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Lamezia Terme (Catanzaro) - All’ospedale di Lamezia Terme uno degli 8 centri di risonanza magnetica cardiaca presenti in Italia


Il Centro di Risonanza Magnetica Cardiaca all’Ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme si conferma centro d’eccellenza non solo a livello regionale ma anche nazionale. La struttura lametina, unica pubblica a livello regionale – riferisce testualmente una nota dell’Asp di Catanzaro - ad erogare questo tipo di indagine di terzo livello, è infatti una delle otto strutture presenti in Italia che esegue la risonanza magnetica cardiaca. In Italia infatti questi centri si trovano in Toscana (Pisa - Fondazione  Monasterio Cnr - Regione Toscana), Emilia Romagna (Ferrara - Azienda Ospedaliera Universitaria Sant'Anna), Marche (Ancona - Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti), Molise (Campobasso - Università Cattolica del Sacro Cuore), Lazio (Roma - Policlinico Gemelli), Calabria (Lamezia Terme - Ospedale Giovanni Paolo II) e Sicilia (Palermo - Policlinico Universitario e Catania - Azienda Ospedaliera Garibaldi).  Il centro lametino – prosegue la nota - è stato avviato nel 2008 grazie alla piena sintonia d’intenti sviluppatasi tra l’Unità Operativa di Cardiologia-Utic, all’epoca diretta dal dott. Antonio Butera, e quella di Radiologia, diretta dal dott. Salvatore Giuseppe Galea, che per primi intuirono l’utilità di questa particolare metodica e per questo decisero di implementare la Risonanza Magnetica Cardiaca nel presidio ospedaliero lametino. Al punto che oggi la struttura lametina è diventata un’eccellenza, che vede impegnati due cardiologi (la dott.ssa Stefania Renne ed il dott. Claudio Ascioti), un radiologo (la dott.ssa Antonella Ferrise) e due tecnici di radiologia (Lorenzo Caputo e Salvatore Cimino) in un’attività diagnostica che sempre più si sta affermando come metodica di riferimento, soprattutto quando altre metodiche di Imaging cardiaco non riescono a dirimere, per vari motivi, un dubbio o un sospetto diagnostico. La metodica, assolutamente non invasiva - continua il comunicato dell’Asp - e fondamentalmente innocua per il paziente, presenta peraltro il non trascurabile vantaggio di non utilizzare radiazioni ionizzanti o mezzi di contrasto a base di radioisotopi o mezzi iodati, che tanta apprensione creano nei pazienti e negli operatori per la nota possibilità da determinare reazioni allergiche. L’altro indubbio vantaggio è che per avere le stesse informazioni rilevabili con la Risonanza magnetica cardiaca  il paziente spesso deve effettuare un maggior numero di esami diagnostici, a volte anche più invasivi. Il Centro, che si avvale anche del costante incoraggiamento del Direttore Generale della Asp di Catanzaro dott. Gerardo Mancuso, oltre a svolgere attività diagnostica per i pazienti ricoverati nel nosocomio di Lamezia, rappresenta un riferimento per la gran parte degli ospedali calabresi. “Tutto ciò – ha affermato Mancuso – ha fatto sì che oggi i pazienti che necessitano della Cardio-risonanza magnetica non devono più emigrare nelle altre poche strutture italiane capaci di erogare questo tipo di esame, con un indubbio risparmio anche sul piano economico oltre che per la maggiore comodità e tranquillità dei pazienti stessi. L’altra peculiarità del Centro di Cardio Risonanza magnetica lametino, che lo contraddistingue quale centro di eccellenza di riferimento, è rappresentata anche da un’altrettanto intensa e qualificata attività nell’ambito della ricerca scientifica: stretta è infatti la collaborazione che è stata intrapresa da alcuni anni con gli altri pochi Centri di Cardio-Risonanza presenti in Italia”. In particolare, una proficua collaborazione si è ormai consolidata con il Centro di Riferimento Nazionale ed Internazionale rappresentato dal Laboratorio di Cardio-RM del Fondazione Gabriele Monasterio Cnr - Regione Toscana, con sede a Pisa, dove peraltro il personale lametino si è formato sotto le direttive del dottor Massimo Lombardi, Direttore del Centro Pisano e già presidente del “Working Group” di Cardio-RM della Società Europea di Cardiologia, in modo che la tecnica applicata a Lamezia sia rigorosamente corrispondente a quella degli altri Centri collegati. “La collaborazione con questo Centro – ha spiegato il dottore Galea – si basa sul presupposto che per la maggior parte dei talassemici la sopravvivenza dipende da continue trasfusioni di sangue, una pratica indispensabile, ma con un importante effetto collaterale: l'accumulo di ferro a livello del cuore, potenzialmente mortale. Le complicanze cardiache infatti rimangono la prima causa di morte in questa popolazione e fino a qualche anno fa l'entità dell'accumulo di ferro cardiaco non poteva essere misurata. Lo studio MIOT (Myocardial Iron Overload in Thalassemia) che viene eseguito nel Centro di Cardio-RM lametino, che si pone tra i primi in Italia per numerosità dei pazienti arruolati, opera insieme agli altri sette Centri italiani ed in collaborazione con le varie strutture ematologiche  del meridione per la stima quali-quantitativa dell’accumulo del ferro a livello cardiaco ed epatico nei pazienti affetti da talassemia e drepanocitosi. I risultati preliminari dello studio MIOT indicano come la Cardio-RM sia indispensabile nell’indirizzare i pazienti talassemici con una corretta terapia”. “Questi pazienti – evidenza Galea – grazie ai nuovi farmaci e al contributo indiscusso che la Cardio-RM sta fornendo nella personalizzazione della terapia, vivono molto di più, migliorando in modo significativo la loro qualità di vita. I centri che attualmente dispongono della tecnologia diagnostica "multislice T2-star" e che partecipano allo studio MIOT sono 8, tutti pubblici, dislocati soprattutto nel centro sud e nelle isole, le zone tradizionalmente più colpite dalla malattia. Devo esprimere riconoscenza al Direttore Generale dott. Mancuso – ha concluso il dottore Galea – per il costante impegno che ha sempre dimostrato di fronte alle necessità che nel tempo sono state rappresentate”. Il Centro lametino sta attualmente implementando la metodica di Risonanza magnetica, con le stesse sequenze sperimentali in T2-star per la valutazione dell’accumulo di ferro, oltre che nel cuore e nel fegato, anche a livello pancreatico.

di Redazione | 29/11/2012

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