra il messaggero divino e la Vergine Immacolata – continua, infatti, Papa Ratzinger - passa del tutto inosservato: nessuno sa, nessuno ne parla. È un avvenimento che, se accadesse ai nostri tempi, non lascerebbe traccia nei giornali e nelle riviste, perché è un mistero che accade nel silenzio»[2]. Anche il Mistero di Betlemme sarebbe rimasto fuori dai riflettori ai nostri giorni:quale “audience” potrebbe suscitare la nascita di un Bambino povero, avvenuta fuori dalle case e per di più in una famiglia di gente estranea al luogo? Eppure, questo evento silenzioso è ricordato ancora e celebrato in questa Santa Notte. Come c’è un silenzio che il Dio fatto Uomo è venuto a sconfiggere, c’è anche un silenzio che Egli è venuto a portare. È il silenzio nel quale si svolge ciò che è più essenziale alla storia umana. È il silenzio della vita interiore, dell’assenza di protagonismo, della carità discreta, della quotidianità. È un silenzio attraverso il quale non ci si tira fuori del mondo ma ci si sottrae al palcoscenico, all’esibizionismo, alla cultura dell’apparire e ci si introduce nell’autenticità dell’essere, nell’umiltà del lavoro, nella logica del servizio. Di questo silenzio abbiamo infinito bisogno, allo stesso modo in cui abbiamo bisogno della Parola risanata. Ne ha bisogno l’Italia, nel versante attuale del percorso della sua storia, consapevole di poter essere riscattata e condotta alla rinascita solo con il contributo di personalità politiche e uomini di governo capaci di non chiudersi nei silenzi del tornaconto personale né di sprecare parole inutili, ma di attingere al silenzio di quel Figlio oggi nato per noi il quale, secondo la profezia di Isaia nella prima Lettura, porta sulle sue spalle un potere che lo rende «re» perché al servizio del diritto, della giustizia, della pace. Di questo silenzio ha bisogno la nostra Chiesa, la Chiesa tutta, chiamata a ritrovare, nell’Anno della Fede, spazi più ampi di preghiera e di ascolto di Dio che si trasformano in scelte di verità e di rifiuto della connivenza con ogni tipo di menzogna, di compromesso, di potere. Una Chiesa chiamata allacontemplazione e all’azione che da essa scaturisce, fatta di gratuità, di sollecitudine, di impegno in prima persona. Una Chiesa, cioè, che inizia a servire prima ancora che siano pronte le strutture di servizio; che sa aspettare il passo di chi è più lento ma che non cessa di percorrere e indicare la strada della difesa della dignità umana. In una parola, una Chiesa che sa quanta eloquenza sia nascosta nel misterioso silenzio che le è affidato, di preghiera incessante e di testimonianza. Penso solo a quanto sia forte oggi la testimonianza della famiglia, chiamata a riaffermare il valore di un impegno per tutta la vitadi fronte a quello che Benedetto XVI ha recentemente identificato come «il rifiuto del legame umano, che si diffonde sempre più a causa di un’errata comprensione della libertà e dell’autorealizzazione»[3].   Da queste testimonianze silenziose risplende, una grande luce. Quella «corrente luminosa» di bene che, come ha affermato il cardinal Bagnasco Presidente della Cei, «si alimenta alla fonte invisibile della fede cristiana», attraversa la storia umana e ci avvolge, forse senza che ce ne rendiamo conto[4]. Anche nella Notte di Betlemme risplende una luce che, come dice letteralmente il verbo greco, “avvolge” i pastori. Di questa luce, i pastori hanno una grande paura, letteralmente un “terrore”: e il verbo greco che qui viene usato è presente in altri passi del Vangelo per indicare il timore che coglie l’uomo dinanzi al rivelarsi di Dio. Quello che vivono i pastori è un attimo di paura infinito, in un silenzio che precede l’esplodere del Gloria. Il Natale ci richiama anche questo volto del Mistero del silenzio: il silenzio di Dio, quel silenzio che ci avvolge nell’ora del buio e del dolore, dell’incomprensibile e della morte, ma che precede la Risurrezione. E non è un caso che, come sappiamo, la tradizione orientale delle Icone ami rappresentare le fasce in cui è avvolto Gesù Bambino come sudario e la mangiatoia in cui Egli è deposto come sepolcro.   Carissimi fratelli e sorelle, l’Anno della Fede ci invita avarcare la porta del silenzio vinto da Dio, del silenzio portato da Dio, dello stesso silenzio di Dio, certi – come ha affermato ancora il Papa - «che la voce di Dio non si riconosce nel frastuono e nell’agitazione; il suo disegno sulla nostra vita personale e sociale non si percepisce rimanendo in superficie, ma scendendo ad un livello più profondo, dove le forze che agiscono non sono quelle economiche e politiche, ma quelle morali e spirituali». Sono queste le forze che ci spingono ad agire e così ci permettono di trasformare anche l’economia, la politica, la società. Che il Santo Natale ci avvolga di questo silenzio e sprigioni in noi queste forze di luce e di bene! Auguri. E così sia!>>. + Santo Marcianò [1] Benedetto XVI, Discorso per l’Atto di venerazione all’Immacolata a Piazza di Spagna, Roma, 8 dicembre 2012 [2] Benedetto XVI, Discorso per l’Atto di venerazione all’Immacolata a Piazza di Spagna, Roma, 8 dicembre 2012 [3] Benedetto XVI, Discorso per la presentazione degli auguri natalizi alla Curia Romana, 21 dicembre 2012 [4] Cfr. Angelo Bagnasco, Editoriale di Avvenire, 23 dicembre 2012

di Redazione | 28/12/2012

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